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Angelo Pezzana
Israele/Analisi
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Una storia di migliaia di sacrifici 28/06/2008

L’Chaim, Israele, l’chaim per i sessant’anni non poi così lontani dal quel 14 maggio 1948, un giorno di grande gioia, tutti a baciarsi e ballare nelle strade, ma troppo breve per durare più di poche ore. Dopo la vita, si annunciava la morte, portata dalla guerra che gli stati arabi avevano dichiarato per spazzarti via. Non avevi il diritto di esistere, dovevi essere cancellata dalla carta geografica prima ancora di entrarci ufficialmente. Quel crimine annunciato con tanta sicurezza, si rivelò niente più di un miserabile desiderio, destinato a rimanere tale nei sessant’anni successivi, pagato però a caro prezzo dai figli di Sara e Abramo, sessant’anni nei quali l’appartenenza a quella terra è stato segnato dal sangue dei tuoi figli. Ne sono morti da quel giorno ventitremila, un numero enorme nella storia del giovane Stato, vite stroncate senza un motivo che non fosse la brutale negazione del diritto all’esistenza altrui. Erano due di loro, Eran Dan-Gur e Doron Assulin, uccisi a Gaza pochi mesi fa mentre difendevano il diritto alla vita e alla sicurezza del loro paese. Lo sapevano che la loro vita era a rischio, sapevano di essere in guerra, sapevano che in ogni istante il loro cellulare poteva rimanere muto, non avrebbero più potuto dire sto bene,rientriamo, non preoccupatevi. Lo sapevano che i loro vent’anni potevano svanire nel nulla della morte. Eppure erano lì a fare il loro dovere, Eran e Doron, voglio ricordarli con il loro nome, Eran e Doron, due ventenni che non ci sono più, come i ventitremila che li hanno preceduti, e chissà quanti verranno ancora dopo di loro, perchè la belva assetata di sangue non è ancora sazia. Non eravate andati a Gaza per riconquistarla, anzi, gli ordini erano precisi, distruggere le postazioni di lancio dei missili che attaccano le città israeliane, e ritorno al campo. Se la tengano Gaza, mentre voi morivate loro festeggiavano di gioia, era la vostra morte a renderli felici, non la loro vita.  Eran, tua madre, mente tu venivi sepolto nel cimitero militare sul Monte Herzl, piangendo, diceva che tu eri morto invano, per niente. Era disperata, ma aveva ragione, la tua morte, a pensarci bene, è assurda, perchè deve morire un giovane come te,  tu che non hai mai pensato di aggredire nessuno, che avresti voluto vivere in pace con i tuoi vicini, qualunque fosse il loro credo o la loro ideologia. A te non importava, non volevi imporre i tuoi valori a nessuno, ti bastava che rispettassero i tuoi.  La tua vita è stata breve, Eran, come quella di tutti i giovani soldati che hanno bagnato con il loro sangue la terra d’Israele. Breve come quella di Doron Assulin, anche lui vent’anni, mentre famigliari e amici facevano invano squillare il suo cellurare senza ottenere risposta. Ti piaceva andare in vacanza in Grecia con gli amici, e pescare nel mare ad Ashqelon. Finito il servizio militare, progettavi un lungo viaggio in Sud America, raccontano di te, adesso. Non lo farai più, Doron. Avevi cominciato in marina, ma volevi entrare in una unità di combattimento, perchè volevi servire il tuo paese affrontando il pericolo più grave. Dicevi, Doron, che non ti andava controllare documenti ad un posto di blocco, volevi essere al fronte, anche se nella tua camera, a casa, avevi appeso alla parete un manifesto con scritto < fai la pace, non la guerra >. Eri, Doron, come tutti i tuoi coetanei, non un pacifista, ma un amante della pace, pronto però a difenderla, anche a costo della vita.Avevi preso sul serio la sfida di Hamas contro Sderot e Ashqelon, sapevi che quegli attacchi erano solo la prova generale di una guerra imminente più devastante. E volevi contribuire a fermarla. < Abbi cura di te >, ti disse tuo padre, quando seppe la tua destinazione in una unità di combattimento. Sapeva, ne sono sicuro, che erano solo parole colme di affetto, che tutto sarebbe potuto succedere. Mentre il tuo corpo veniva interrato sul Monte Herzl, chi ti voleva bene piangeva, anche per la tua morte, qualcuno ha chiesto, gli occhi levati al cielo, pur sapendo che non ci sarebbe stata risposta, < perchè ? perchè in una unità di combattimento ? >. Voi la risposta la conoscevate, voi che portavate con tanto orgoglio la divisa di Tzahal. Chi vi ha conosciuto non vi dimenticherà, i genitori, ricordandovi, diranno di voi < Eran,Doron ? i più vivi tra i nostri figli >, come anni fa mi disse un padre che aveva perso il primogenito nella guerra del Libano. E’ questa la forza di Israele. Sapere che l’alternativa alla vittoria non esiste, non si perde una battaglia, è la sconfitta. Non l’hanno ancora capito i suoi nemici, quelli che credono ancora e sempre di riuscire a cancellare l’, invece di rendersi conto di quanto l’avere come vicino un paese come Israele potrebbe essere, soprattutto per loro, l’inizio della rinascita, altro che .Prima o poi qualcuno o qualcosa glielo farà capire, ne sono sicuro.

 

 


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