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Angelo Pezzana
Israele/Analisi
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Sirena sulla Capitale 09/07/2014

Sirena sulla Capitale
Lettera da Gerusalemme, di Angelo Pezzana



Gerusalemme

Ieri sera, alle 21,55 (ora locale, in Italia un’ora in meno) è suonata la sirena che annuncia l’arrivo di un missile, una cosa non comune a Gerusalemme, l’ultima volta fu un anno e mezzo fa, che fare ? Mi affaccio sul pianerottolo – abito al settimo piano, l’ultimo, di un edificio  che dà su Ben Yehuda, una via centrale, vedo altri che si precipitano al secondo piano, li seguo senza fare domande, senza usare l’ascensore, ovviamente, tutti in fila lungo le scale. Sono in mezzo a un gruppo di giovani, tutti allegri, prendono l’allarme con filosofia, anche se si sono sentiti chiaramente gli scoppi causati -penso- dall’efficienza degli Iron Dome che hanno fatto saltare in aria i razzi dopo averli individuati. Il problema è che non funziona sempre. 
Che cosa ho pensato quando la sirena ha interrotto i messaggi WhatsApp che stavo mandando agli amici ? Vorrei dire un senso di paura, ma non è così, mi sono chiesto se facevo in tempo a togliermi il pigiama e vestirmi, la serata era prevista in casa, lettura delle e-mail, qualche articolo uscito oggi, sms e WhatsApp, e poi a letto con un libro già pronto in attesa. Invece.. ho infilato una giacca e via di corsa, mentre scendevo le scale – nemmeno di corsa, temevo più di cadere inciampando che i missili - mi è venuto in mente se gli Iron Dome hanno la possibilità di teleguidare all’indietro i razzi che arrivano da Gaza, ma anche se riescono a controllarne la direzione, non dico verso dove, tanto chi legge lo immagina. Poi il pericolo è passato, sono rientrato, mi sono versato un bicchiere di buon rosso Hermon, ho pensato ai riservisti di Tzahal richiamati in servizio, con gratitudine, e mi son messo a scrivere queste righe. Chiedendo scusa a chi legge, perché non è mai elegante raccontare se stessi, ma è stata la mia prima volta, e ho capito la differenza tra leggere e vedere in TV quei pochi secondi che permettono di raggiungere un rifugio. Nel mio caso è stato solo la discesa dall’ultimo piano al secondo. A Gerusalemme, non a Sderot.  Una sirena che, purtroppo, è diventata famigliare per milioni di israeliani.

P.S. I razzi da Gaza hanno raggiunto Tel Aviv, non ancora quelli micidiali forniti anch’essi dall’Iran, che sono ben nascosti ma ci sono, pronti all’uso, e che potrebbero causare una vera strage. Sarà questa prospettiva ad avere influenzato il cambiamento di linea di Haaretz, che stamattina sembrava un foglio quasi governativo. L’editoriale di Amos Harel sottolinea la condizione nella quale vivono tre milioni di israeliani nel sud del paese sotto l’incubo del suono della sirena, racconta persino con precisione l’esplosione del tunnel dove si stava preparando un attacco in grande stile contro Israele, mentre Usa e Europa raccomandavano a Israele la solita prudenza. Tutte queste circostanze, nota Harel, hanno spinto il governo ha reagire con forza, tutti gli obiettivi di Hamas a Gaza sono ora legittimi. Per ora un razzo con destinazione Tel Aviv è stato bloccato da un Iron Dome sopra Rishon Le Zion, un Buraq-70 era puntato - ha fatto sapere Hamas - sull’aeroporto Ben Gurion. Haaretz non esclude neppure l’invasione di Gaza da terra, dopo il successo di quella via mare, che ha visto l’eliminazione degli uomini-rana di Hamas vicino al mediterraneo Kibbutz  Zikim. In un altro articolo, Zvi Bar’el tenta una difesa d’ufficio di Hamas, elencando tutti i motivi per cui una escalation non rientra nei suoi piani, ma tutto il tono del pezzo appare più che altro una difesa della linea tenuta sin qui dal giornale, quindi poco credibile anche se obbligata. La Repubblica ospita stamattina un commento di David Grossmann, abitualmente pubblicato in contemporanea con Haaretz, che però curiosamente stamattina non è uscito nell’edizione inglese del quotidiano, soltanto in quella in ebraico. La tesi di Grossmann è quella di sempre, ci vuole la pace, poco importa che sia la sola Israele a volerla, bisogna farla a qualunque prezzo, anche a rischio della sopravvivenza dello stesso Stato. Ieri, alla conferenza sulla Pace,organizzata a Tel Aviv da Haaretz, durante i lavori è risuonata la sirena annuncia razzi, ma nemmeno questo riuscirà a far cambiare idea a Grossmann, non ci era riuscita nemmeno l’uccisione di suo figlio Uri, ufficiale di Tzahal, da parte di Hezbollah. E’ questa la linea pacifista, che non porta la pace ma una guerra solo differita.


Angelo Pezzana


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