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Mordechai Kedar
L'Islam dall'interno
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Israele-Olp: quello di Trump sarà “l ’accordo del secolo” o un Piano di Pace destinato al fallimento? 02/03/2019

Israele-Olp: quello di Trump sarà “l ’accordo del secolo” o un Piano di Pace destinato al fallimento? 
Analisi di Mordechai Kedar

(Traduzione dall'ebraico di Rochel Sylvetsky, versione italiana di Yehudit Weisz)

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 L'intero Medio Oriente attende con il fiato sospeso la presentazione del Piano di Pace di Trump, sul cui programma i suoi consiglieri hanno lavorato per quasi due anni. 
In un’intervista televisiva di alcuni giorni fa, diffusa sul canale inglese Sky News in lingua araba, Jared Kushner ha espresso la speranza che “l'accordo del secolo" possa realizzarsi applicando quello che ha definito, un "nuovo approccio" al conflitto israelo-palestinese. 
Questo programma- ha diciarato- mira a promuovere “soluzioni giuste e pratiche” alle varie questioni al centro del conflitto, adattandole alla realtà del 2019. Ha sottolineato che “il piano politico, che è molto dettagliato, riguarda di fatto la creazione dei confini e la risoluzione delle questioni fondamentali”.
Kushner ha espresso la speranza che si possa instaurare un unico governo palestinese e che questo colleghi Gaza con la Giudea e la Samaria. “Anche se c'è una discontinuità geografica tra la Cisgiordania e la Striscia di Gaza, vorremmo vederle sotto una sola leadership: i palestinesi vogliono un governo non corrotto che si prenda cura dei loro interessi”. 
Secondo Kushner, il team di questo progetto “si è concentrato sui seguenti quattro principi: il primo è la libertà; noi (americani) vogliamo che le persone siano in grado di avere la libertà di religione, indipendentemente dalle loro convinzioni di fede ". 
"Il secondo principio è il rispetto: vogliamo che tutte le persone abbiano dignità e che si rispettino a vicenda”. 
Il terzo principio è “l’opportunità: vogliamo che tutti siano in grado di migliorare le proprie vite e che il conflitto dei loro nonni non interferisca sul futuro dei loro giovani”.
"L’ultimo principio è la sicurezza”. 

Kushner ha spiegato che "l'accordo del secolo" unisce la sfera economica a quella politica. Un calo di tensione tra arabi palestinesi e israeliani  - ha detto -migliorerà le opportunità economiche dei palestinesi, finora limitate dall'assenza di pace. 
È convinto poi che l'impatto economico sarà condiviso non solo dagli israeliani e dai palestinesi, ma dall'intera regione mediorientale. “Penso che questo conflitto sia stato usato per molti anni per infiammare l'estremismo: negli ultimi 70 anni l’opposizione ad Israele ha influenzato l'intera regione, ma ora sta cambiando”. 

Citando in particolare l'Iran, lo ha definito “la più grande causa di instabilità in questa regione”, aggiungendo che "ovunque guardiamo dove c'è destabilizzazione, dove c'è il terrorismo, dove ci sono i razzi, tutto viene dall'Iran e dai suoi alleati: Teheran finanzia attraverso le sue milizie il terrorismo e tutto questo crea instabilità nella regione, portando all’aumento di rifugiati e alla riduzione di opportunità economiche”. 
Una cosa importante che si può capire dalle parole di Kushner è che gli americani stanno lavorando a un "piano di pace" basato soltanto sul loro modo di pensare. Ad esempio. i ripetuti riferimenti alle questioni economiche si ha l’impressione che gli americani pensino di poter risolvere il conflitto arabo-israeliano con il successo economico e i piaceri della vita, che è esattamente il modo in cui l'America vede il mondo. 

Allora, qual è il problema? Il difetto principale dell’accordo del secolo è che si basa sul presupposto che nel 2019, la cultura mediorientale non sia più la stessa di un secolo fa, e che le nazioni della regione, così come i loro governanti, siano pronti ad accettare Israele come una entità nazionale legittima, con il diritto a priori di esistere come lo Stato  del popolo ebraico, rinunciando a Gerusalemme, alla Giudea e Samaria, alla Valle del Giordano e agli insediamenti. 
Il problema è che questa premessa è totalmente sbagliata; persino quelle nazioni che hanno fatto pace con noi, non riconoscono il diritto del popolo ebraico a uno Stato tutto suo. 
Kushner ha sottostimato il problema più serio, l'istituzione di uno Stato palestinese.
La democrazia sarà la soluzione politica,  perché gli americani non riconoscono altra forma di governo. Per essere democratici fino in fondo, Hamas e la Jihad islamica dovrebbero partecipare alle elezioni palestinesi e magari vincere la maggioranza dei seggi nel parlamento palestinese. Questo è esattamente quello che è già successo nelle elezioni di gennaio del 2006. 
In alternativa, organizzanno una presa del potere violenta, come è successo a Gaza nel giugno del 2007. 
In altri termini, gli Stati Uniti stanno cercando di fondare uno Stato che alla fine sarà gestito da Hamas e dalla Jihad islamica, perché non un solo soldato americano verrà qui per liberare Israele dall'incubo jihadista che si realizzerà in Giudea e Samaria; una continuazione perciò -"sotto un’unica leadership" come ha detto Kushner - dello stato di Jihad che ha assunto il potere a Gaza. 
Questo tipo di "pace" è la strada sicura per la guerra, perché Israele ha imparato un'amara lezione da quello che è successo a Gaza e non può permettere uno scenario simile sulle colline della Giudea e Samaria. Il ritiro israeliano da quelle alture e la creazione di uno Stato palestinese spingeranno ben presto l’esercito israeliano a distruggere lo Stato terrorista palestinese prima che questo distrugga Israele. 
Qualsiasi governo responsabile non consentirà l'istituzione o l'esistenza di tale Stato a causa della certezza netta e sicura che diventierà un altro Hamastan. 
Se il Piano di Trump include la creazione di uno Stato palestinese in Giudea, Samaria e Gaza, è evidente che non si differenzerà dalle decine di piani suggeriti dagli ex presidenti statunitensi, pieni di pericolose buone intenzioni che condividono il difetto fondamentale di non tenere conto della cultura unica e specifica del Medio Oriente.

L'Iran del dopo Zarif

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Le dimissioni di Jawad Zarif, era stato giudicato come un tipo strano dai vertici del governo iraniano, sin dagli albori della sua nomina alla carica di Ministro degli Esteri per via del suo dottorato in Diritto internazionale preso a Denver, Colorado, il suo inglese  impeccabile, i vestiti occidentali, il linguaggio del corpo vagamente americano. 
Parlamentari e politici iraniani lo considerano alquanto ridicolo per aver tentato di colmare il divario tra la cultura islamica iraniana e la moderna cultura occidentale, con la quale è sempre in contatto. Era l'architetto iraniano dell'Accordo nucleare che Obama aveva tenuto sotto pressione perché  fosse concluso a tutti i costi, nonostante la rabbia degli iraniani che volevano accelerare - non congelare - gli sforzi per produrre la bomba atomica e non capitolare di fronte alle richieste delle potenze mondiali di cessarne la fabbricazione. 
Questi estremisti continuano a spingere per continuare lo sviluppo di missili balistici che  minacciano  l'Europa intera, comprese le Isole britanniche. Zarif, tuttavia, ha fallito malamente e il ritiro dell'America dall'Accordo sul nucleare lo ha lasciato senza le armi che gli avrebbero permesso di difendere  la sua politica. Ha perso gli ultimi brandelli di legittimità agli occhi del presidente Rouhani. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata che Zarif non è stato invitato a essere tra coloro che hanno accolto Bashar Assad durante la sua  recente frettolosa visita a Teheran. L'assenza di Zarif era ovvia e l'insulto intenzionale che ha subito da parte degli organizzatori dell'evento, era troppo sfacciato, troppo pungente e troppo importante per essere ignorato, quindi si è dimesso. Se le dimissioni non verranno accettate, Zarif rimarrà nella sua posizione fino a quando non verrà trovato un sostituto.  Zarif, tuttavia, non è il solo e non è il primo Ministro a essersi dimesso di recente. Un mese fa si era dimesso il Ministro della Sanità a causa della mancanza di medicine, in seguito alle sanzioni internazionali contro l'Iran. Sembra che le dimissioni dei ministri iraniani siano il risultato della sensazione che i giorni della banda di ayatollah, che governano il Paese, siano contati, e che il Medio Oriente stia per subire un cambiamento totale dopo che l’Iran sarà collassato e frantumato in singoli gruppi etnici - come lo furono l'Unione Sovietica, la Jugoslavia e la Cecoslovacchia. Questa sensazione di un'apocalisse imminente può essere registrata tra i molti gruppi di opposizione iraniani espatriati, che hanno trascorso per lo più gli ultimi quarant'anni combattendo e indebolendosi a vicenda, invece di contrastare il regime iraniano. 
Gli ultimi mesi hanno visto queste organizzazioni iniziare a consolidarsi per perseguire lo stesso obiettivo: liberare il governo dell'Iran dal dominio degli Ayatollah. 
Che cosa succederà dopo? Sarà affrontato in futuro. In questo momento l’unico obiettivo è quello di far cadere il governo, mettendo da parte i programmi specifici e concentrarsi su quel comune denominatore. È da questo unione che io, e sicuramente anche voi, miei cari lettori, auspichiamo una rapida liberazione di un popolo oppresso e perseguitato, costretteo a vivere sotto il giogo degli ayatollah. La loro liberazione è anche quella di tutto il mondo democratico.


Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
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