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Mordechai Kedar
L'Islam dall'interno
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La soluzione dei problemi del Medio Oriente 14/09/2015
La soluzione dei problemi del Medio Oriente
Analisi di Mordechai Kedar

(Traduzione dall’ebraico di Rochel Sylvetsky, versione italiana di Yehudit Weisz)

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La distruzione di una città siriana


Qualcuno ricorda gli entusiasmi suscitati dalla “Primavera Araba”? Nel prossimo dicembre cadrà il quinto anniversario di quella che, nelle prime fasi, fu chiamata “Primavera Araba”. Quando iniziò, nel 2010, il mondo intero acclamò gli eroi scesi in piazza, quei coraggiosi che, da soli, spinsero Ben Ali via dalla Tunisia, gettarono in carcere Mubarak in Egitto, si ribellarono contro il sanguinario tiranno Gheddafi in Libia, scesero nelle strade contro Assad in Siria, protestarono a voce alta contro il Presidente Ali Abdullah Saleh in Yemen e si riunirono in un sit-in nella piazza centrale del Bahrein.

Il mondo intero trattenne il respiro sperando che si stesse scrivendo un nuovo capitolo negli annali della storia del Medio Oriente, che fosse giunto il momento di porre fine alle dittature e dare vita alla democrazia, di porre termine a regimi violenti per far fiorire i diritti umani e le libertà civili, ma anche la scomparsa della corruzione e l’inizio di governi trasparenti. Alle incredibili manifestazioni di massa in piazza Tahrir al Cairo, seguirono le prime elezioni democratiche mai tenute in Egitto, una coalizione in Tunisia, partiti politici in Marocco, un parlamento indipendente in Kuweit, le proteste per la libertà politica in Siria e le donne musulmane che abbandonavano la cucina per rivendicare i loro diritti.

Questo era il sogno che vivevamo attraverso le lenti colorate di un romantico linguaggio dei giornalisti, che erano caduti nella trappola speranze/utopie per una nuova realtà. Oggi, cinque anni dopo l’esplosione della “grande luce”, il mondo arabo brancola senza speranze e depresso in un buio tunnel, senza al fondo uno spiraglio di luce. Siria, Iraq, Libia ed Egitto sono tutti campi di battaglia in cui le vittime sono i civili; in Egitto una rivolta ha deposto il Presidente eletto con elezioni pseudo-democratiche e Sisi sta portando il livello dei diritti civili nel Paese indietro, fino ai giorni bui di Gamal Abdel Nasser.

Il mondo continua a chiedersi perché la “Primavera Araba” è fallita così tragicamente, e cerca di capire quale sia la fonte dei problemi della regione. La risposta a questa domanda è complessa, perché include diversi fattori che hanno influenzato gli eventi in periodi e modi diversi. Si può dire con certezza che la fonte principale di tutti i problemi è il cardine stesso della cultura mediorientale, vale a dire la lealtà alla tribù, che una volta era necessaria per la sopravvivenza in una vasta zona desertica, arida e secca, che si estende lungo il Sahara nel Nord Africa, la Penisola Arabica e il deserto del Sinai, e anche i deserti di Siria, Iraq e Giordania. Nel deserto l’uomo deve far parte di una tribù al fine di proteggere le proprie sorgenti d’acqua dalle altre tribù che hanno lo stesso bisogno di acqua. Questo trasforma l’ “altro” in un nemico, in una figura che ci minaccia perché non è uno di “noi”. E’ sempre una questione di “noi” e “loro”, il nostro gruppo contro tutti gli altri. Ogni uomo è fedele fino alla morte alla sua tribù, ai suoi usi e costumi, e non ad uno Stato e alle sue leggi. Si chiama “tribalismo” e il mondo arabo vive tuttora sotto l’influenza di questo stile di vita.

Il secondo problema, generato dal tribalismo, è la violenza. Secondo la cultura mediorientale, dal momento che l’altro è mio nemico, potrebbe tentare di uccidermi non appena si fosse abbastanza vicino, per prendere le mie fonti d'acqua, quindi devo agire io prima che lo faccia lui. Ne deriva che la prima reazione a qualsiasi problema che si pone in Medio Oriente è la violenza, finalizzata a uccidere.

Il terzo problema deriva dall’antica cultura tribale, il concetto mediorientale dell’onore. Nessun musulmano accetta di essere umiliato, per cui cercherà di vendicarsi, e la vendetta significa omicidio. Una persona è disposta a uccidere anche i membri delle propria famiglia, la sorella e anche la madre, se sono state causa di vergogna, comportandosi troppo liberamente. L’onore è al primo posto nei rapporti tra politici e nazioni, a volte è più importante dello sviluppo, l’economia e la salute.

Il quarto problema, altro risultato del tribalismo, è la corruzione. La nomina di parenti in posti di potere - nepotismo - è considerato un grave problema in Occidente, dove ci sono leggi, norme e procedure burocratiche che dovrebbero prevenirne la messa in atto. Nella cultura mediorientale, il nepotismo è la regola, sia nella sfera politica che in quella amministrativa, perché chiunque sia al potere, diffida di quelli che appartengono a un altro gruppo. Un leader nominerà i propri famigliari, o membri di un’altra famiglia con la quale ha un patto di fedeltà; e se le relazioni si dovessero deteriorare, farà in modo che diano le dimissioni o li ucciderà…

Il quinto problema è la corruzione economica. Un funzionario del governo si sente in obbligo finanziariamente nei confronti della propria famiglia e tribù, non dello Stato e non certamente verso altri gruppi; perciò investe in infrastrutture nella zona dove la sua tribù risiede in o in aree che controlla. Non stanzia fondi a gruppi che non appartengono al suo clan. Il sesto problema in Medio Oriente è l’esistenza di un gran numero di gruppi etnici: arabi, curdi, turcomanni, berberi, ebrei, siri, persiani, e altri. Spesso vivono in uno stato di frizione continua e i loro rapporti sono contrassegnati da forte ostilità. In generale, non vi sono matrimoni tra gruppi diversi, ognuno preserva fieramente il proprio dialetto, costumi e tradizioni. Questa è l’origine della violenza fra arabi e curdi, turchi e curdi, arabi e berberi - e diciamocelo pure, tra gli arabi e tutti gli altri.

Il settimo problema è la religione. L’Islam è la religione principale del Medio Oriente, e gli estremisti islamici considerano i membri di altre religioni che vivono vicino a loro come infedeli meritevoli di morte. Questa è la causa della terribile violenza degli islamici contro cristiani, yazidi, ebrei, alawiti, zoroastriani, baha’i, mandei, shabakisti, drusi e atei.

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L’ottavo problema è il conflitto etnico fratricida all’interno dell'Islam. A metà del VII secolo, l’Islam si divise in due fazioni, sunniti e sciiti, in lotta fra loro per avere il controllo sull’Islam. Nel tempo ha assunto un aspetto anche politico, rivendicando l’interpretazione delle parole di Allah, del Corano, degli Hadiths (legge orale), della Sharia, della storia e della teologia. L’islam sunnita è molto diverso da quello sciita,nonostante le somiglianze, si tratta di due religioni diverse. Da quando è avvenuta la scissione, i due gruppi etnici non hanno fatto altro che massacrarsi l’un l'altro, con milioni di persone sacrificate in una guerra senza fine; anche di recente, durante la guerra del 1980 tra l’Iran sciita e l’Iraq guidato dal sunnita Saddam Hussein.

Il nono problema è la cultura dominante. Schematicamente, la popolazione del Medio Oriente è costituita da tre gruppi culturali: gli abitanti del deserto, o beduini; i falakhs - contadini che vivono in villaggi, e la popolazione urbana che abita in città. Questi gruppi sono profondamente diversi l’uno dall’altro, privilegiando i pregiudizi reciproci. Il falakh odia i beduini perché rubano i prodotti agricoli che lui semina e raccoglie con il proprio lavoro. Il beduino considera i falakhs e i cittadini, entrambi inferiori per aver abbandonato il modo di vita originale del deserto arabo e di essere diventati deboli e codardi. Gli abitanti delle città considerano primitivi i beduini del deserto. I matrimoni misti sono molto rari.

Il decimo problema può essere addebitato al colonialismo britannico, francese e italiano. Questi poteri tracciarono confini che erano utili ai loro interessi, ma non tenevano alcun conto della sociologia del Medio Oriente. Questa è la ragione per cui si sono formati Paesi con popolazioni misste, con tutti i tipi di gruppi etnici, tribù, religioni e sette che non avevano mai avuto alcun collegamento tra loro e certamente non si sentivano membri di una stessa nazione. Anche se la Siria è esistita da decenni - il verbo deve essere al passato- non vi era alcuna coscienza nazionale che unisse la popolazione. Tutti sono rimasti arabi, curdi, turcomanni, musulmani, cristiani, alawiti, drusi, sciiti, sunniti e così via. Anche l’Iraq non è riuscito a creare un popolo iracheno, nonostante i grandi sforzi fatti da parte del regime, e gli stessi cittadini si identificano come curdi, sunniti, cristiani, yazidi, ecc. I colonialisti hanno effettivamente creato dei paesi illegittimi, entità estranee, imposte da europei cristiani che non hanno capito assolutamente nulla del Medio Oriente.

L’undicesimo problema è il regime arabo moderno. In ogni paese arabo un gruppo di minoranza ha ottenuto il controllo di tutto il Paese e conserva il suo potere utilizzando “ mano pesante e braccia aperte”, la spada sguainata e la tortura. La minoranza alawita in Siria, la tribù di Gheddafi in Libia e gli hashemiti della Giordania sono tutti esempi di piccoli gruppi che controllano altri con scarsa, se non nessuna, legittimità.

Il dodicesimo problema è Israele, un piccolo Paese che è rinato a seguito della caduta dell’impero ottomano nella Prima Guerra Mondiale e dopo la fine del colonialismo britannico, due avvenimenti mondiali che hanno reso possibile agli ebrei, dopo duemila anni di esilio, di tornare nella terra storica della loro origine. In generale, gli arabi e i musulmani non riconoscono il diritto del popolo ebraico alla propria terra, non riconoscono il giudaismo come religione viva, e considerano gli ebrei come un insieme di comunità appartenenti ai paesi dai quali in parte provenivano e non come un popolo. L’esistenza stessa dello Stato di Israele non viene accettata ma respinta con violenza. I governanti degli Stati arabi moderni, quelli creati a tavolino e privi di legittimità, hanno un disperato bisogno di un nemico esterno che permetta loro di mettere a tacere l’opposizione interna e unire il popolo sotto la loro fraudolenta bandiera. Israele era un fattore unificante, un nemico esterno che serviva come capro espiatorio su cui le masse potevano sfogare la loro rabbia. Questo è ciò che sta dietro l’ostilità costante dei media arabi nei confronti di Israele, e tre generazioni di arabi sono state educate sulla base di questa macchina di propaganda finalizzata esclusivamente contro Israele. Il loro approccio nei confronti degli ebrei e israeliani è una diretta conseguenza di questa istigazione.

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Il tredicesimo problema è il petrolio. Questa risorsa importante ha trasformato le società arabe del golfo in società che vendono un prodotto, non lavorano, acquistano ma non creano, società in cui ciò che possiedono non nasce da capacità, studio o lavoro, ma da quello che gli altri - gli americani e gli europei - hanno trovato sotto la loro terra. Il più grande sforzo che gli uomini del Golfo devono fare è la passeggiata verso la banca per depositare i loro capitali. Il denaro facile ha creato una società edonistica e materialista, interessata a se stessa e al divertimento, all’acquisto di auto di lusso, di case che accecano per il fasto, il lusso, orologi e gioielli che costano milioni. Proprio di fronte alle loro case sontuose ci sono decine di milioni di musulmani che vivono in estrema povertà, in quartieri privi di piano regolatore, pieni di poveri ignoranti, disoccupati e disperati. Il divario tra la ricchezza del Golfo e la povertà della strada araba è da capogiro.

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Israele e i Territori palestinesi

Il quattordicesimo problema è l’ingerenza dell’Occidente negli affari del Medio Oriente, non al fine di risolvere i problemi della regione, ma per promuovere i propri interessi. Petrolio, gas, vendita di armi, contratti di sviluppo, acquisti e commercio, tutti hanno lo scopo di sfruttare le risorse naturali del Medio Oriente e del lavoro a basso costo che offre, al fine di trarre profitti per le economie occidentali. I paesi occidentali, l’URSS di un tempo e la Russia oggi e la Cina, proteggono e tutelano ancora governanti arabi non legittimi, mantenendoli dipendenti dall’occidente con accordi economici firmati e sottoscritti. Chiunque firmi un qualsiasi tipo di contratto con un dittatore arabo, sa benissimo che questo sarà realizzato a scapito di persone che vivono - se si può chiamare vivere - in un regime crudele, ma questo non ferma la fame di denaro dei Paesi occidentali. Quando mai a muoverli, sono state le considerazioni morali?

Il quindicesimo problema è l’esistenza di al Jazeera, il sito web e la rete jihadista gestita da uno Stato terrorista, il Qatar. Dal primo giorno in cui è andato in onda, nel novembre del 1996, al Jazeera non fa altro che incitare contro i dittatori laici, contro Israele, contro l’Occidente e contro la cultura occidentale, trovando sostegno nell’etere dei paesi islamici. L’obiettivo dichiarato di al Jazeera è quello di distruggere lo Stato arabo moderno e consegnare il comando ai Fratelli Musulmani. Questo insieme di messaggi è avvolto in cliché attraenti come “opinioni e altri pareri” ed è coperta da una maschera di finta franchezza e di un editing spregiudicato. Questo canale ha portato la gente in rivolta per le strade, alla fine del 2010 e per tutto il 2011, a incendiare il mondo arabo, e non sa come mettere fine al fuoco. Facebook, Twitter, Youtube e altri social network hanno giocato un ruolo strumentale che ha aiutato le masse a organizzare manifestazioni, ma tutto è partito dall’istigazione di al Jazeera.

La ribollente massa di problemi che affliggono il Medio Oriente ha distrutto l’infrastruttura sociale, economica, politica e normativa della regione, portando le ondate migratorie verso l’Europa cui stiamo assistendo. Nel corso del XX secolo, l’Europa ha cercato di risolvere la miriade di problemi culturali che affliggono il Medio Oriente con la creazione dello Stato Arabo Moderno, clonazione dello Stato-Nazione che aveva inventato e che si adattava alle esigenze culturali dell’Europa. Il Moderno Stato Arabo di stile europeo è un colossale fallimento, perché la popolazione araba ha una cultura mediorientale, con problemi di cui l’Europa non sa nulla : il tribalismo da un lato, e la violenza, l’estremismo e la mancanza di coscienza nazionale, dall’altro. Un esempio lampante di una credenza erronea che resiste grossolanamente in Occidente, è la fede ingenua e infondata che la democrazia possa fiorire in Medio Oriente. La democrazia occidentale si basa su un ordine sociale derivante dalla cultura europea: la fede nella uguaglianza di tutte le religioni e dei gruppi etnici, la liberazione delle donne, i diritti delle minoranze e la libertà di espressione e di pensiero.

Aggiungete a ciò il diritto di scegliere stili di vita alternativi, insieme alla libertà di religione e dalla religione, un divieto per la violenza e tenere libere elezioni: si tratta di un elenco di comportamenti che è quasi totalmente estraneo in Medio Oriente. La maggior parte di queste libertà sono contrarie allo spirito dell’Islam e alla cultura tribale, le società mediorientali tengono elezioni “libere” per creare l’impressione che esse sono diventate democrazie, anche se non hanno adottato nessuna delle caratteristiche di una democrazia. Le elezioni sono un meccanismo di facile utilizzo, ma gli altri elementi della democrazia sono di sostanza e sono quindi difficili, se non impossibili, da introdurre in Medio Oriente.

Oggi l’Europa sta per essere colpita da un’ondata di rifugiati, per gli errori commessi in Medio Oriente, quelli che ha perpetrato di proposito, approfittando della dipendenza dei governanti arabi dall’Occidente, e quelli che ha commesso involontariamente. Durante questo periodo di esame di coscienza, è importante per l’Occidente interiorizzare le ragioni dei problemi che sconvolgono il Medio Oriente. Allora potrà affrontarli correttamente, mettere da parte i propri interessi, e trovare soluzioni che possano funzionare nella regione, partendo con lo smantellamento degli Stati esistenti non legittimi e proseguendo con la creazione di emirati con popolazioni omogenee sulle rovine degli Stati falliti. Gli Emirati del Golfo, con l’eccezione del Bahrein, servono come modello di un tipo di regime che si adatta alle caratteristiche culturali del territorio ed è indispensabile che diventino il modello da diffondere quando si cercherà di risolvere i problemi del Medio Oriente. I migliori auguri per un felice anno nuovo.

Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
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