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Mordechai Kedar
L'Islam dall'interno
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La possibile soluzione del problema iraniano 15/02/2018

La possibile soluzione del problema iraniano
Analisi di Mordechai Kedar

(Traduzione di Rochel Sylvetzky, versione italiana di Yehudit Weisz)

www.israelnationalnews.com/Articles/Article.aspx/21706

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Il drone su Israele è stato il precursore di molti altri a venire. C'è una sola via d'uscita. Lo scorso fine settimana, Israele ha registrato un'escalation nel conflitto in cui è impegnato contro l’esercito regolare dell'Iran in Siria. Sono state le forze armate iraniane, non Hezbollah e nessun’ altra milizia sciita, ad aver inviato nello spazio aereo giordano e israeliano, un drone di ultima generazione, in grado di compiere atti di spionaggio e bombardamenti. L'incidente si è inasprito rapidamente in un attacco dell'Aeronautica israeliana sul sistema di difesa aerea della Siria e su obiettivi iraniani sul terreno. Chiunque conosca la mentalità iraniana, si rende conto che il regime sta cercando di alzare il tiro nella sua lotta contro Israele - in primo luogo per danneggiare il potere deterrente di Israele, ma anche per influenzare negativamente la sua economia, il turismo, il morale e l'unità al suo interno. Abbiamo già visto il Ministro Aida Toume Suleiman, della lista araba mista, piazzarsi di fronte all’ufficio di reclutamento dell'IDF, e munita di megafono incitare le nuove reclute a rifiutarsi di arruolarsi a causa di ciò che ha definito "la violazione da parte di Israele della sovranità siriana". Gli iraniani stanno tentando, con tutto il loro potere, di trascinare Israele nel tipo di bagno di sangue che hanno già creato in Iraq, Yemen e Libano. Per consolidare il loro controllo, stanno armando, rifornendo, finanziando e addestrando i vari gruppi sciiti in modo da ottenere un punto d'appoggio fisico nel mondo arabo, e circondare sauditi, giordani e Israele con il tentacolo settentrionale della piovra iraniana ( Iraq, Siria e Libano) e con quello meridionale (Yemen).

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L'Iran non si preoccupa di prendere in considerazione gli Emirati del Golfo, nella convinzione che cadranno nelle sue braccia, specialmente per il fatto che il Qatar è già bloccato dal’abbraccio iraniano. L'Arabia Saudita nella sua lunga disputa con l’Iran è quella che ha perso, essenzialmente a causa del sostegno che il Presidente degli Stati Uniti, Barack Hussein Obama, aveva offerto agli ayatollah e alle loro aspirazioni, consegnando loro miliardi di dollari e firmando il generoso accordo nucleare che concedeva loro contemporaneamente un ampio respiro economico, ponendo fine alle sanzioni che minacciavano la stabilità del loro regime. Obama ha messo i sauditi con le spalle al muro, e il suo sostegno agli iraniani ha indebolito l'economia saudita al punto tale che la monarchia è stata costretta a limitare drasticamente gli aiuti ai suoi alleati in Yemen, Iraq, Siria e Libano. Ora l'Iran intende continuare nel portare avanti il suo piano generale puntando contro Israele. Il problema che il governo di Israele deve risolvere, ossia come affrontare la crescente sfida imposta dall'Iran, non lascia altra scelta che pianificare dei passi concreti contro la Repubblica Islamica. Un modo di fronteggiare l'Iran sarebbe quello di ripetere i falliti tentativi sauditi di combattere i sostituti dell’Iran, come le milizie sciite armate e finanziate dall'Iran. Ciò significherebbe una lunga lista di incidenti nell’arco di molti anni, in cui gli iraniani ci attaccano e noi rispondiamo, ci sparano e noi "diamo loro una lezione". Significa una settimana di combattimenti seguita da una settimana di calma carica di tensione, un altro giorno di combattimenti seguito da una giornata di tranquillità, e il prezzo costante di caduti, morti e feriti, di logorio dei nervi degli israeliani, di crollo del turismo, di analisti che esaminano la "situazione" e nessuno di loro ha la più pallida idea di come risolvere il problema degli attacchi di violenza, sempre più intensi e più frequenti. Ecco perché, prima di scivolare giù nel baratro degli eventi in cui l'Iran sta cercando di trascinarci, dobbiamo pensare "fuori dagli schemi" delle soluzioni fallite che hanno spezzato la schiena ai sauditi e ai milioni di sunniti in Yemen, Iraq, Siria e Libano, che non erano abbastanza intelligenti per provare l'unica cosa in grado di risolvere il problema iraniano e liberare il mondo dal pericolo rappresentato dagli ayatollah: sgretolare l'Iran attraverso le sue componenti etniche.

Chiunque si interessi di sociologia iraniana, conosce la realtà: l'Iran è un Paese con decine di gruppi etnici, con i Persiani che rappresentano poco più della metà della popolazione e con tutti gli altri che sono Azeri, Beluci, Kurdi, Arabi, Turkmeni, Qashqai e altri. I Beluci, i Kurdi e alcuni arabi sono sunniti e in uno stato di ribellione permanente contro il governo centrale. Le loro organizzazioni ribelli agiscono costantemente contro quel governo, con atti di sabotaggio generico, danneggiando veicoli, attaccando istituzioni governative, polizia, esercito, le forze di sicurezza e i loro ufficiali. La minoranza araba dell'Iran, nella cui regione si trovano le riserve di petrolio e gas del Paese, considera fin dal 1925, le proprie terre come "territori occupati" e chiede l'indipendenza dall'Iran. Il regime iraniano fa tutto il possibile per tenere l'opinione pubblica all’oscuro delle attività dell'opposizione. Non consente ai giornalisti stranieri di entrare nelle regioni turbolente per non mostrare il ventre molle del regime iraniano, ma i social media riferiscono ciò che sta accadendo, e purtroppo non hanno ancora catturato l'attenzione del mondo.

Esiste un odio profondo verso gli ayatollah, che sta sobbollendo all'interno di ampi settori della società iraniana, un odio che lo scorso novembre è esploso nelle strade in una serie di grandi manifestazioni non ancora del tutto disperse. Il grido di "morte al dittatore" è stato urlato da molti, tra cui molte donne che stavano sul podio di fronte al pubblico: si erano tolte il velo e l’avevano appeso su dei bastoni per schernire così la legge islamica che sono costrette ad osservare. Questo fenomeno ha indotto uno degli ayatollah ad annunciare che il copricapo per le donne non è richiesto dall'Islam, e questo annuncio, aggiunto ad altri che prendevano le parti dei manifestanti rabbiosi contro la diffusa corruzione del regime, è la prova della paura che raggela il cuore degli ayatollah al pensiero della vendetta di queste folle arrabbiate. E’ questo il ventre molle a cui tutti coloro che temono l'Iran devono prestare attenzione. È questo l'obiettivo che bisogna tener ben presente: sono quei gruppi etnici che lottano per l'indipendenza e quei giovani irrequieti che lottano per la libertà. Israele è in grado di trovare quelle forze anti-ayatollah, e questo passo è totalmente giustificato, perché è esattamente ciò che fa il regime iraniano in ogni regione in cui trova qualcuno disposto a far vacillare il sistema usando denaro iraniano. Inoltre, il sostegno che l'Iran da lungo tempo ha dato alle organizzazioni terroristiche palestinesi, in particolare la Jihad islamica palestinese e Hamas nella loro guerra terroristica contro Israele, giustifica ogni azione israeliana contro gli ayatollah come forma di autodifesa, riconosciuta nel diritto internazionale e permessa in tempo di guerra.

L'Iran sostiene pubblicamente organizzazioni terroristiche a Gaza, in Giudea e Samaria, invia droni contro Israele, si dice in stato di guerra contro Israele e giustifica le sue azioni anti-israeliane a diversi livelli dicendo “ in guerra come in guerra". Non c'è dubbio che qualsiasi iraniano che legge questo articolo dirà: "Guarda questi israeliani, tutto ciò che vogliono fare è distruggerci". La mia risposta è chiarissima:"Che cosa avete fatto per anni in Siria, Iraq, Yemen e Libano? Non state distruggendo le loro società e governi dopo aver letteralmente fatto a pezzi centinaia di migliaia di cittadini? Gente che vive in case di vetro non dovrebbe lanciare pietre”. Questo non dovrebbe essere responsabilità del solo Israele. In Medio Oriente e al di fuori di esso, altri regimi soffrono delle ambizioni espansionistiche dell'Iran e sono preoccupati per il suo progetto nucleare che presto porrà una vera minaccia alla sicurezza mondiale. Lo sforzo di scompaginare la stabilità dell'Iran deve essere internazionale, dichiarato pubblicamente e reso noto. I Paesi del mondo libero devono sostenere quelle minoranze affamate di libertà che ora soffrono sotto il giogo dell’Iran. Le democrazie mondiali devono rimanere fedeli ai loro princìpi e sostenere attivamente i giovani e moderni liberali iraniani che desiderano vivere secondo le proprie scelte e non secondo i dettami degli ayatollah. Il mondo deve usare una lente d’ingrandimento per esaminare dettagliatamente il comportamento degli ayatollah e per farli pagare per ogni violazione dei diritti civili, delle donne e delle minoranze in Iran, dando agli uomini, alle donne e alle minoranze iraniani la sensazione che dietro di loro c’è qualcuno che appoggia le loro richieste. Questa sensazione rafforzerà la loro determinazione a combattere il regime dispotico che governa l'Iran e li porterà ad agire con determinazione per raggiungere la libertà, liberando così le altre nazioni del mondo dalla minaccia della sua nuvola nera. Questo è l'unico modo per liberare il mondo dalla minaccia degli ayatollah, liberare il Medio Oriente dalla loro spira e salvare le minoranze e i cittadini iraniani da una morte lenta sotto l’oppressione di persone che credono che il capo supremo sia onnipotente perché è un profeta. Il mondo deve accendere un fuoco che divampi nel cortile degli Ayatollah e li spedisca nel dimenticatoio.


Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
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