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Zvi Mazel/Michelle Mazel
Diplomazia/Europa e medioriente
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Le disgrazie dei prigionieri palestinesi 08/04/2019

Le disgrazie dei prigionieri palestinesi
Commento di Michelle Mazel

(Traduzione dal francese di Yehudit Weisz)

www.jforum.fr/les-malheurs-des-prisonniers-palestiniens.html

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Terroristi arabi palestinesi

Nelle carceri israeliane sono detenuti migliaia di terroristi, in prevalenza condannati a pene pesanti per aver commesso attentati che hanno causato una strage o l'assassinio di uomini, donne o bambini. Considerati eroi dall’ Autorità palestinese, sono beneficiari di ogni sua premura: dovendo affrontare grossi problemi di bilancio, l’Anp non ha appena dimezzato lo stipendio dei suoi funzionari pur di mantenere quello dei detenuti al livello attuale, che è il doppio di un salario medio? Ciò consente loro non solo di aiutare le proprie famiglie, ma anche di approfittare di tutto quel che offre la mensa; ricevono regolarmente la visita dei loro avvocati e, naturalmente, quella dei loro familiari. Con tutto ciò, hanno appena annunciato la loro intenzione di iniziare uno sciopero della fame di una gravità inaudita, rifiutandosi persino di bere acqua.

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È vero che la loro situazione è diventata intollerabile a causa delle "scandalose" misure adottate dalla direzione del carcere. Fino ad ora, le autorità penitenziarie vietavano loro di avere telefoni “intelligenti”. Un divieto tutto sommato non troppo difficile da aggirare. Era già successo non molto tempo fa, quando un rispettabile parlamentare di una lista araba venne colto in flagrante mentre consegnava di nascosto tredici telefonini cellulari a un prigioniero condannato a scontare una pena pesante. Fortunatamente, i detenuti potevano sempre contare sui cellulari che le mogli o le loro compagne facevano scivolare verso di loro o che pervenivano loro in parti staccate, ben nascoste in pacchetti apparentemente innocui. Questi dispositivi venivano poi utilizzati per continuare le loro attività terroristiche dall'interno delle loro celle. Di qui la decisione appena presa dal Ministro degli Interni: installare dei disturbatori che rendano impossibile qualsiasi trasmissione o ricezione. Intollerabile, non è vero? Sarà interessante vedere come i media occidentali riporteranno questo sciopero e soprattutto se ne riferiranno le cause. Solo pochi giorni fa, era passata inosservata la morte di un palestinese di 40 anni di Jenin, avvenuta il 31 marzo scorso. Arrestato dalle forze di sicurezza palestinesi, è morto poche ore dopo essere stato portato nella prigione di Gerico. Secondo l'Agenzia di stampa palestinese Ma'an del 1°aprile, il Procuratore generale dell'Autorità palestinese, dimostrando una straordinaria conoscenza del caso, ha dichiarato immediatamente che l'uomo "soffriva di diabete, di pressione alta e di altri problemi di salute”. Pertanto ha respinto formalmente le accuse mosse dalla famiglia secondo cui il detenuto era stato picchiato e torturato durante l'interrogatorio, pur precisando che sarà avviata un'indagine se i risultati dell’autopsia dovessero giustificarla. Nessuno si fa illusioni sulle conclusioni di questa possibile indagine. Si mormora più o meno chiaramente che questo "fatto di cronaca" non è eccezionale. Diciamo che queste sono cose che accadono nelle prigioni dell’Anp. Nel settembre del 2017 l’emittente Al Jazeera aveva dedicato diverse trasmissioni di approfondimento, citando in particolare le parole di un certo Anas Barghouti, avvocato specializzato nella violazione dei diritti umani :”Le persone arrestate dall'Autorità palestinese sono spesso sottoposte a torture; ciò accade soprattutto nel carcere di Gerico, con la differenza che questa prigione è riservata ai prigionieri politici”. Detenzioni arbitrarie, abusi sessuali, torture che a volte portano alla morte: le autorità di Ramallah non risparmiano alcuno sforzo al fine di scoraggiare qualsiasi forma di opposizione e in particolare colpire i giornalisti. L'Autorità Palestinese ha opportunamente nominato un alto funzionario a tutela dei prigionieri palestinesi; solo che il suo mandato riguarda esclusivamente i prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane.

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Michelle Mazel scrittrice israeliana nata in Francia. Ha vissuto otto anni al Cairo quando il marito era Ambasciatore d’Israele in Egitto. Profonda conoscitrice del Medio Oriente, ha scritto “La Prostituée de Jericho”, “Le Kabyle de Jérusalem” non ancora tradotti in italiano. E' in uscita il nuovo volume della trilogia/spionaggio: “Le Cheikh de Hébron”


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