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David Braha
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Wikileaks: Israele ne esce bene, ma,paradossalmente,l'Iran cade in piedi 30/11/2010
Wikileaks: Israele ne esce bene, ma,paradossalmente,l'Iran cade in piedi

Se le diplomazie di mezzo mondo stanno facendo a gara per smorzare i toni dell’imbarazzo creato dal caso Wikileaks, ciò che sta avvenendo in Israele è l’esatto contrario. Il motivo alla base di questo è che, fra tutti i governi e le figure politiche tirate in ballo dalle rivelazioni del sito di Julian Assange, Israele ed il suo Primo Ministro sono probabilmente quelli che ne escono in maniera più pulita. I motivi sono principalmente due. Il primo è la descrizione di Netanyahu, che suona appunto più come un complimento che come un’offesa. Se, tra i tanti, l’immagine di Karzai è quella di un uomo “spinto dalla paranoia”, Berlusconi appare stanco per le “feste selvagge”, Putin e Medvedev sono come Batman e Robin, mentre Sarkozy è “il re nudo”, sentir dire che Netanyahu è un uomo “elegante e affascinante” che tuttavia non mantiene le proprie promesse, non è poi così discreditante. Al contrario, suona piuttosto come la definizione dell’uomo politico per antonomasia. In fondo, quanti sono i leader politici che veramente mantengono le promesse fatte? Quindi, fino a qui, nulla di nuovo.

 Ma al di là delle caricature dei vari personaggi politici, il secondo motivo per cui Israele ha fatto una bella figura agli occhi del mondo è dovuto ad una delle vere e proprie bombe mediatiche fatte esplodere da Assange: i rapporti tra l’Iran ed i suoi vicini. Per la prima volta infatti è uscito allo scoperto ciò che i vari paesi del Medio Oriente pensano veramente di Ahmadinejad e del programma nucleare degli Ayatollah. Fino a ieri si erano tutti nascosti dietro Israele, facendo in modo che lo Stato Ebraico fosse pressoché l’unico paese ad alzare la voce sulla potenziale minaccia che un Iran nucleare rappresenterebbe per l’intera regione. Ma dopo anni di appelli – rimasti apparentemente inascoltati – da parte dei vari governi israeliani, Wikileaks ha messo nero su bianco ed esposto al mondo intero ciò che tutti pensavano, ma che nessuno aveva il coraggio di dire apertamente. Ovvero che i governanti di paesi come Giordania, Egitto, Arabia Saudita e Bahrain avrebbero esplicitamente richiesto agli Stati Uniti un intervento militare ai danni di Teheran. Il motivo per cui Israele ne esce bene, quindi, è che da queste affermazioni si evince quanto le posizioni dei leader arabi sono ben più estreme di quelle presentate fino ad ora dai vari esecutivi israeliani. Basti pensare al Re Abdallah dell’Arabia Saudita, il quale avrebbe frequentemente esortato gli Stati Uniti a “tagliare la testa del serpente” ed attaccare l’Iran allo scopo di arrestarne il programma nucleare.

 Tuttavia nonostante la potenziale tendenza favorevole ad Israele, questa fuga di notizie e queste rivelazioni rischiano di destabilizzare notevolmente i rapporti di forza all’interno del Medio Oriente e non solo. Fino ad oggi infatti, nessuna delle ultime due amministrazioni americane ha fatto passi significativi finalizzati ad arrestare il programma nucleare di Teheran: Bush perché non aveva il supporto internazionale necessario, Obama perché evidentemente non concepisce l’uso della forza militare in casi del genere. Quindi ben due Presidenti USA hanno optato per il mantenimento di un profilo basso evitando così di cedere alle pressioni esercitate dai loro partner regionali. Ma se l’America non ha avuto la forza (o il coraggio) di agire fino ad ora, ci si può aspettare che lo faccia proprio adesso o comunque nel futuro prossimo? Probabilmente no: ed Ahmadinejad questo lo sa bene. Soprattutto ora che Assange glie ne ha dato un’ulteriore conferma. È questo, quindi, l’aspetto più agghiacciante dell’intera questione. Paradossalmente, chi potrebbe uscire ancora più rafforzato di Israele dal caso Wikileaks, è proprio l’Iran. Scoprire improvvisamente di avere più nemici di quanto si pensava di sicuro non è piacevole. Ma la consapevolezza di essere rimasti impuniti fino ad ora, nonostante la preoccupazione dell’intero scacchiere internazionale e soprattutto degli stati adiacenti, potrebbe rappresentare una pericolosa iniezione di sicurezza e di autostima per un regime come quello di Teheran. Il quale potrebbe, di conseguenza, continuare per la propria strada nella certezza che tanto nessuno avrà il coraggio di fermarlo.


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