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Mordechai Kedar
L'Islam dall'interno
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Come deve comportarsi Israele per negoziare con l’Arabia Saudita 23/11/2017
Come deve comportarsi Israele per negoziare con l’Arabia Saudita
Analisi di Mordechai Kedar

(Traduzione dall’ebraico di Rochel Sylvetzky, versione italiana di Yehudit Weisz)

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Una guida ai principi immutabili su cui Israele deve basare la sua strategia negoziale nei confronti dei sauditi e di qualsiasi altra nazione araba che desideri vivere in pace con lo Stato ebraico. In questi giorni, i media fanno ogni sorta di speculazione riguardo alla possibilità di normalizzare le relazioni tra Israele e le nazioni della Penisola araba (Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Kuwait e Qatar). D’altronde è cruciale per il governo di Israele sapere affrontare tali negoziati, in modo che non si ripetano gli errori commessi negli accordi di pace con l'Egitto e la Giordania. La regola di base nel trattare con i sauditi e i loro amici, è che Israele non deve sentirsi costretta a pagare ad ogni costo la pace con loro. Se i sauditi vogliono vivere in pace con noi, tenderemo la mano per scambiare con loro la pace. Ma questo è tutto ciò che otterranno. Non c'è nessun altro tipo di accordo di pace e se non vogliono la pace in quei termini, allora shalom ulehitraot (arrivederci, in stile israeliano). Quelle che seguono sono dieci indicazioni essenziali per aiutare Israele ad affrontare la cultura del negoziato mediorientale in modo informato, per non incorrere di nuovo ai gravi errori che furono commessi negli accordi con l'Egitto e la Giordania. (Nota: da qui in poi, quando scrivo Sauditi o Arabia Saudita, mi riferisco a tutte le nazioni della Penisola araba, elencate sopra, così come a qualsiasi altra nazione araba o islamista).

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1. È della massima importanza rendersi conto che i sauditi non vogliono veramente la pace con Israele. Se avessero voluto la pace, si sarebbero uniti ad Anwar Sadat nel 1979 o a Re Hussein nel 1994. Tutto ciò che vogliono è l'aiuto di Israele nell'affrontare il loro arcinemico, l'Iran, ora e in futuro. Se non ci fosse alcuna minaccia iraniana, il pensiero di pace con Israele non verrebbe loro neppure in mente, e una volta sparita la minaccia (al prezzo di una guerra totale Iran-Israele che porterebbe Israele a pagare un altissimo prezzo in vite umane e distruzione) non c'è alcuna certezza che i loro rapporti con noi continuerebbero a essere pacifici.

2. Israele non ha fretta. Per 70 anni siamo stati un Paese senza pace con l'Arabia Saudita e possiamo continuare a vivere così per altri 7000 anni. Qualsiasi desiderio di una pace rapida (come espresso nel disastroso slogan "Peace Now") farà aumentare il prezzo di quella pace. Israele ha tutto il tempo e non ha motivo di sentirsi sotto pressione per fare pace con chicchessia. Dobbiamo ricordare a noi stessi, agli americani (che ritengono che a breve dovranno affrontare nuove elezioni) e al mondo intero, che la pace con i sauditi e gli Emirati Arabi Uniti non risolverà alcun altro problema mediorientale, proprio come gli accordi di pace con Egitto e Giordania non hanno risolto nemmeno uno dei pressanti problemi che affliggono il Medio Oriente.

3. La pace con l'Arabia Saudita deve essere del tutto libera da qualsiasi altro contesto, specialmente da quello palestinese. Nel 1978, mentre era a Camp David, Begin commise un terribile errore quando accolse l’idea dell'Autonomia palestinese, garantendole una grande forza di polizia. Questo ha spianato la strada alla creazione dell'Autorità palestinese, che si è trasformata in uno Stato terrorista a Gaza e potrebbe ancora trasformarsi in un altro Stato terrorista tra le colline della Giudea e della Samaria, che si affacciano su gran parte di Israele e hanno la maggior parte del Paese sotto tiro. Se i sauditi vogliono la pace con noi, facciamo pace, senza discutere di altre questioni, perché non siamo minimamente interessati a legare la pace con l'Arabia Saudita a qualsiasi altra questione.

4. Se i sauditi insistono nel riferirsi alla questione palestinese, la risposta di Israele in qualsiasi accordo di pace dovrebbe essere: “Se l'Arabia Saudita desidera aiutare i palestinesi, costruisca per loro città e villaggi in Arabia Saudita, Israele sarà ben felice di contribuire con la propria esperienza a stabilire nuove comunità, al loro sviluppo economico e alle infrastrutture a beneficio dei residenti”. Qualsiasi riferimento da parte dei sauditi a una soluzione diversa (a parte il piano degli Emirati Arabi) porterà la delegazione israeliana a lasciare i negoziati .

5a. Israele riconoscerà il regime della Casa di Al Saud alla Mecca e Medina (anche se la famiglia non è originaria dell'Higaz, ma proviene dall'Altopiano di Najd), in cambio i Sauditi dovranno riconoscere i diritti di Israele su Gerusalemme, quale sua capitale storica ed eterna.

5b. Israele riconoscerà che l'Arabia Saudita sia definita uno Stato islamico, in cambio del riconoscimento saudita di Israele come Stato ebraico, o uno Stato appartenente al popolo ebraico.

5c. Israele riconoscerà il diritto della famiglia Al Saud a vivere ovunque in Arabia Saudita, in cambio del riconoscimento saudita del diritto inalienabile del popolo ebraico a vivere in tutta la Terra di Israele, dal Mar Mediterraneo al fiume Giordano.

5d. Israele non permetterà che nei suoi media si faccia propaganda contro l'Arabia Saudita. In cambio, i sauditi non dovranno permettere la propaganda anti-israeliana nei media sauditi (questo è cruciale per quanto riguarda Al Jazeera , nel caso in cui il Qatar si unisca ai negoziati con Israele).

6. Israele aprirà la propria ambasciata in Arabia Saudita ovunque i sauditi desiderino, in cambio la loro ambasciata in Israele avrà sede nel luogo scelto dagli israeliani, cioè a Gerusalemme. Avere l'ambasciata a Gerusalemme è una questione di principio. Il giorno in cui i sauditi trasferiranno la loro ambasciata da qualche altra parte senza l'accordo di Israele, sarà il giorno in cui l'accordo di pace e tutto ciò che comporta diventerà nullo.

7. L'Arabia Saudita non voterà contro Israele nelle organizzazioni e istituzioni internazionali, e Israele non voterà contro i sauditi in questi stessi luoghi. Entrambi i Paesi avranno il diritto di astenersi dal voto se lo vorranno.

8. È importante tenere gli americani e gli europei lontani dal tavolo dei negoziati, dal momento che non sono parte dell'accordo e non devono patirne le conseguenze nel caso in cui i negoziati fallissero,e anche perché i loro interessi non sono necessariamente compatibili con quelli di Israele, in particolare per quanto riguarda il ritmo del progredire nei negoziati. Gli americani vogliono raggiungere un accordo a qualsiasi prezzo, anche se si tratta di un pessimo accordo, e se saranno ammessi nella sala delle trattative, faranno pressione su Israele a fare delle rinunce, specialmente sulla questione palestinese. Israele deve garantirsi la possibilità di lasciare i negoziati in qualsiasi momento, senza che nessuno gli dica cosa fare.

9. Israele deve assolutamente astenersi dall'accettare garanzie internazionali, anche dai suoi migliori amici, in cambio della concessione di qualcosa che i sauditi vogliono. Israele non deve dimenticare per un istante le garanzie internazionali che l'Ucraina aveva ricevuto (il Manifesto di Budapest del 1994) con la promessa di una Ucraina unificata. I Paesi che l'avevano firmata - la Russia, il Regno Unito e gli Stati Uniti - hanno abbandonato l'Ucraina e hanno completamente dimenticato i loro impegni verso quel Paese quando la Russia, uno dei firmatari, ha invaso l'Ucraina, conquistato la Penisola di Crimea annettendola alla Russia. Questo è esattamente ciò che accadrà a Israele se farà affidamento su garanzie internazionali. Non ci sarà nessun Paese al mondo a sostenerci, quando ne avremo bisogno, anche se avessimo la firma di mille garanti a nostro favore.

10. La pace con i sauditi deve comportare non solo un semplice cessate il fuoco con un documento allegato ("Salaam" in arabo), come Israele aveva accettato con l'Egitto e la Giordania grazie all'ignoranza di coloro che avevano allora condotto i negoziati, ma una completa normalizzazione (“sulh” in arabo), che include scambi a livello culturale, turistico, commerciale, industriale, artistico, scientifico, nella tecnologia e nell’aeronautica, ma anche nello sport e nelle università, ecc. Se Israele parteciperà ad eventi internazionali che si svolgeranno in Arabia Saudita, la bandiera israeliana sventolerà insieme a quelle di altri Paesi, e se Israele sarà il vincitore di una competizione sportiva in Arabia Saudita, verrà suonato l'inno Hatikva, così come accade normalmente, quando altri Paesi vincono le medaglie. I libri israeliani verranno esposti nelle fiere del libro e i prodotti israeliani saranno presenti ufficialmente in mostre internazionali che si terranno in Arabia Saudita.

Un documento economico, i cui dettagli non sono in grado di elaborare, ma che deve essere compreso nell'accordo, deve basarsi su investimenti e acquisizioni reciproche nonché sull'impegno a non partecipare ai boicottaggi. È necessario aggiungere al contratto anche un addendum sulla sicurezza, sul cui contenuto desidero solo dichiarare che:
a. Si deve stabilire che i sauditi non possono aiutare nessun altro Paese o entità straniera che agisce contro Israele, che non trasferiranno informazioni a tali entità e che non permetteranno a coloro che agiscono contro Israele di entrare nei confini sauditi. Israele prometterà lo stesso ai sauditi.
b. Israele non si impegnerà ad attaccare nessun Paese in qualsiasi parte del mondo che non rappresenti una minaccia diretta.

Israele deve diffidare di un patto di mutua difesa con i sauditi, perché nel gennaio 1991 l'Arabia Saudita non ha rispettato il patto di mutua difesa che aveva firmato con l'Iraq e ha agito all’ incontrario; negli ultimi sette anni ha dimostrato di non avere il minimo interesse se il sangue di arabi e musulmani scorreva come acqua in Siria e nello Yemen. È difficile credere che lo spargimento di sangue ebraico possa meritare una risposta migliore. La Casa Al Saud è sempre stata motivata da un interesse personale semplicemente cinico, fin dal giorno della fondazione dell’Arabia Saudita ed è difficile immaginare uno scenario in cui l'esercito saudita vada in guerra per proteggere Israele - a meno che la guerra non coinvolga direttamente gli interessi sauditi. Pertanto non vi è nessun vantaggio in un accordo di mutua difesa con questo Paese. Tutti gli altri dettagli devono andare sotto i capitoli generali: la pace va fatta in cambio della pace, il riconoscimento in cambio del riconoscimento, le relazioni in cambio delle relazioni. Sono finiti i giorni in cui Israele pagava in valuta forte, con parti della sua Terra conquistata a fatica, per un pezzo di carta con su scritto la parola Pace.

Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
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