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Angelo Pezzana
Israele/Analisi
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‘Zuk Eitan’: andare avanti sino alla fine 10/07/2014

‘Zuk Eitan’: andare avanti sino alla fine
Lettera da Gerusalemme, di Angelo Pezzana

A destra, truppe israeliane nei pressi di Gaza


La reazione determinata e forte di Israele – “non useremo i guanti”, erano le parole di Bibi Netanyahu- ha stupito Hamas. Abituati a risposte tutto sommato moderate, l’organizzazione terrorista di Gaza credeva che la strada sarebbe sempre stata in discesa dopo la tregua del 2012. Poteva non avere torto, Israele ha atteso fin troppo prima di dire basta, un paese non può vivere attaccato quasi continuamente da una pioggia di missili in arrivo dalla Striscia. Si aggiunga l’accordo  con i ‘moderati’ dell’Anp per la costituzione di un governo di unità palestinese – la consacrazione di Hamas quale interlocutore a livello internazionale -  era ovvio che occorreva ‘lalechet ad hasof’, andare sino in fondo, come titolava ieri ‘Israel Hayom’, il quotidiano gratuito distribuito in strada, il più diffuso in Israele, diretta espressione del Primo Ministro Netanyahu.
Adesso Hamas, dopo che Tsahal ha distrutto a Gaza nelle ultime 24 ore 320 obiettivi, comincia a lanciare segnali se non ancora di resa almeno di una tregua, come avvenne due anni fa.  L’accettazione di Israele, allora, fu un regalo ai terroristi della Striscia, perché concesse a Hamas tutto il tempo per riorganizzare tutte le attività criminali contro Israele, dagli armamenti alla propaganda genocida e agli attentati, ai rapporti internazionali, fino all’accordo con Abu Mazen, causa vera del fallimento delle recenti trattative di pace.
Se Israele non cede, Hamas rischia di perdere addirittura il controllo di Gaza.



Il generale Al Sisi

 Con la sconfitta dei Fratelli Musulmani in Egitto e l’arrivo al potere del generale Al Sisi, si è spezzato il legame che univa Gaza al Cairo, che oggi guarda con estrema benevolenza l’azione israeliana. Persino ad Abu Mazen – anche se ricorre all’Onu perché venga creata una Commissione d’Inchiesta su Israele - non dispiacerebbe una sonora sconfitta del partner, ne riacquisterebbe in prestigio personale, dopo essere stato criticato dalla maggioranza dei palestinesi per un suo presunto atteggiamento troppo morbido verso Israele.
Insomma, se Israele non cede alle pressioni internazionali e finisce quanto ha iniziato, è probabile che Hamas abbia i giorni contati.  E’ questo il significato dell’Operazione “Zuk Eitan”- in ebraico 'Precipizio e Solidità”, tradotto in inglese con ‘Protective Edge’- per difendere le città israeliane dai continui lanci di missili, che ieri hanno raggiunto anche località vicine a Haifa.




Ma c’è chi si oppone. Oggi Haaretz, a parziale pentimento di quanto sostenuto ieri, titola l’editoriale “ C’è bisogno di una Exit Strategy”. Mentre Netanyahu telefonava a Ban Ki-moon, Angela Merkel, François Hollande e al Segretario di Stato Usa John Kerry, chiedendo che farebbero loro se Parigi, Berlino o Washington fossero attaccate da missili, e di condannare pubblicamente Hamas, il quotidiano della sinistra pacifista chiede l’apertura di una tregua, esattamente quanto si augura Hamas. Per fortuna a guidare la politica israeliana non c’è Haaretz. Nessuno nega l’importanza di forti voci di opposizione, sono il sale della democrazia, ma nel caso di Haaretz c’è qualcosa di più, di peggio, ad essere benevoli una cecità assoluta di fronte alla possibilità  che Israele scompaia come nazione.  “Zuk Eitan” continua, quindi, come i missili in arrivo da Gaza. Vedremo come andrà a finire.


Angelo Pezzana


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