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Mordechai Kedar
L'Islam dall'interno
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Il ritiro americano dalla Siria 31/12/2018

Il ritiro americano dalla Siria 
Analisi di Mordechai Kedar

(Traduzion e dall’ebraico di Rochel Sylvetsky, versione italiana di Yehudit Weisz)

Il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, a sorpresa, ha deciso il ritiro delle forze militari americane dalla Siria orientale, dove erano schierate per combattere l'ISIS fin dal 2014. Secondo quanto riportato dai media, la decisione è stata presa durante una conversazione telefonica con il Presidente turco Recip Erdogan, in cui quest’ultimo aveva chiesto al suo omologo americano garanzie che i soldati dell'esercito statunitense non avrebbero preso parte ai combattimenti quando i turchi avessero attaccato la regione curda siriana . 
Trump rassicurò Erdogan, dicendo che i soldati americani erano in Siria per combattere l'ISIS, non contro la Turchia; Erdogan rispose che l'esercito turco sarebbe stato in grado di gestire l'ISIS da solo. Trump colse l’occasione al volo e decise di riportare i suoi soldati a casa ora che l’ ISIS si è indebolito, lasciando l'organizzazione terroristica alle cure devote della Turchia.

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Questo evento ci riporta indietro di due anni, all'ultima campagna elettorale presidenziale degli Stati Uniti. Trump, che conosce molto bene il pubblico americano, sa che il 99% dei cittadini statunitensi non sa nemmeno dove sia la Siria sulla carta geografica, né perché i soldati americani siano stati mandati lì; non hanno alcun desiderio di vedere soldati americani uccisi e feriti in guerre che non riguardano direttamente la sicurezza degli Stati Uniti. 
Questo è il motivo per cui Trump, che ha familiarità con lo stato d'animo dei cittadini, ha promesso agli elettori che avrebbe ritirato le truppe americane dalla Siria. 
A differenza della maggior parte dei politici, Trump fa ogni sforzo per soddisfare le proprie promesse elettorali. La parola giusta per esprimere tutto questo è "affidabilità", un principio base della gestione aziendale, ma che viene spesso ignorato dal politico ordinario. 

Il problema è che, con il passare del tempo, l'ISIS è stato quasi completamente distrutto e che le forze americane in Siria si sono impegnate in altre tre questioni vitali: 
1. Proteggere la regione tra l'Eufrate e il confine siriano-iracheno dai piani di un'invasione dell'Iran e ostacolare il suo progetto di un'autostrada iraniana che va da Teheran al Mar Mediterraneo, entrambe questioni cruciali per Israele e l'Arabia Saudita.
2. Custodire i giacimenti petroliferi siriani dalle acquisizioni russe. 
3. Aiutare l'enclave autonoma curda nel Nord-Est della Siria offrendo consigli, fornendo armi e intelligence e proteggendo i curdi dall'esercito turco. 
Questo, quindi, è il vero significato del ritiro americano: l'Iran prenderà il controllo di vaste aree del territorio siriano, la Russia conquisterà il controllo dei giacimenti petroliferi nella parte orientale del Paese, a Est dell'Eufrate, e i curdi saranno lasciati in balia dei turchi.

L'annuncio di Trump del ritiro americano dalla Siria è stato uno shock per gli israeliani, che si sono chiesti ansiosamente chi avrebbe fermato gli iraniani una volta che le truppe americane se ne fossero andate. 
I curdi, da parte loro, letteralmente intrappolati nella loro piccola enclave, hanno reagito ancora più ansiosamente, perché l'esercito turco, a differenza dell'IDF, non limita le sue operazioni ai dettami di un procuratore generale (se ce n'è uno in Turchia, tanto per cominciare) e i suoi comandanti non hanno ancora sentito il termine "diritti umani" quando si tratta di curdi. 
Il popolo curdo vede il ritiro americano semplicemente come un tradimento e una coltellata nella schiena, soprattutto perché il sangue di migliaia di suoi combattenti è stato versato nella guerra contro l'ISIS tra il 2014 ed il 2016 : più nessuno ricorda questo suo contributo e il ruolo centrale che ha avuto nella sconfitta dell'ISIS. 
Suggerisco ai curdi di ottenere tutto il possibile da una brutta situazione: sedetevi ad un tavolo con Assad e cercate di fare in modo che all'incontro siano presenti anche russi e turchi. Cercate di raggiungere il miglior accordo possibile con Assad, che includa il riconoscimento dei diritti collettivi dei curdi all'autonomia culturale, al riconoscimento della vostra lingua nella vostra zona e al riconoscimento del vostro diritto ad essere rappresentati nelle istituzioni governative siriane. 
Insistete per ottenere la cittadinanza siriana ( che vi è stata tolta nel 1962) in modo che ognuno di voi abbia i diritti civili in uno Stato siriano.

È vero, questo non è quello che speravate, non è uno Stato indipendente, ma ricordate che i vostri fratelli iracheni hanno abbandonato le loro speranze per uno Stato indipendente, vivendo in una piccola enclave fra tre Stati ostili, senza vie d’uscita, né aeree né marittime, verso il mondo esterno. 
Non vorrete anche voi uno Stato in balìa di Turchi, Siriani o Iracheni per ottenere, cito un esempio, l’importazione dall’estero di medicinali. E la vita in balìa della Siria sarà l'ideale? Certamente no, e voi l'avete imparato nel modo più duro, ma l'alternativa è decisamente peggio. La politica è l'arte del possibile, quindi scegliete quello che potete ottenere ora e se il futuro vi offrirà un'apertura verso il mare, potrete sempre ripensare alla nuova situazione..

E ai miei fratelli israeliani, ho da dire quanto segue:
1. Noi - Israele e popolo ebraico - abbiamo affrontato situazioni molto peggiori del ritiro americano dalla Siria, e siamo sopravvissuti. 
2. Smettete di premere il pulsante di emergenza, sia sui media che in generale. Il panico non aggiunge nulla al pensiero equilibrato e saggio, così necessario in questo momento. 
3. Nonostante le prossime elezioni, sono sicuro che i responsabili della sicurezza di Israele, dal Primo Ministro in giù, stanno parlando ai loro colleghi americani per definire il modo in cui Israele deve comportarsi per proteggere i propri interessi e quelli degli Stati Uniti in Siria. 
Sicuramente stanno pianificando come Israele debba affrontare l'Iran che sta per ricevere la notvità del ritiro americano dalla Siria.
Il mio cuore mi dice che i vertici della sicurezza statunitensi saranno più disposti ad aderire alle richieste di armi da parte di Israele e in particolare per i tipi di armi che gli Stati Uniti non hanno accettato di fornire in passato, o, a malincuore, hanno dato in piccole quantità.
4. Il mio cuore mi dice inoltre che gli Stati Uniti saranno più aperti a fornire informazioni di intelligence sulle incursioni iraniane in territorio siriano. 
5. Questo significa che gli Stati Uniti daranno a Israele un “via libera” più chiaro rispetto al passato, per affrontare in modo più deciso gli obiettivi iraniani. 
E non meno importante: 
6. Gli Stati Uniti daranno un sostegno politico a Israele, principalmente nel Consiglio di sicurezza dell'ONU, quando le attività di Israele per frenare l'espansionismo iraniano in Siria si troveranno negli ordini del giorno di organismi internazionali.

Se tutti i sei punti di cui sopra si avvereranno, per Israele la scia del ritiro americano non sarà così negativa. È importante che gli israeliani ricordino che l'America ha troppi personaggi - in politica, nei media e nelle aule del mondo accademico - che possono essere descritte come "odiatori di Israele" e che non perdono mai l'occasione di colpire Israele per lo più senza, alcun motivo per farlo. I corpi di soldati americani portati dalla Siria in America per la sepoltura – Dio non voglia - garantirebbero a quegli antisemiti la possibilità di sostenere che i soldati americani vengono sacrificati per proteggere Israele.
Il fatto che questa accusa sia totalmente separata dalla realtà, non impedisce che, se fatta, provochi danni significativi a Israele; e la libertà di parola che esiste in America non consente la sua soppressione. 
È nell’interesse di Israele evitare che questo avvenga, e portare via dalla Siria i soldati americani serve a questo proposito.

Un altro problema non da dimenticato: la presenza di truppe russe e americane in Siria può portare a uno scontro fra potenze mondiali, pericolosamente vicino a Israele. Nel febbraio del 2018, dieci mesi fa, sono stati uccisi circa 150 soldati russi, membri di alcune milizie. Per non scontrarsi con le forze americane che stanno per uscire dalla Siria, è stato abbandonato un tentativo russo finalizzato all’acquisizione di un'installazione petrolifera siriana e Putin ha inghiottito la pillola amara per non complicare il suo rapporto con Trump. 
Gli  uccisi non erano soldati russi regolari, ma era possibile che qualcosa di simile poteva accadere di nuovo.

In conclusione, Israele preferirebbe molto di più, ovviamente, che le forze americane fossero rimaste in Siria, ma il loro ritiro è ben lontano dall' essere una tragedia e offre persino un'opportunità che Israele potrebbe sfruttare a proprio vantaggio. Non c'è dubbio che i leader israeliani sapranno come presentare richieste adeguate agli Stati Uniti e fare le giuste scelte nella nuova situazione creatasi in una regione tutt’altro che stabile. 
Tuttavia, abbiamo superato momenti assai più gravi, per cui non c’è alcun vero motivo che possa giustificare l'atmosfera cupa e deprimente che alcuni commentatori sui media stanno cercando di creare in seguito alla decisione di Trump. Dobbiamo ricordare che Trump è prima di tutto il Presidente degli Stati Uniti, non di Israele, e che sono gli interessi americani a dirigere i suoi passi.


Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
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