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Mordechai Kedar
L'Islam dall'interno
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L’accordo turco – israeliano 03/07/2016

L’accordo turco – israeliano
Analisi di Mordechai Kedar

(Traduzione di Rochel Sylvetsky, versione italiana di Yehudit Weisz)

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Recep Tayyip Erdogan, Benjamin Netanyahu

Un’analisi delle ragioni del riavvicinamento, chi ha contribuito alla sua attuazione e perché Israele non ha incluso il ritorno dei corpi dei soldati caduti. Mio padre, Nahum Kuperschmidt, lavorava come lattoniere nel campo dell’edilizia, un lavoro non particolarmente complesso, ma che richiedeva un’onestà assoluta, perché, anche se nessuno sa esattamente quello che un lattoniere fa per impedire le infiltrazioni d’acqua, le prime piogge sono sufficienti per evidenziare ogni sua minima negligenza. E’stato lui ha insegnarmi una regola ferrea: quando si ha a che fare con gente per bene non è necessario alcun contratto, ma se si deve trattare con persone scorrette, un contratto non è sufficiente a garantirti. Ogni volta che devo firmare un contratto, prima verifico la rispettabilità della mia controparte. Questa stessa regola, che funziona nella sfera privata, funziona anche in quella pubblica.

L’accordo siglato questa settimana da Israele e Turchia ripristina le relazioni tra i due paesi al livello in cui erano prima dell’incidente della Mavi Marmara nel maggio del 2010. Quando il Partito della Giustizia e dello Sviluppo guidato da Recep Tayyib Erdogan vinse le elezioni turche del 2002, le relazioni tra Turchia e Israele vennero avvolte da una nube islamista firmata Fratellanza Musulmana, la cui ideologia era negare il diritto di Israele ad esistere come Stato ebraico, la patria del popolo ebraico. Gli ebrei dovevano sottomettersi all’Islam in quanto “dhimmi”,ovvero protetti, con diritti civili e umani limitati. Sotto il dominio del partito islamico, la Turchia si è allontanata dalla visione laica iniziata da Mustapha Kamal Atatturk nel 1920.

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Turchia e Israele

Le relazioni diplomatiche con Israele sotto Erdogan a poco a poco si raffreddarono, mentre la Turchia sviluppava i rapporti con l’entità islamica a Gaza, governata da Hamas, il braccio palestinese dei Fratelli Musulmani. Il caso Mavi Marmara è stato il contributo di Erdogan per infrangere il blocco navale israeliano su Gaza. Israele l’ha impedito, da qui la rottura dei rapporti. La crisi della Flottiglia è avvenuta nel maggio del 2010, ora spetta a Erdogan la decisione di ristabilire le relazioni che lui stesso aveva interrotto. La decisione non è facile, soprattutto per un personaggio il cui egocentrismo prevale su qualsiasi fattore oggettivo, per accettare l’accordo dovrà mettere a tacere il proprio orgoglio.

Gli avvenimenti di questi ultimi anni non gli hanno lasciato altra scelta. Nonostante le sue ambizioni politiche, è riuscito a trovarsi in conflitto con tutti i paesi confinanti. E’ accusato di aver aperto il passaggio agli jihadisti per andare a combattere in Siria; ha sostenuto l’ISIS principalmente con l’acquisto di combustibile grezzo che il gruppo islamista produce in Siria e in Iraq; ha abbattuto un aereo russo da guerra nel 2015 ritrovandosi in contrasto con Putin; è invischiato fino al collo nella lotta contro i curdi turchi, siriani e iracheni; è nei guai con gli iraniani che sostengono fortemente Assad, che lui odia profondamente, ed è impotente di fronte agli iraniani che stanno assumendo il controllo sulle aree arabe al confine meridionale della Turchia con Iraq e Siria, dopo aver preso il potere sul Libano attraverso gli alleati iraniani di Hezbollah.

Non appena la Turchia stessa è diventata un bersaglio per i terroristi dell’ISIS, Erdogan si è trovato in guerra con dei fanatici islamisti esattamente come avviene a Israele. E’ coinvolto con il terrorismo di Hamas e altri jihadisti nella Penisola del Sinai ed è possibile che la sua decisione di giungere ad un accordo con Israele modificherà i suoi rapporti con Hamas, se manterrà l’impegno di impedire che Hamas utilizzi la Turchia come base operativa. In base all’accordo, la Turchia ha accettato in linea di principio il mantenimento del blocco marittimo israeliano di Gaza, e che tutti gli aiuti turchi per Gaza arriveranno attraverso il porto di Ashdod, dopo essere stati controllati e autorizzati da parte di Israele. Questo è un grande risultato per Israele, ed è assai possibile che Hamas si rifiuterà di accettare degli aiuti a queste condizioni. Un altro risultato che Israele ha ottenuto, è la distribuzione di gas alla Turchia per mezzo di un gasdotto sottomarino, che potrà servire anche alla sua commercializzazione verso l’Europa. Una parte molto importante dell’accordo, considerando il fatto che in questi ultimi anni, diversi politici turchi avevano rivendicato dei diritti sui giacimenti di gas che Israele aveva scoperto.

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L’accordo sul gas pone fine a qualsiasi futura rivendicazione turca sui giacimenti. Il prezzo pagato da Israele per l’accordo con la Turchia non è stato di poco conto. Perché fosse posta fine a tutte le richieste turche contro i soldati dell’IDF e i politici israeliani per quanto riguarda i fatti della nave Mavi Marmara, Israele ha accettato di scusarsi per l’uccisione di dieci cittadini turchi durante la presa di possesso della nave e al pagamento di 20 milioni di dollari, non direttamente alle famiglie, ma a un fondo che sarà gestito dal governo turco. Israele ha lasciato cadere la richiesta del ritorno di Avera Mengistu e di Hasham Alsaid e anche dei resti dei corpi di Hadar Goldin e Oron Shaul. La motivazione è semplice. Israele ritiene che Hamas sarà tutt’altro che soddisfatto per l’accordo, per usare un eufemismo, e non sarà disposto a fare nulla che possa aiutarne il successo. Invece di potenziare Hamas concedendogli la possibilità di sabotare l’accordo, Israele ha deciso di lasciare le questioni umanitarie a livello bilaterale, tra Israele e Hamas. E’ vero che l’obbligo dello Stato nei confronti due soldati dell’IDF caduti, Hadar Goldin e Oron Shaul è assoluto - il problema è di natura emotiva e simbolica per tutti i cittadini di Israele- tuttavia le relazioni con la Turchia rientrano nel campo degli interessi nazionali, strategici, politici ed economici dello Stato.

Tutto sommato, l’accordo con la Turchia è buono, equilibrato e porta benefici rilevanti per le esigenze più importanti dello Stato di Israele. Ci si chiede, naturalmente, quali fattori hanno aiutato Israele a raggiungere quest’accordo. Le esigenze della Turchia sono un fattore critico, come sopra descritto, e ci sono voci secondo cui Israele è stato il tramite per l’allentamento dell’antagonismo fra Russia e Turchia, rispetto all’aereo russo abbattuto. Non è azzardato supporre che anche l’Arabia Saudita abbia contribuito al riavvicinamento tra Turchia e Israele, e forse anche gli Stati Uniti abbiano aggiunto la loro benedizione all’accordo in corso. Ma l'accordo che ha portato a questo risultato, è principalmente dovuto alla abile gestione del processo di negoziazione. I fattori di successo del negoziato L’accordo siglato questa settimana è il risultato di lunghi negoziati che hanno avuto luogo dietro le quinte, e durante i quali i contraenti si sono rigorosamente attenuti su tre punti principali. Il primo e il più importante, è che Israele ha dato alla parte turca la sensazione che non ci fosse un urgente bisogno di un accordo.

La situazione di Israele è notevolmente migliorata negli ultimi anni a causa della disgregazione della Siria e per la scomparsa di quell’esercito dalla lista delle minacce strategiche a quel confine. Anche Hezbollah è impantanato nella palude libanese e per il prossimo futuro, per cui non costituisce oggi una minaccia. Israele ha quindi bisogno della Turchia molto meno che in passato e avrebbe firmato solo un accordo che portasse benefici per lo Stato ebraico. Il secondo punto, derivato del primo, è il messaggio che Israele non ha alcuna fretta di raggiungere un accordo, Israele ha tutto tempo e non è disposto a pagare qualsiasi prezzo per un “accordo immediato”. In terzo luogo, Israele non ha annunciato quello che è disposto a concedere alla Turchia, perché in Medio Oriente, se una delle due parti negoziali annuncia ciò che è disposto a rinunciare, questo è considerato una cosa fatta, e le trattative saranno sopra gli altri punti che non sono in programma.

Purtroppo, ci sono troppi israeliani che annunciano le concessioni che sono disposti a fare per ottenere la pace con gli arabi palestinesi, i siriani e il resto dei nostri nemici giurati, e lo fanno senza interruzione, notte e giorno, e con ogni possibile mezzo, senza nemmeno chiedere ciò che l’altra parte è disposta a concedere. In questo caso, la delegazione israeliana ha agito correttamente, non ha pubblicamente rinunciato a nulla prima dei negoziati, non ha dato l’impressione di avere bisogno di un accordo e non ha cercato di indicare un termine preciso. I turchi hanno capito che avrebbero dovuto pagare un accordo in valuta forte, e lo hanno fatto, soprattutto per quanto riguarda il blocco su Gaza. In conclusione, si può dire che è un buon accordo, e che il modo con cui è stato raggiunto deve essere studiato e applicato ad altre trattative con altri avversari. Tutto ciò che rimane da garantire è che la parte turca agisca con integrità e mantenga fede all’accordo che ha sottoscritto esattamente come è scritto, chiarito e destinato ad essere compreso; e come avrebbe detto mio padre: “ Con le persone oneste non c'è necessità di un contratto, ma con coloro che mancano di integrità, un contratto non sarà di alcuna utilità".

Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
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