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Zvi Mazel/Michelle Mazel
Diplomazia/Europa e medioriente
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Sola nell'inferno delle prigioni russe 31/10/2019
Sola nell'inferno delle prigioni russe
Commento di Michelle Mazel

(Traduzione di Yehudit Weisz)


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Naama Issachar

Lei si chiama Naama. Naama Issachar. Una ragazza israeliana senza problemi. Dopo il servizio militare, come molti giovani, si è messa lo zaino in spalla e se ne è andata in India per ritrovare se stessa. Là aveva scoperto lo Yoga e vi è tornata più volte. E poi ha deciso di tornare a casa. Come tutti i giovani israeliani, ha cercato il volo più economico. Che l’aveva costretta a fare scalo a Mosca. E che sarà mai? In transito, viene avvicinata da due poliziotti russi che chiedono di controllarle lo zaino. La sua vita sta per cambiare: infatti si scopre che lei ha con sé della droga. Insomma, della droga, non esageriamo! Non si tratta di cocaina o di altre droghe pesanti. È solo erba, come diciamo oggi. Dell’ hashish. Ma la legge è legge e l'hashish è una droga. Aggiungiamo che ne aveva solo nove grammi. Proprio così: solo nove grammi. Ma la legge è legge, dichiara la polizia raggiante per questo grosso sequestro. Così Naama finisce in prigione. Non parla russo, ovviamente. È una cittadina israeliana, dunque si avvisa il consolato. Anche i suoi genitori sono informati: invano sosterranno che si tratta di una quantità insignificante e che, comunque sia, essendo in transito, la ragazza non ha sicuramente violato la legge russa. Niente da fare: la giustizia deve seguire il suo corso, Naama dovrà aspettare il suo processo. Nel frattempo sua madre, che non parla il russo, si è presa un piccolo appartamento a Mosca e ha scelto un avvocato russo. Tutta la famiglia ha contribuito alle spese. Passano sei lunghi mesi. Finalmente arriva il giorno del processo. La mamma è là: nella sua borsa ci sono i vestiti per la figlia, il cui rilascio dal carcere è imminente. Ma il verdetto è sconvolgente: sette anni e mezzo di carcere. Un dramma. Questa volta la stampa israeliana si dà da fare. Il Primo Ministro israeliano segnala il caso direttamente a Vladimir Putin. Il Presidente Rivlin scrive a Putin chiedendogli la grazia per Naama. Intanto iniziano a diffondersi notizie insidiose. In Israele c'è un cittadino russo in attesa di estradizione in America, per tutta una serie di reati. In carcere da quattro anni, ha esaurito tutti i ricorsi, anche quello davanti alla Corte Suprema israeliana e il Ministro della Giustizia sta per firmare l’autorizzazione all’estradizione. Ma le autorità russe non vogliono saperne di questa estradizione. Si sussurra che sarebbe una spia ... Da qui nasce la nuova equazione. La liberazione dell'una contro quella dell'altro. Si tratta di ricatto? La situazione è ad un punto morto. Naama, che ha fatto appello, deve attendere il suo nuovo processo. I russi che sperano in una soluzione più rapida, aumentano la pressione. Ora, durante i suoi incontri con sua madre, le due donne non hanno il diritto di parlare in ebraico e devono arrangiarsi in russo. Entrambe sono sfinite. Per quanto riguarda il cittadino russo, interrogato dalla stampa israeliana, si è vantato: “i russi non abbandonano i russi", ripete. Ci troviamo tutti in questa versione moderna e aggiornata, del vaso di coccio contro il vaso di ferro.

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Michelle Mazel scrittrice israeliana nata in Francia. Ha vissuto otto anni al Cairo quando il marito era Ambasciatore d’Israele in Egitto. Profonda conoscitrice del Medio Oriente, ha scritto “La Prostituée de Jericho”, “Le Kabyle de Jérusalem” non ancora tradotti in italiano. E' in uscita il nuovo volume della trilogia/spionaggio: “Le Cheikh de Hébron".

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