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Mordechai Kedar
L'Islam dall'interno
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Anche l’orso russo partecipa alla roulette in Medio Oriente 01/11/2015
 Anche l’orso russo partecipa alla roulette in Medio Oriente
Analisi di Mordechai Kedar

(Traduzione dall’ebraico di Rochel Sylvetsky, versione italiana di Yehudit Weisz)

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Questa settimana i media arabi hanno riportato una notizia di cui non ho visto alcuna menzione sui media israeliani: il Cremlino ha annunciato che entro la fine di quest'anno - cioè, entro i prossimi due mesi – il re dell’Arabia Saudita, Salman bin Abdulaziz Al Saud, farà una visita a Mosca. A prima vista non sembra un’informazione importante di per sé, solo un breve trafiletto sulla visita di un Capo di Stato ad un altro, ma non si tratta solo di una visita. Si tratta di un gesto politico che segnala la mossa dell’Arabia Saudita verso la creazione di un’alleanza con la Russia. Dietro a questa decisione ci sono quattro ragioni. La più importante è la debole presenza dell’America nella regione, evidente a tutti e aggravata dall’annuncio di Obama di ritirarsi dalla carica di gendarme del pianeta e l’inizio della campagna elettorale americana. A Washington non c'è più nessuno con cui parlare, soprattutto ora che è chiaro a tutti che l’accordo con l’Iran è un “affare concluso”. I sauditi sono furiosi e interpretano questo accordo come una violazione della fiducia verso il loro paese da parte degli Stati Uniti. A differenza di Israele, tuttavia, mascherano i loro sentimenti e si muovono con freddezza sulla scena internazionale. La seconda ragione è la determinazione dimostrata dalla Russia nel suo coinvolgimento siriano, tanto più evidente se messa a confronto con le inutili risposte di Usa e Nato. I sauditi temono che Assad, che considerano un eretico alawita al cui regime blasfemo non deve e non può essere consentito di governare sui musulmani, rimarrà al potere. Sono anche furiosi per il bagno di sangue del "Macellaio di Damasco" che è costato la vita di centinaia di migliaia di persone, tra cui molti sunniti.

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Re Salman vuole incontrare Putin per convincerlo su questo aspetto. La terza ragione è che i sauditi temono un’alleanza russo-iraniana al di fuori del proprio raggio di influenza. Senza l’appoggio dell’ America e dell’Europa, i sauditi preferiscono agire secondo il detto “se non puoi sconfiggerli, diventa loro alleato”. Il re sente di avere più influenza sugli iraniani per quel che concerne Yemen, Iraq e Siria, solo unendosi al club invece di rimanerne fuori. Il quarto motivo è che l’Arabia Saudita vuole avere la certezza che la Russia non invii le proprie truppe nella guerra contro l’ISIS. Ai sauditi non piacciono i jihadisti del Califfo Abu Bakr, soprattutto perché hanno diffamato l’Islam, e il re saudita non vuole vedere la Russia - terra di infedeli che bevono vodka e mangiano carne di maiale - eliminare un gran numero di musulmani sunniti dopo averne conquistato gli stati. Non va dimenticato che ci sono stati periodi in cui i sauditi avevano sostenuto lo Stato islamico. La somma di tutti questi motivi ha spinto il re saudita direttamente tra le braccia muscolose di Putin. Ma è anche importante osservare la cornice dell’incontro: il re saudita lascerà il proprio palazzo per recarsi a visitare Putin a casa sua. In passato, Presidenti e Primi Ministri si riunivano all’ingresso della sala del trono saudita, ma oggi è lui che sta andando a visitare Putin, l’ultimo arrivato e la scena sono i bassifondi in rovina noti come Medio Oriente. Anche Israele ha scoperto la Russia e la sua crescente sfera d’influenza nella regione ed è per questo che un mese fa Netanyahu ha fatto visita a Putin e alti ufficiali dell’esercito russo hanno visitato Israele. Israele non vuole essere esclusa dall’equazione ora che la Russia sta diventando sempre più coinvolta in Siria, soprattutto perché l’Iran è solidamente posizionato sullo stato confinante. Di recente si è notato un notevole cambiamento nel tono dei portavoce russi che appaiono sui media arabi. Fino a non più di una settimana fa, parlavano di obiettivi limitati della Russia in Siria, tra i quali garantire la continuità del regime di Assad, anche se limitato ad una piccola parte del paese ( la regione alawita sulla costa vicino ai porti di Latakia , Tartus e Banias). Non sembrava che la Russia stesse pianificando una massiccia campagna contro lo Stato islamico, che esercita il controllo su oltre il 60% della Siria. Ora, il tono dei media russi è cambiato. Hanno cominciato ad esprimere preoccupazione per il lento stillicidio dello Stato Islamico nei Paesi che una volta erano considerati la parte meridionale della Russia sovietica: il Kazakistan, Uzbekistan, Turkmenistan, Tagikistan, così come la sua infiltrazione in quei gruppi di minoranza musulmana che vivono all’interno della Federazione Russa: Ceceni, Tatari, Pamiri, per citarne alcuni. I Tatari hanno buoni motivi per sollevarsi contro la Russia dopo che gran parte del loro popolo era stata espulsa dalla penisola di Crimea e l’annessione dell’ Ucraina. I Ceceni non hanno ancora vendicato la distruzione negli anni ‘90 della loro capitale Grozny e le migliaia di vittime. E’importante ricordare che nell’esercito russo, fra le truppe, c’è un gran numero di musulmani, è quindi possibile che l’ISIS cerchi di arruolarne. Questo non è lontano dall’accadere, dato che ci sono 200 volontari musulmani ribelli provenienti dalla Russia e uno di loro, di origine cecena, è il comandante delle forze ribelli vicino ad Aleppo. Un film lo mostra mentre con le sue stesse mani taglia la gola a tre sostenitori del regime. In più, sono in grado di parlare russo o ceceno ai soldati russi loro amici, e se anche un solo soldato su mille si schierasse segretamente dalla parte dello Stato Islamico, potrebbe seminare morte e distruzione tra i suoi commilitoni.L’Isis non conosce pietà e non pone limiti di comportamento. Possiamo mmaginare quale disastro potrebbe essere causato da un soldato su una corazzata che porti armi alla Siria, se solo fosse disposto a morire come un Shahid, martire, mentre compie un atto terroristico per affondare la nave. In aggiunta a tutte le considerazioni fin qui fatte, sembra che i bombardamenti delle forze aeree russe abbiano la capacità di cambiare la situazione sul terreno. Negli ultimi giorni, le forze di Assad, Hezbollah e degli iraniani, hanno lanciato un attacco di terra senza precedenti contro i ribelli e Isis, riuscendo a riconquistare zone e villaggi al regime di Assad. E’ molto probabile che l’appetito di Putin aumenterà, sentendo il sapore della vittoria, e che fino a quando le forze della coalizione russa otterranno successi, cercherà di estendere il terreno della lotta contro Isis prima che sia in grado di avere una propria struttura nel paese e la guerra contro l’estremismo si trasformi in una guerra all’interno della Russia. Due mesi fa, un ufficiale dell’esercito americano ha detto che l’Isis non potrà essere sconfitto prima di un decennio. Le azioni della Russia nel corso degli ultimi giorni indicano la possibilità che l non abbia intenzione di aspettare la Nato e gli Stati Uniti, mettendo in pratica ciò che tutti gli altri hanno paura di fare, ingaggiare cioè una battaglia a tutto campo contro gli estremisti islamici, distruggendo lo Stato Islamico prima che questo distrugga la Russia. “O loro o noi”, sembra pensare Putin di fronte a questo scenario. Solo il tempo potrà confermarlo.

Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
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