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Angelo Pezzana
Israele/Analisi
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Accordo Hamas-Fatah, l'unica cosa certa è l'ostilità per Israele 06/05/2011

INFORMAZIONE CORRETTA - Angelo Pezzana : " Accordo Hamas-Fatah, l'unica cosa certa è l'ostilità per Israele "


Angelo Pezzana

Gerusalemme, 06/05/2011

"  Gli arabi perdono sempre l'occasione di perdere un'occasione", diceva Abba Eban, uno dei padri fondatori di Israele. Una storia che si ripete dalla fondazione dello Stato ebraico, e che puntualmente si ripete oggi con la cosidetta riconciliazione fra le due fazioni palestinesi, una firma che dovrebbe mettere fine allo scisma nato quattro anni fa con la presa del potere a Gaza da parte di Hamas.

Una firma che non risolve affatto i problemi che la dirigenza palestinese si trova davanti, ovvero come arrivare ad uno stato autonomo che non pregiudichi la sicurezza di Israele e che venga quindi riconosciuto dagli organismi internazionali. Una eventualità da escludersi nel modo più netto, viste le dichiarazioni di Hamas, che ha riconfermato lo scopo per cui è nato, la distruzione di Israele. Una firma che non lascia a Israele altra scelta se non prepararsi a difendere la propria sopravvivenza  con qualunque mezzo. La messa in scena del dialogo per arrivare alla pace è stata spazzata via da Hamas, che ha il pregio di parlare senza ipocrisie e ambiguità, come invece era solito fare Abu Mazen, secondo la politica iniziata da Arafat.

E le carte sono sul tavolo: Gerusalemme capitale e ritorno dei profughi per uno stato che, nelle intenzioni, nasce senza che sia stato raggiunto un accordo sui confini. I territori contesi possono soltanto diventare proprieta' del futuro stato, il che significa il ritorno alla linea verde del 1967, senza alcun accordo sui circa trecentomila ebrei che ci abitano, in quanto e' stato stabilito che la Palestina sara' "Judenrein", senza ebrei. Senza contare la smilitarizzazione, condizione sine qua non, essendo inaccettabile avere uno stato terrorista a pochi chilometri, armato fino ai denti, che dichiara apertamente di voler distruggere Israele. E' questo il risultato del tira e molla condotto da Abu Mazen con il governo israeliano, che si trova adesso a sperare negli errori della controparte, la cui riunificazione sembra essere più che altro un desiderio che una realtà, il primo litigio è già avvenuto su come dovevano essere distribuiti i posti a sedere intorno al tavolo della firma. Che il patto sia fragile spinge Israele a non credere che durerà più di tanto, sono troppe le differenze tra le parti. Hamas è una filiazione dei Fratelli musulmani, non è per caso che l'iniziativa sia partita dal nuovo potere succeduto alla caduta di Mubarak. Il che rende Abu Mazen un partner tollerato più che benvenuto, nella convinzione che verrà spazzato via nelle prossime elezioni che dovranno stabilire chi governerà il nuovo stato. Sempre che nasca, ma a guidarlo, apertamente o dietro le quinte, saranno gli stessi leader che hanno pianto la scomparsa di Bin Laden.

Ci si chiede anche in Israele, come potrà essere chiesto all'Onu il riconoscimento internazionale viste le credenziali terroriste dei richiedenti.

E dietro a tutte le ipotesi, l'ombra minacciosa dell'Iran, il pericolo più grande, che poco a  poco e senza clamore, sta estenendendo i suoi tentacoli sull'Egitto. Destinato a diventare nuovamente nemico dopo decenni di pace.

Lo scenario non sarà più lo stesso, questo è sicuro, come è sicuro che Israele non starà a guardare. L'insegnamento della guerra dei sei giorni è tuttora valido, chi si muove per primo vince. E Israele non può permettersi di perdere nemmeno una battaglia.


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