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Islam Monitor
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L'islam in Italia: intervista a Dounia Ettaib 09/04/2013

" L'islam in Italia: intervista a Dounia Ettaib "
di Astrit Sukni


Astrit Sukni                      Dounia Ettaib

Informazione Corretta ha avuto il piacere di intervistare Dounia Ettaib, una donna giovane e coraggiosa che combatte ogni giorno contro la discriminazione e l'emarginazione della donna musulmana qui in Italia. Nata in Marocco, è cresciuta in Italia dall'età di 8 anni. Integrata perfettamente nella società italiana al punto da essere esempio per tutta quella generazione che fatica, o non vuole, integrarsi nella nostra società e con la nostra cultura, Dounia Ettaib è presidente dell'associazione DARI (donne arabe in Italia). Nel 2007 è stata vittima di un'aggressione davanti alla sede della Provincia di Milano in viale Jenner, e da quel momento le è stata accordata la scorta fino al 2011.

Questa l'intervista che ci ha rilasciato. 

Domanda: Dounia, cosa pensi dell'Islam in Italia? 

Secondo me l'Islam qui in Italia non esiste proprio, un Islam tutto deviato che ha subìto moltissimo l'influenza occidentale. E' un islam povero, che è rimasto senza le sue radici e tradizioni. Lo vediamo anche nella seconda generazione dove non si nota un vero processo di coesione sociale.

Io non lo chiamerei integrazione, perché siamo proprio al di là dell'integrazione. Sono arrivata a Milano alla fine degli anni '80, da bambina vedevo egiziani cristiani che convivevano tranquillamente con egiziani musulmani. Invece adesso se vai in una anagrafe milanese ti rendi conto che c'è stata una evidente spartizione del territorio, con i cristiani che vivono in una zona e i musulmani in un'altra, per esempio in via Padova o a San Siro. Invece, quando ero bambina non vedevo queste differenze: i musulmani festeggiavano il Natale insieme ai cristiani e i cristiani festeggiavano il Ramadan, non c'era differenza tra le due realtà. 

Domanda: Quindi un'islam moderato non c'è?! 

Islam moderato; cosa s'intende per Islam moderato? Ho sempre visto la religione come un aspetto privato ed intimo. Il meglio della religione si ha quando si diventa socialmente responsabili. Voglio dire: io vivo nel mio quotidiano facendo il buon cittadino e questa è un'ottima religione. Si parla di Islam moderno quando tutti sono bravi a stringersi la mano e poi, appena ci si allontana, tutti nemici come prima. Questo non è Islam moderato perché l'Islam moderato è quello che si batte per un Islam vero, reale, che parla di una tradizione di amicizia, che condanna ogni attentato, che condanna ogni iniziativa contro la discriminazione femminile. Questa non è religione e l'Islam moderato non può permettere che una religione venga diffamata in questo modo. Io non sento echi quando sento queste cose oppure quando viene violentata una ragazza, uccisa una donna oppure quando viene continuamente condannato Israele per quello che succede in Palestina. L'Islam moderato non alza mai la voce per condannare fermamente queste diffamazioni. Finché non si prendono delle posizioni chiare, non credo esista un Islam moderato. 

Domanda: Hai sentito la storia di Khalid Chouki che è stato espulso dall'associazione GMI (Giovani Musulmani d'Italia) a causa delle sue idee liberali e di apertura verso un dialogo costruttivo coll'Occidente? 

Perché dialogare con il prossimo significa essere liberali? Eppure le istituzioni milanesi preferiscono avere come interlocutori i Giovani Musulmani d'Italia. Chi si è impegnato davvero nel dialogo e chi si è impegnato a salvare delle vite viene emarginato. La giunta comunale di oggi cerca il dialogo solo con chi cerca le chiusure e questo non riguarda la vera presenza islamica che c'è in Italia. 

Domanda: Dounia, perché le istituzioni scelgono come interlocutori associazioni come GMI? 


Giovani Musulmani d'Italia (GMI)

Perché se tu ti batti per i diritti di uguaglianza sei diventato troppo occidentale e quindi sei occidentalizzato e non va bene. Allora va bene se sei emarginato e va benissimo se sei per le chiusure escludendo il prossimo. Dall'attuale giunta comunale di Pisapia traspare questo messaggio. L'associazione DARI (Donne Arabe in Italia) è presente sul territorio milanese dal 2006 e non siamo mai stati coinvolti nelle attività comunali; non andiamo bene perché troppo occidentalizzati, secondo loro. 

Domanda: come possiamo definire la situazione della donna musulmana in Italia, quale è la realtà? 

A parte ciò che vediamo dai mass media, che ci portano fatti di cronaca terribili come la storia di Hina, la ragazza pakistana uccisa dal padre solo perché innamorata di un italiano; oppure l'altra ragazza marocchina, Sanaa, uccisa anche lei dal padre perché conviveva con il suo fidanzato. In Marocco un padre non uccide mai la propria figlia perché ha scelto un compagno di vita. E non si sente mai dire che lo ha fatto per rispettare la tradizione. Purtroppo, le donne musulmane qui in Italia che si sono rivolte a DARI, hanno subìto una forma di Islam che esula completamente dalla loro realtà. In Marocco, oggigiorno, le violenze domestiche sono scese al 15% contro il 65% dato italiano. Questo 15% si concentra solo nelle zone rurali. In Marocco, le riforme sono iniziate nel 1985 per poi approdare nel 2003 alla riforma del codice della famiglia dove viene riconosciuto pari diritto all'uomo e alla donna. Un passo molto in avanti rispetto ad altri Paesi islamici. La situazione che vediamo qui in Italia è di matrimoni poligamici,  matrimoni composti (?). In Marocco non esiste. Qui in Italia è tollerato in nome dell'Islam; si diventa conservatori quando si parla di Islam e noi dobbiamo diventare rispettosi solo di questa pseudo cultura che vede la donna emarginata. Gli ultimi dati sull'immigrazione sono preoccupanti e qui la crisi c'entra ben poco. La forza lavoro delle donne marocchine in Italia è pari al 12% contro l'84% delle donne italiane. Questo è un dato che deve far riflettere moltissimo: considerando che l'emigrazione femminile è stata la prima emigrazione, dal 1985 al 1997 erano le donne ad emigrare e poi ci sono stati i ricongiungimenti famigliari. Erano le donne a lavorare e mantenere la famiglia. Dal 2001 abbiamo avuto un cambiamento catastrofico, un ritorno a tradizioni oramai superate, quasi da medioevo.

Altro problema è la mutilazione genitale. In italia questa pratica orribile è stata vietata solo nel 2006. Quindi parliamo di un'Italia civilizzata e democratica. Chi arrivava prima del 2006 e desiderava l'infibulazione genitale per la propria prole, lo poteva fare perché era permesso dalla legge. Ci sono delle situazioni ancora oggi - siamo in un Paese civile ed europeo - dove sembra di essere ai tempi del medioevo - ai tempi della peste - proprio quando si andava a cercare il malato per poi emarginarlo. Così è diventata la caccia alla donna. 

Domanda: L'associazione DARI (donne arabe d'Italia) ha delle collaborazioni con le altre associazioni islamiche che ci sono in Italia? 

Più che con associazioni islamiche, collaboriamo con varie associazioni ....., per esempio la «Kafila», Carovana, associazione marocchina. E' presente a Milano fin dagli anni '90. Si è sempre occupata di giovani e di minori e ha lavorato moltissimo sull'integrazione. E poi collaboriamo molto con associazioni italiane come «Trama di terre», che ha sede a Reggio Emilia e si occupa di dare sostegno e protezione alle donne. Con altre realtà islamiche, no. Con la CO.RE.IS.(Comunità Religiosa Islamica), invece, abbiamo un ottimo rapporto. In precedenza con la CO.RE.IS abbiamo promosso molti progetti. Apprezzo la CO.RE.IS. perché sta portando avanti un vero dialogo sulle differenze culturali e anche per quanto riguarda il dialogo interreligioso.

Invece con l'UCOII non è possibile una collaborazione perché credo che il loro atteggiamento sia sempre quello di contrastare l'impegno che gli altri portano avanti. A noi non interessa essere affermati come modello islamico. Il vero problema della comunità islamica è che loro si devono rendere conto di essere prima dei cittadini e solo dopo pensare alla religione, perché l'Islam in sé dice: «se una persona migra in una comunità e ci rimane per oltre 40 giorni allora ha l'obbligo morale di comportarsi come nella nuova comunità». Quindi l'integrazione è d'obbligo e fondamentale. L'integrazione viene imposta dalla stessa religione.


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