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Mordechai Kedar
L'Islam dall'interno
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Uccelli predatori volano sulla Siria 05/08/2015
Uccelli predatori volano sulla Siria
Analisi di Mordechai Kedar

(Traduzione dall’ebraico di Rochel Sylvetsky, versione italiana di Yehudit Weisz)

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Trovandosi in Galilea o sulle Alture del Golan, chiunque alza gli occhi verso il cielo, non può fare a meno di notare stormi di corvi, aquile, avvoltoi e altri uccelli da preda, che volteggiano in cerchio per ore. Il loro obiettivo è chiaro: carcasse di mucche, pecore o altri animali, i cui movimenti sono un segnale di morte imminente. Gli uccelli seguono quegli spasimi mortali con circospezione, volando sempre un po’ più basso, finché i segnali di vita diventano sempre più deboli. Appena l’animale cessa di muoversi, piombano sulla preda e iniziano a scavare la sua carne utilizzando i loro becchi taglienti.

Quando i rapaci sono in volo, mantengono fra loro le dovute distanze. Ma quando si precipitano sulla preda, iniziano a darsi battaglia l’un l’altro per assicurarsi la parte migliore del pasto, specialmente se la loro fame eccede il volume della carcassa dell’animale. La situazione in Siria in questi giorni è misteriosamente simile alla scena macabro/pastorale descritta. Il paese è sul letto di morte e un intero stormo di uccelli predatori ha iniziato a cibarsi di tutta la carne possibile, sempre lottando per avere le parti migliori, in questo caso le varie regioni del paese.

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Per le strade di Aleppo, Siria

La prima è quella della minoranza curda nel nord della Siria, che separata dal governo centrale, sta dando vita a un autogoverno dal 2012, e che vanta un esercito, piccolo ma indipendente, armato e addestrato dai Peshmerga, la milizia del Kurdistan iracheno. Consapevoli dell’opposizione turca a una regione autonoma curda nella regione, i loro portavoce hanno sempre sostenuto negli ultimi anni che non vogliono separarsi dalla Siria, chiedono soltanto che lo stato riconosca loro diritti, cultura e lingua. Man mano che il tempo passa, però, i curdi hanno incominciato a capire che la Siria è qualcosa che appartiene al passato e che la nuova realtà – specialmente dopo il controllo dello Stato Islamico della parte est del paese – impone di pensare al futuro, creare una entità che li protegga dallo Stato Islamico a sud e dalla Turchia a nord. Cioè un mini-stato come nell’Iraq del nord, che è di fatto uno stato, anche senza averlo dichiarato ufficialmente, ma che è visto come nemico dai turchi, che stanno facendo del loro meglio per distruggerlo.

Il secondo tipo di uccelli da preda è la lunga lista delle milizie siriane, alcune islamiste-Jihadiste (guidate da Jabhat al Nusra), altre nazionaliste (come l’esercito libero siriano) e altre locali. Queste milizie hanno iniziato a operare nei quartieri periferici e poveri di Daara, Damasco, Homs, Hama e Aleppo, ricevendo notevoli aiuti dagli Stati del Golfo, con la guida del Qatar. Durante il 2013, hanno ottenuto il controllo dei confini con Turchia e Iraq, permettendo il libero ingresso in Siria dei jihadisti. Oggi controllano molti territori nella Siria del nord, nell’area Aleppo-Idlib e avanzano verso ovest e la costa, dove vivono due milioni di alawiti, minacciati di sterminio in massa, uomini, donne e bambini. A sud, di fronte al Golan, controllano una vasta area, minacciando Damasco da sud.

Aprire i confini ai jihadisti ha affrettato il declino del regime di Assad, ma anche posto le premesse della prossima sconfitta, dato che il flusso dei jihadisti stranieri va a ingrossare lo Stato Islamico – il terzo uccello rapace - che ha invaso la Siria nel 2014. Questo “Stato”, fondato in Iraq nel 2014, come una derivazione di Al Qaeda dopo che la Coalizione Occidentale aveva invaso e rovesciato Saddam Hussein, divenne sempre più estremista sia come ideologia che come Shari’a, che veniva imposta su tutte le aree conquistate in Iraq e Siria, mentre le decapitazioni dei non credenti venivano registrate in video. Oggi, lo Stato Islamico controlla il 60% (!) del territorio siriano, soprattutto nelle zone poco fertili e poco popolate a est e al centro del paese, ma minaccia di diffondersi verso ovest fino a comprendere Damasco, Homs, Hama e Aleppo, mentre combatte sia i curdi a Kobane e Hasakah e Jebhat al Nusra nelle sue roccaforti. Va ricordato che Jabhat al Nusra era stato parte dello Stato Islamico per due settimane nel giugno 20014, ma se ne staccò per una disputa su come trattare i non credenti. Ritengo possibile che lo Stato Islamico userà i suoi ben noti metodi per “persuadere” il gruppo a riunirsi all’Isis, dato che hanno troppo in comune.

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Terroristi dello Stato islamico in Siria

La Turchia, il quarto uccello predatore, investe tutti i suoi sforzi per rovesciare il regime di Bashar Assad, considerandolo eretico in quanto alawita, spinta dal desiderio di vendetta per la strage di massa di musulmani sunniti compiuta dal padre negli anni ’70, quando stava perdendo il controllo del paese. Erdogan era furente quando Bashar riprese a comportarsi come il padre, massacrando chi manifestava nel 2011, così iniziò a sostenere per anni i gruppi anti-Assad. La Turchia si fece cogliere di sorpresa quando la Siria cadde nella mani di due uccelli da preda, i curdi e lo Stato Islamico, entità che la Turchia rifiuta di avere ai suoi confini. Questo spiega perché ha intensificato le iniziative militari e diplomatiche negli ultimi giorni, nel tentativo di creare una zona cuscinetto in Siria lungo i comuni confini. Sul territorio, questa zona può contenere quei due milioni di rifugiati siriani che sono arrivati in Turchia, anche se il vero interesse è controllare una parte della Siria che può impedire la nascita di un potere curdo al confine sud del paese.

C’è un quinto uccello rapace, Hezbollah. Questa organizzazione sciita è inorridita nel vedere la Siria caduta negli artigli del rapace sunnita e teme che i vincitori non si fermeranno ai confini ( che comunque non riconoscono) per continuare verso ovest e decapitare i sciiti libanesi. Hezbollah ha oltrepassato le aree intorno al confine siriano-libanese, incluso Arsal, Hermel, Kutsir a Homs, nel tentativo di fermare le forze jihadiste mentre sono ancora in Siria, molto prima che la valle del Libano, dove vicino alla città di Baalbek vivono molti sciiti.

Il sesto uccello rapace – i drusi della Siria del sud – dopo anni di lealtà verso il regime di Assad – si sta risvegliando, scoprendo come la Siria si stia disgregando e le milizie stanziate al sud per proteggerli dagli accoltellatori islamici, se ne stiano andando a difendere aree sensibili del regime ritenute più importanti, come Damasco e la zona costiera alawita. Adesso i drusi cominciano a capire che solo loro stessi debbono organizzare una milizia armata, preparata e indipendente che possa proteggerli, sia sulle loro montagne che nell’enclave di Khader o sul monte Hermon. Israele e Giordania rimangono sullo sfondo, pronte però ad offrire tutto l’aiuto possibile. Il settimo predatore è l’Iran.

Vi sono migliaia di combattenti della milizia Quds, parte delle Guardie della Rivoluzione Iraniana, in Siria. In due zone, le montagne Qalamoun e Idlib, sono gli iraniani a dettare legge all’armata siriana e a Hezbollah. Il generale Kassem Suleimani, comandante di Forza Quds, è sul posto, con la sua lunga esperienza durante la guerra Iran-Iraq degli anni’80 e di quando offrì le milizie sciite all’Iraq quando ci fu la guerra nel 2003 con la coalizione guidata dagli Usa. Malgrado le sue mani siano sporche di sangue americano, oggi si coordina con gli Usa, che vedono gli iraniani in Siria come l’ultima speranza contro lo Stato Islamico. Questa è anche una spiegazione del perché gli Usa erano così ansiosi di raggiungere un accordo sul nucleare con l’Iran.

Ci sono voci che indicano come l’Iran stia trasferendo famiglie iraniane in zone popolate da alawiti, ma sono notizie non confermate. D’altra parte in Siria vi sono siti sacri dell’islam sciita, per cui, con la scusa della protezione, gli iraniani potrebbero controllare quelle parti di territorio. Dopo tutto, chi potrebbe impedirglielo ? L’uccello predatore numero 8, e ultimo, è la Russia. Un paese che ha fatto di tutto per proteggere Assad, soprattutto sotto forma di forniture di armi attraverso il porto di Tarsus, dirette all’esercito siriano. La Russia non guadagnerà un soldo da questi investimenti in Siria, potrà persino perdere i suoi porti marittimi, gli ultimi che ha nel mare mediterraneo.

La Russia può decidere di farsi carico – temporaneo, è ovvio- delle città di Tartus e Latakia, “per proteggere le popolazioni”, un eufemismo per coprire gli interessi russi in questi porti. Questa è la saga della fine della Siria sotto i colpi degli uccelli rapaci. Ma c’è altro. Il governo Usa ha appena nominato un inviato in Siria, Michael Ratney, uno stagionato diplomatico che parla arabo e che ha coperto molti incarichi in Medio Oriente, incluso quello di Console Generale a Gerusalemme. La sua missione più importante sarà quella di fare chiarezza sui vari tipi di uccelli rapaci, per garantire all’Aquila Americana di poter avere una parte della carcassa siriana anche per sé.

Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
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