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Mordechai Kedar
L'Islam dall'interno
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I Drusi e il Patto tra le minoranze in Medio Oriente 20/06/2015
 I Drusi e il Patto tra le minoranze in Medio Oriente
Analisi di Mordechai Kedar

(Traduzione dall’ebraico di Rochel Sylvetsky, versione italiana di Yehudit Weisz)

Succede di rado che un Paese debba rivedere le proprie strategie, ma per Israele si sta avvicinando il momento in cui dovrà rivedere il proprio piano geo-strategico, se ancora non l’ha fatto.
In realtà, quel momento è adesso, davanti a noi, e per vederlo dobbiamo semplicemente superare i soliti schemi con cui affrontiamo un problema, prima che una collisione frontale non mandi in frantumi quegli stessi schemi, perché non abbiamo preparato piani alternativi per affrontare una realtà che sta cambiando.

Chi ha portato Israele a rendersi conto di essere di fronte ad una svolta cruciale, sono stati i drusi siriani. Israele deve, e ripeto deve, fare di tutto per aiutare la minoranza drusa in Siria a sopravvivere nel momento in cui affronta le forze islamiste che intendono sterminarla.
Che si tratti di Stato Islamico o di Jebhat al Nusra che stanno preparando la “soluzione finale” per i Drusi in Siria, non ha nessuna importanza. Quando lo Stato Islamico vincerà Jebhat al Nusra, qualsiasi accordo Israele abbia fatto con questa organizzazione, andrà in fumo esattamente come quello che Israele aveva firmato con il regime siriano.

Sono circa 700.000 i Drusi che vivono in Siria, concentrati in tre aree principali: sulla Montagna, nella Siria meridionale adiacente al confine giordano, nell’enclave di Khader sulle pendici sud-orientali del Monte Hermon a Est di Majdal Shams e di Aleppo, e nella regione di Idlib nel Nord della Siria, vicino al confine turco.
Nessuno si aspetta che Israele raggiunga il Nord della Siria per aiutare i Drusi che la abitano, ma molti di coloro che vivono nel Sud della Siria, sulla Montagna e nell’enclave di Khader, sperano che Israele faccia qualcosa per evitare che i coltelli da macellaio dell’ISIS taglino le loro gole.

I loro fratelli in Israele sono cittadini con pari diritti e doveri, prestano servizio nell’IDF, perlopiù in unità di combattimento. La percentuale di Drusi che si offrono volontari per le unità da combattimento è superiore a quella dei giovani ebrei. Il silenzio dei cimiteri militari nei villaggi drusi grida il giuramento di fedeltà che avevano sottoscritto, il patto di sangue che questo splendido popolo ha stretto con quello ebraico nella sua risorta Terra d’origine.
I drusi che vivono in Israele sono fortemente preoccupati per il pericolo che minaccia i loro fratelli in Siria se lo Stato Islamico dovesse conquistare la parte meridionale del Paese. Sanno per certo che il loro destino sarà identico a quello degli Yazidi in Iraq: gli uomini saranno uccisi e le donne vendute al mercato come schiave.

I drusi in Israele temono che il mondo assisterà imperturbabile alle sofferenze dei loro fratelli, non interverrà rapidamente, come è avvenuto nel 2014 quando l’ISIS è andato molto vicino ad annientare gli Yazidi sul Monte Sinjar in Iraq.
La realtà dell’anno scorso fa di ogni scenario - anche il più orrendo che si possa immaginare - una possibilità reale. I drusi in Israele dicono: “Se gli abitanti della Montagna fossero ebrei, lo Stato di Israele farebbe di tutto per proteggerli e salvarli. Se c'è un patto di sangue tra ebrei e drusi, allora è il momento di verificarlo sulla Montagna e nell'enclave di Khader”.
Il loro ragionamento è semplice: il patto di sangue non può essere unilaterale. Quando i drusi combattono in guerra, vengono uccisi e feriti per lo Stato ebraico.

O si tratta di un patto bilaterale, in cui lo Stato s’impegna per salvare i drusi in pericolo di vita, nel modo più immediato e serio che mai, oppure non esiste alcun patto. La situazione in Siria costringe Israele a prendere posizione, come ha detto il Presidente Rivlin nel suo eloquente appello al Segretario Generale delle Nazioni Unite, al fine di proteggere i drusi in Siria.
Ma le parole non servono a salvare i drusi, solo le azioni possono farlo, e più decisive sono, più effetto avranno.
Israele deve considerare la Montagna come un corpo vivo a tutti gli effetti, e considerare quelli che vivono là come fratelli di sangue.

Ci sono stati momenti in cui Israele non è intervenuto per salvare coloro che l’avevano aiutato (per esempio l’esercito alleato del Sud del Libano), ma ora, Israele deve prendere tutte le misure necessarie per dimostrare ai drusi che si comporta nei loro confronti con la stessa fedeltà che mostra per gli ebrei, in Israele e altrove.
E' questa una posizione morale con risvolti civili, politici, legati anche alla sicurezza.
In Israele c’è chi dice: “Perché dobbiamo impegnarci nel salvare i drusi in Siria, quando loro sono stati fedeli sudditi degli Assad per anni, sia di Hafez che di Bashar, e hanno anche agito contro di noi più di una volta. I drusi del Golan hanno rifiutato la cittadinanza israeliana, così non sono mai diventati israeliani”. Questa è la mia risposta: “ dopo la Guerra del 1967, i drusi del Golan avevano paura che un giorno Israele li avrebbe dovuti restituire insieme alle Alture.
E che poi si sarebbero potuti trovare nelle camere di tortura dei servizi segreti siriani, così, al fine di proteggersi, sono rimasti fedeli alla Siria. Chi può biasimarli?”

Israele può prendere diverse misure, tutte o in parte, secondo gli sviluppi della situazione:
1. Israele potrebbe creare un’unità militare, composta da minoranze, con soldati drusi, per portare aiuto sulla Montagna, se e quando si presenterà la necessità. Combattenti drusi che fanno servizio di leva, ufficiali di carriera e riservisti che normalmente appartengono ad altre unità potrebbero farvi parte. E’ importante formare questa unità e cominciare a prepararne immediatamente i soldati.
Un project manager druso, preferibilmente di alto livello, dovrebbe sostenere la necessità di creare questa unità, farla funzionare e ricevere attrezzature, armi e addestramento.
2. Israele dovrebbe pianificare l’attacco dall’alto delle concentrazioni di combattenti ISIS vicine alla Montagna.
3. Nel caso in cui il regime siriano crollasse, Israele deve impossessarsi immediatamente della zona sul confine tra Giordania e Siria, al fine di creare un corridoio di terra non inquinato tra il Golan e la Montagna. Questo corridoio renderà possibile il trasferimento di forze armate, se dovesse essere necessario proteggere la popolazione drusa.
4. Israele deve istituire un ospedale da campo nel Golan per offrire cure mediche ai drusi.
5. Israele deve organizzare il trasferimento degli aiuti civili e militari (armi, medicine, cibo e fondi) per i combattenti drusi sulle montagne druse, a seconda delle necessità. Israele non può restare a guardare quando i drusi di Siria dovessero trovarsi ad affrontare lo sterminio. Sarebbe immorale, disumano e distruttivo. Pagheremmo un caro prezzo per non aver fatto nulla, guardandoci allo specchio non trroveremmo riflessa l’immagine di persone per bene.

Il Patto tra le minoranze

Quello dei drusi non è l'ultimo dei problemi, perché in Siria, Iraq e in ogni altro luogo che i jihadisti hanno conquistato, ogni minoranza vive nella paura di essere il prossimo sulla lista. Si tratta di un timore perfettamente fondato, e comprende drusi, yazidi, cristiani, alawiti, zoroastriani, baha'i, sabei e mandei, - tutti non musulmani - ma anche sciiti, Hezbollah, tutti vivono nella paura dei jihadisti sunniti.

Israele deve riuscire a costruire un “ Patto tra le minoranze mediorientali” che le metta al riparo sotto un unico ombrello, anche se un tempo avevano combattuto l’una contro l'altro. La logica alla base di questo patto è che tutti hanno di fronte lo stesso nemico, per cui devono lavorare insieme per sconfiggerlo.
Se non lo faranno, questa incessante lotta interna li indebolirà fino all’auto-estinzione.

Questa previsione può sembrare irreale, ma il tempo passa e diventa sempre più chiaro che l’Isis, in espansione, costringerà tutte le minoranze ad unire le forze. Israele deve trovare un canale segreto per parlare con Hezbollah, la più problematica delle minoranze a causa del suo passato intriso di sangue e del suo odio per gli sciiti libanesi.
Infine, una sola domanda: quale sarà la posizione dell'Iran nel trovarsi di fronte ad una coalizione di minoranze, con Israele sulla stessa panchina accanto a Hezbollah? A mio parere, l’Iran non impedirà la formazione della coalizione, perché questo è l’unico modo per assicurare la sopravvivenza degli Sciiti in Libano, un gruppo la cui continuità, per gli iraniani, è più importante della distruzione di Israele.

Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
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