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Zvi Mazel/Michelle Mazel
Diplomazia/Europa e medioriente
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Perché l’Europa chiude gli occhi dinnanzi all’occupazione islamica? 10/12/2016
 

Perché l’Europa chiude gli occhi dinnanzi all’occupazione islamica?
Analisi di Zvi Mazel

(Traduzione di Yehudit Weisz)
dal Jerusalem Report, 14 novembre 2016

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In un mondo colpito dal terrorismo e da catastrofi umanitarie, la comunità internazionale rimane ossessionata dallo Stato di Israele. L’unico e il solo Stato del popolo ebraico, ritornato nella sua patria storica, un faro della democrazia nella sfera islamico-araba priva di diritti umani, rimasta indietro per progresso sociale ed economico e soggetta a frequenti attacchi e sanguinosi disordini. Eppure è Israele ad essere continuamente bersagliata da critiche.
L’Unione Europea, auto-nominatasi cane da guardia dei diritti umani, è in prima linea nell’attaccare Israele. E' un fenomeno inspiegabile.

Perché l’Europa chiude gli occhi dinnanzi all’eredità mortale di violenza, caos e arretratezza lasciata dall’occupazione islamica del Medio Oriente e del Nord Africa? Perché, di fatto, è il vecchio continente a corteggiare il mondo arabo, dimenticando la propria storia e i passati tentativi islamici di conquista?
Perché è così riluttante a vedere che l’Islam sta minacciando il suo futuro con l’immigrazione di massa e gli attacchi terroristici? E perché non ha invece alcuno scrupolo nei confronti di Israele, bollato come l’ultima potenza coloniale che occupa un terreno di proprietà altrui? Ma l'attenzione viene rivolta all’occupante sbagliato.

Dal VII secolo in poi, il Medio Oriente ed il Nord Africa sono stati conquistati con la forza e occupati dalle forze arabo-musulmane che ne hanno oppresso le popolazioni e saccheggiato le ricchezze. La cosiddetta “colpa” di Israele è quella di aver combattuto con successo contro gli occupanti arabi dopo 1.308 anni e aver ripristinato la propria indipendenza, impresa questa che solo un altro Paese, il Sudan del Sud, è stato in grado di realizzare in tempi moderni, ma ad un prezzo terribile: oltre due milioni di morti nel corso di una guerra per l’indipendenza dal dominio islamico, durata 40 anni.

L’Europa a quanto pare ha dimenticato quando i musulmani erano venuti a devastare, saccheggiare e imporre la loro fede. Riuscì però a cacciarli. La Francia sconfisse un poderoso esercito islamico nella battaglia di Poitiers nel 732, respingendo gli invasori fino alla Spagna e fermando così la loro avanzata verso l’Europa. La Spagna avrebbe avuto bisogno di altri otto secoli per raggiungere la sua Reconquista e riguadagnare la piena sovranità su tutto il suo territorio. La Sicilia ha gettato gli invasori in mare nell’ XI secolo, dopo 100 anni di occupazione. I musulmani ottomani furono sconfitti nel 1683 nella battaglia di Vienna. Un certo numero di Paesi dell’Europa Centrale e gli Stati dei Balcani soggiacquero sotto il dominio islamico ottomano per 350 anni, fino alla metà del XIX secolo.

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E’ sempre utile ripercorrere la storia e la realtà dei fatti per ricordare a noi stessi come e perché l’Islam abbia prevalso mentre tutti gli altri vecchi imperi siano scomparsi, e quali siano le disastrose conseguenze che ricadono sul mondo ancora oggi. I dominatori arabo-musulmani hanno calpestato antiche civiltà.
Con l’inizio della conquista e la loro espansione nel 640, hanno incontrato centri di cultura ben radicati, prodotti da civiltà antiche di secoli e persino millenni. Le popolazioni nella terra di Israele e in Mesopotamia (oggi Iraq e Siria) erano monoteiste, e vivevano sotto il dominio di Bisanzio o dell’impero sassanide, con forti influenze greche e romane.

Gli ebrei, con 3.000 anni di storia alle spalle, parlavano in ebraico, aramaico e greco; i cristiani, con un passato di “soli” 600 anni, erano i discendenti della civiltà assiro-babilonese e parlavano in aramaico e greco. Ebrei e cristiani rappresentavano quindi tradizioni culturali altamente sviluppate e vantavano istituzioni avanzate con istruzione superiore. In Persia, la dinastia sassanide perpetuò la religione e la civiltà zoroastriana antica di 2.000 anni. In Egitto, l’Islam ha combattuto per superare due importanti culture, quella dei faraoni e quella greca, così come la fede copta. In Nord Africa, l’Islam ha incontrato berberi, antichi popoli fenici, così come ebrei e cristiani che avevano sviluppato una fiorente agricoltura e avevano legami commerciali con Europa ed Africa.
Si dovrebbe dare particolare attenzione ai costanti attacchi nel corso dei secoli, alle popolazioni cristiane di lingua aramaica. In Medio Oriente, gli Assiri furono i primi ad adottare il cristianesimo già nel I secolo, anche se questa loro affermazione è contestata dai copti che sostengono anche loro di essere stati i primi. A poco a poco, la civiltà cristiana assira scomparve dal Medio Oriente.
Nel XIV secolo, l’arabo aveva completamente sostituito l’aramaico in Mesopotamia, in parte nell’attuale Turchia e persino nell’ex impero persiano, in cui l’aramaico era diventato familiare agli ebrei durante il loro esilio babilonese nel VI secolo a.C. Il Talmud babilonese è stato in parte scritto in aramaico.

La persecuzione dei cristiani, anche in tempi moderni, non ha mai conosciuto tregua. Durante la Prima Guerra Mondiale, i turchi ottomani massacrarono più di un milione di armeni cristiani, e uccisero trecentomila cristiani assiri. Nel 1930 ci fu un altro massacro nel Nord dell’Iraq, dove decine di migliaia di cristiani assiri vennero uccisi prima che la Gran Bretagna riuscisse a fermare la strage.
Sono rimasti in pochi a parlare l’aramaico in Medio Oriente, probabilmente non più di mezzo milione, vivono in Iraq e nella Siria meridionale. Un altro milione si è stabilito negli Stati Uniti. In Israele, dove vive una piccola comunità di circa 1.500 persone che parla aramaico, si sono fatti grandi sforzi per promuovere la rinascita della sua antica lingua.

Gli imperi pagani, come quelli di Assiria, Babilonia, Grecia e Roma, avevano scatenato le guerre per dimostrare il loro potere, affermare il predominio e accumulare ricchezza. Non fu così per l’Islam: il suo scopo dichiarato era, come lo è tuttora, imporre la religione di Maometto sul mondo, e convertire gli infedeli con la persuasione o la forza e far loro giurare fedeltà ad Allah. Mentre gli antichi imperi scomparivano, l’Islam ha imposto la propria fede sui popoli conquistati, trasformandoli in credenti, cambiando anche la loro cultura. Con il tempo, la lingua araba ha sostituito molte delle lingue del mondo antico, ed è così, con la coercizione, che è nato un nuovo mondo arabo musulmano.
I vasti territori conquistati da eserciti islamici in Asia, Medio Oriente, Nord Africa e Spagna, vennero lentamente trasformati in centri religiosi e culturali con la volontà di essere uniti in un unico grande califfato islamico, come era stato predicato dal profeta Maometto: tutti i musulmani sarebbero stati fratelli.

Non è mai successo. C’erano incessanti combattimenti tra governanti islamici, califfati concorrenti si stabilirono a Damasco, Bagdad, al Cairo, in Nord Africa e in Spagna. Non c'è mai stato un Califfato in grado di unire tutti i popoli, permesso loro di svilupparsi e progredire, offrendo parità di genere e diritti umani fondamentali, permettendo di vivere la propria vita secondo le loro religioni e tradizioni. Al contrario, l’Islam, presentato oggi dai fedeli e da molti studiosi occidentali come una religione di pace, sta sostenendo la sua superiorità sulle altre religioni, e, in conformità alla shari'a, si vuole imporre con la forza, come continua a fare anche oggi.

Vi è discriminazione nei confronti delle minoranze non arabe in tutto il mondo, anche verso gli arabi cristiani. In Arabia Saudita, custode delle due città sante dell’Islam, Mecca e Medina, è vietato costruire chiese o sinagoghe. Gli stranieri non musulmani non possono diventare cittadini ed a loro è proibito entrare alla Mecca. In breve, si tratta di una civiltà fallita che ha portato solo violenza e mancanza di progresso nei territori occupati con la forza.
Per secoli, gli ebrei sono stati in balìa dei loro governanti islamici che concedevano una sorta di protezione, purché pagassero una tassa speciale e si sottoponessero a normative umilianti. Guai all’ Ebreo che entrava in conflitto con un musulmano, dato che i tribunali, contro gli infedeli, si pronunciavano sempre a favore del musulmano.

Nel XX secolo, subito dopo la Prima Guerra Mondiale, il risveglio dei popoli colonizzati e oppressi si diffuse nell’Impero Ottomano. Le conseguenze sono state la formazione, attraverso l’accordo Sykes-Picot, degli Stati-nazione arabi come la Siria, l’Iraq, il Libano, la Giordania e uno Stato ebraico, Israele. La maggior parte di questi Stati implose o si sciolse sotto la pressione di conflitti intestini arabo-islamici che risalgono agli albori dell’Islam e alle tradizioni tribali arabe. Alle minoranze nazionali e religiose nella regione araba non sono state date indipendenza o autonomia. Stanno ancora cercando di rovesciare i loro occupanti arabo-musulmani.

Tra loro i principali sono i curdi. Non sono arabi, ma originari della zona. Conquistati e con la forza islamizzati, erano disposti ad allearsi con i loro nuovi governanti. Salah al-Din, Saladino, il leggendario guerriero che sconfisse i crociati e “che aveva liberato Gerusalemme” era un curdo.
Eppure hanno sempre rifiutato a rinunciare alla loro identità, lingua e usanze. Oggi sono un popolo di 30/40 milioni, sparsi tra quattro Paesi: Iran, Siria, Iraq e Turchia. Essi hanno a lungo combattuto per la loro indipendenza, o almeno un’ampia autonomia. In effetti, una zona autonoma curda destinata a proteggere i curdi da Saddam Hussein, è stata creata nel Nord dell’Iraq con l’aiuto della coalizione alleata, a seguito della Prima Guerra del Golfo.
Saddam aveva condotto una pesante politica di arabizzazione forzata contro di loro, deportando decine di migliaia di contadini in altre aree, per sostituirli con altri di etnia araba, eliminando e anche con i gas un certo numero di villaggi. Quella zona curda nel 2011 ha proclamato il suo diritto all’indipendenza, ma non è stato riconosciuto da altri Paesi.
In Siria, la guerra civile ha reso possibile per i curdi di istituire diverse zone semi-autonome. Recentemente, la Turchia è penetrata nel Nord-Ovest della Siria con il pretesto di combattere il Daesh, ma ne approfitta per espellere i curdi siriani, dichiarando che non potrà mai consentire l’installazione di una zona curda lungo il suo confine. La ribellione curda in Turchia, attiva da lungo tempo, guidata dal PKK - Partito Curdo dei Lavoratori – ha provocato decine di migliaia di vittime da entrambe le parti. C’è un partito curdo legale, autorizzato da Ankara, che tuttavia si rifiuta di discutere la concessione di un’autonomia- non si parla di indipendenza-alla sua significativa minoranza curda.
In Iran, il partito democratico curdo ha combattuto a lungo e duramente per l’indipendenza negli anni 1970 e ‘80, ma è stato decimato da una selvaggia repressione. Decine di migliaia di morti, hanno lasciato una comunità spaventata e indebolita che non vuole più combattere. Rimane un piccolo movimento curdo che lancia ancora azioni di guerriglia contro il regime.

Gli Ayatollah, al potere in Iran con il pugno di ferro, non vogliono sentire parlare neanche di autonomia limitata. I media mondiali hanno in gran parte ignorato la difficile situazione dei curdi in Iran. I popoli indigeni del Nord Africa, spregiativamente chiamati barbari o berberi da Greci e Romani perché non parlavano né greco né latino, sono stati forzatamente islamizzati dalla conquista araba, ma hanno mantenuto la loro identità e la loro lingua nel corso dei secoli. Anche loro hanno combattuto al fianco dei loro conquistatori, e berberi che si erano convertiti all’Islam fondarono le dinastie Almoravidi e Almoadi, che hanno aderito a una linea rigorosa dell’Islam e sono stati tra i governanti della Spagna. Oggi, ci sono circa 38 milioni i berberi sparsi tra Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, Mauritania, Niger, Mali e Burkina Faso. La loro lingua e cultura non sono mai state riconosciute dai regimi arabi del Nord Africa, che in gran parte li opprimevano.
Di recente hanno lanciato una campagna per promuovere la loro indipendenza o acquisire uno status autonomo, hanno creato istituzioni comuni, come il Congresso Mondiale Amazigh (Amazigh è il nome della loro lingua) fondato in Francia nel 1995, e l’Unione dei Popoli Nordafricani, stabilita nel 2011 a Tangeri, quando la cosiddetta primavera araba è esplosa in tutto il Medio Oriente e Nord Africa.

In Algeria, i berberi costituiscono il 33% della popolazione, e si trovano per lo più nella regione di Kabylie, nel Nord Est del Paese. Oppressi per secoli, hanno istituito un governo in esilio a Parigi nel 2010. Ma i media occidentali -nuovamente -sono rimasti muti. Anche se la modificata Costituzione algerina ha riconosciuto la lingua Amazigh dei berberi nel febbraio del 2006, non ha portato cambiamenti concreti, e l’oppressione è continuata senza sosta.
In Marocco vivono circa 20 milioni di berberi, un impressionante 60% della popolazione. Anche in questo caso, a seguito della primavera araba, Mohammed VI ha concesso il riconoscimento alla loro lingua e ha dato la sua approvazione ad una costituzione più liberale, al fine di allentare la tensione sociale nel paese e di evitare il destino dei leader di Egitto, Tunisia e Libia .

In Libia, la minoranza berbera costituisce il 12 per cento della popolazione. Anche se era in prima linea nella battaglia per rovesciare Muammar Gheddafi, non ha ricevuto alcun riconoscimento nel nuovo governo, per cui chiederà un certo grado di autonomia culturale, se e quando la situazione nel Paese sarà di nuovo stabile. Il fatto che i berberi vivano in tanti Paesi diversi, senza contiguità territoriale, rende difficile per loro intraprendere una campagna unitaria contro i loro governanti arabi. Ciò che curdi e berberi hanno in comune è l'essere entrambi indigeni, delle popolazioni non-arabe; essere stati islamizzati con la violenza; e aver partecipato con i loro nuovi governanti in conquiste combattute in nome dell'Islam.
Eppure, non sono mai stati trattati da pari a pari dagli arabi, che si vantano del loro profeta e dell’apparizione divina del Corano in arabo, guardando dall’alto in basso quelli che si sono convertiti alla loro religione, ma sono rimasti “stranieri”.

I copti, popolazione indigena dell’Egitto, si sono convertiti al cristianesimo nel I secolo, e ostinatamente si sono rifiutati di abbandonare la loro fede lungo i 1.400 anni di occupazione e repressione arabo-islamica. La Chiesa copta è ortodossa, autonoma e indipendente, ed è guidata da un Pope. Oggi, i copti costituiscono il 10% della popolazione egiziana. Non chiedono autonomia e si sentono parte integrante del Paese, ma vorrebbero essere trattati alla pari degli altri.
Non è accadrà presto. Il primo articolo della Costituzione del 2014 , stabilisce che l’Egitto fa parte delle nazioni arabe e musulmane. Nell’articolo 2, l’Islam è la religione di Stato e la shari'a è la fonte primaria della legislazione. L’articolo 3 riconosce il diritto di copti ed ebrei ad amministrare affari personali e religiosi secondo la loro fede, ma l’Islam e il nazionalismo arabo dominano l’Egitto, e i copti non godono di pari diritti.
Gli ebrei, che una volta erano parte vibrante della vita economica e culturale del Paese, sono stati forzatamente allontanati, e quelli che sono rimasti si contano sulle dita di una mano.

In altre parole, il Medio Oriente e il Nord Africa sono ancora sotto continua, repressiva, illegittima e ingiusta occupazione arabo-islamica, e nessuno in Occidente è pronto per affrontare la questione. Tutte quelle popolazioni si sono evolute nel substrato di quella che è nota come civiltà arabo-musulmana. C'era stata quella che oggi viene ricordata come l’ “età dell'oro dell’Islam” dall’ VIII al XII secolo, in sostanza, tra il X e l’ XI secolo, durante il regno di Harun al-Rashid a Bagdad e di Abd ar-Rahman III a Cordoba.
A quel tempo, fu creata la famosa Casa della Sapienza a Bagdad, e fiorirono gli studi di filosofia, matematica e medicina. Gli arabi hanno importato il sistema decimale dall’India, appreso dai cinesi il segreto per produrre la carta, e soprattutto grazie ai cristiani d’Oriente la traduzione dal latino in arabo degli scritti dei filosofi greci.
Tuttavia, nonostante questo eccezionale contributo, la civiltà è rimasta ferma, in ritardo. La shari'a ha superato la fase dello sviluppo. L’Occidente, nel frattempo, aveva avuto l'illuminismo, l’industrializzazione e i regimi democratici.

Oggi, Daesh - il sedicente Stato islamico – si è assunto il ruolo di eliminare le ultime minoranze superstiti, concentrandosi sui resti pietosi del cristianesimo assiro e sugli yazidi (seguaci di una religione liberamente tratta dagli insegnamenti di Zarathustra) nel Nord dell’Iraq. Il suo obiettivo èdistruggere sistematicamente tutti i restanti monumenti e le vestigia che testimoniano il passato glorioso di culture distrutte dall’Islam - chiese, antichi cimiteri e monumenti come Palmyra. Attualmente, la conquista araba e l’islamizzazione non vengono insegnate in Occidente, e nessuna ricerca è in corso dal momento che potrebbe portare ad alcune conclusioni sgradite che contraddirebbero le tendenze prevalenti nei circoli accademici e nei media.

La cultura occidentale ha adottato l'approccio "post-postmoderno" sulla base della correttezza politica e del multiculturalismo. Questi sono gli strumenti usati dai maggiori studiosi e dai media internazionali per affrontare l’Islam ed i problemi che pone con milioni di migranti musulmani che arrivano in Europa e con la crescente ondata di attacchi terroristici islamici. Essi ignorano deliberatamente la realtà storica e i principi fondamentali dell’Islam come religione. Tale ignoranza ostinata può solo indebolire i regimi democratici, che così diventano sempre più incapaci a combattere l’Islam militante e la sua intolleranza religiosa, incluso il palese antisemitismo, che aspira ad imporre il suo dominio sul mondo intero.

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È interessante notare che il mondo occidentale, e più in particolare gli europei, vedono nell’Islam una delle tre religioni monoteiste radicate nella Bibbia, le altre due sono l’ebraismo e il cristianesimo. Essi credono, o fingono di credere, che cercando pazientemente di smussare gli elementi più radicali dell’Islam, sia possibile raggiungere un’intesa che porterà alla coesistenza pacifica. Non si rendono conto che ci sono alcuni ostacoli insormontabili a causa della natura stessa dell’Islam. Ci sono differenze teologiche fondamentali tra islam e cristianesimo. Il principio stesso della Trinità, che sta al centro del cristianesimo, è ripugnante per l'Islam, dove l’unicità di Allah non può essere contestata, e la semplice aggiunta di un altro elemento equivarrebbe a una bestemmia e sarebbe punibile con la morte.

Per quanto riguarda l’ebraismo, l’islam in principio era una religione biblica, e un terzo dei versetti del Corano non dissimili da quelli ebraici. La direzione della preghiera - Kibla in arabo - per i primi fedeli era Gerusalemme. Ma dal momento che gli ebrei - e i cristiani - della Penisola araba hanno rifiutato di riconoscerlo come un profeta che viene dopo Mosè e Gesù e li sostituisce entrambi, Maometto si allontanò sempre di più dalle Scritture. Ha cambiato la direzione della preghiera alla Mecca, e ha detto ai suoi fedeli che non era Isacco che Abramo stava per sacrificare sul monte Moriah, ma Ismaele, il figlio di Agar, sua concubina. Egli ha anche proclamato che Adamo e Noè erano stati entrambi i precursori dell’Islam, allo scopo di allontanare l’islam dall’alleanza tra Dio e il popolo d’Israele, e in seguito da Gesù come il Messia cristiano.

L’ Islam divenne così una religione separata e molto diversa, quindi non c’è alcuna base per un dialogo positivo con cristianesimo ed ebraismo che porti ad una qualche forma di comprensione. L’Europa non può o non vuole affrontare la verità storica sulla conquista e l’occupazione arabo-musulmana del Medio Oriente, e le terribili conseguenze per i popoli della regione.
Israele non può permettersi questo lusso. E’ stato costretto a combattere per sopravvivere, e i suoi sforzi sono stati coronati da successo. Una piccola comunità di 650.000 uomini, donne e bambini, ha sconfitto gli eserciti di cinque stati arabi che avevano invaso il suo territorio al fine di distruggere lo Stato nascente nel maggio del 1948. Questo è stato un colpo devastante per gli arabi, che erano abituati al comando indiscusso dell’Islam in tutto il Medio Oriente e all’inferiorità degli ebrei che vivevano come cittadini di seconda classe. Ebrei che si erano stabiliti da secoli nei Paesi arabi sono stati espulsi “per rappresaglia”, e quasi un milione di loro furono esiliati e derubati dei loro beni.
Stranamente, non vi fu alcuna indignazione e nessun clamore in Occidente. Il mondo arabo non poteva accettare la sua sconfitta e ancora si rifiuta di riconoscere Israele come lo Stato del popolo ebraico, mostrando la sua ostilità attraverso una campagna diplomatica incessante, i boicottaggi, e sostenendo attacchi terroristici costanti contro i suoi cittadini. Quello che più ancora irrita la mente araba, nonostante tutte le guerre, è che lo Stato ebraico è stato trasformato nel giro di poche decine di anni in un Paese prospero e di successo, leader mondiale nei settori dell’agricoltura, dell’industria e dell’hi-tech.
E’ stato in risposta all’attacco improvviso e ingiustificato da parte delle forze giordane su Gerusalemme occidentale nel 1967, che Israele ha conquistato la Giudea, Samaria e la Striscia di Gaza.

Dal momento che il mondo arabo rifiutò più volte di accettare una soluzione globale, Israele, che ha restituito la Penisola del Sinai all’Egitto a seguito dell’Accordo di Pace del 1979 e successivamente, ha fatto la pace con la Giordania e evacuato tutta la Striscia di Gaza, si vede come il custode dei territori, fino al momento in cui la vera pace potrà essere raggiunta.
Perché lo Stato ebraico dovrebbe piegarsi alla pretesa araba che l’intero Medio Oriente deve essere governato da arabi? Che cosa succede se il Califfo Omar ha dichiarato che una terra, una volta conquistata dalle armate dell’Islam, deve essere per sempre parte del mondo islamico? E se questo pensiero viene ripreso dai Fratelli Musulmani e assecondato da militanti di gruppi terroristici islamici come Al-Qaeda e Daesh?
L’Europa ha apparentemente dimenticato che si riferiscono anche a Cipro, Spagna, Sicilia e il Sud della Francia. Gli ebrei non si sono mai inchinati alla conquista araba e mai rinunciarono alla terra di Israele, che è rimasta la stella polare delle loro aspirazioni culturali e religiose. La letteratura religiosa e laica erano legate alla terra di Israele. La parola Gheula - salvezza o liberazione – ha sempre significato il ritorno in Israele, e quella speranza ha sostenuto il popolo ebraico e preservato la sua identità.
Alcuni ebrei messianici come il Dom Joseph Nasi e Shabtai Zvi hanno anche fatto tentativi impossibili al ritorno nella terra dei loro antenati, tutti falliti perché erano irrealistici al momento, gli ebrei erano una minoranza perseguitata, senza alcun sostegno politico e nessuna forza militare. Eppure, c’è sempre stata una presenza ebraica nella terra di Israele, che non è mai sparita anche dopo la conquista araba del 640, che ha assestato un duro colpo per la comunità ebraica, che contava allora mezzo milione di persone. Alcuni si convertirono all’Islam, altri sono stati uccisi o sono fuggiti, ma fino alla metà del XVIII secolo ci fu una presenza ebraica sostanziale in molti villaggi della Galilea, così come a Safed, Tiberiade, Gerusalemme e Jaffa.
Viaggiatori ebrei e cristiani attestano il fatto nei loro resoconti. Ricercatori ebrei hanno trovato la prova evidente della continua presenza ebraica negli archivi dell’impero ottomano, dove ci sono rapporti dettagliati delle imposte pagate in base alla appartenenza religiosa dei contribuenti.
Nella seconda metà del XVIII secolo, gli ebrei in Galilea di fronte a vessazioni incessanti e pogrom da parte dei loro vicini arabi, non potevano più resistere e hanno dovuto andarsene. Quando lo Stato di Israele è nato, solo poche famiglie ebree sono state lasciate nella città di Peki’in. Tuttavia, si possono ancora vedere in villaggi arabi una stella di David o una menorah sul telaio di una porta o su un tetto, sinagoghe in rovina, e cimiteri ebraici. Molti, se non la maggior parte, dei villaggi arabi della Galilea erano villaggi ebraici la cui popolazione era stata cacciata per fare spazio agli arabi.

Arrabe, Sakhnin, Bir'am, Mrar, Achbra, Sepphoris, Kafr Kana, Nazareth e molti altre, sono state tutte città ebraiche menzionate nella Bibbia o nel Talmud, e qualcuna compare anche nel Nuovo Testamento. Lo storico ebreo Giuseppe Flavio cita per nome 200 villaggi ebraici in Galilea. Questi fatti incontrovertibili sono trascurati per opportunismo dai membri arabi della Knesset e dai loro sostenitori, che ridicolmente affermano che gli ebrei non hanno niente a che fare con la Palestina, “ che era araba sin dalla notte dei tempi”. Eppure le famiglie di questi membri della Knesset si stabilirono qui un secolo o due fa. Infatti Palestina non è una parola araba, e non vi è alcuna connotazione araba a tale Paese. Il termine è stato coniato dallo storico greco Erodoto nel V secolo a.C. per descrivere una parte di Israele che a quel tempo era popolata dai Filistei, membri di alcune tribù greche che si erano stabiliti lì nel secondo millennio a.C. e che vissero lungo la zona costiera fino a quando non furono allontanati o scelsero di andarsene.
L’Imperatore Adriano, dopo aver sconfitto la rivolta di Bar Kokhba nel 132 d.C. e aver ucciso in Giudea circa 1,5 milioni di ebrei, decise di cancellare il nome di Giudea per sempre e scelse di riesumare la denominazione greca. Da allora in poi, per descrivere la terra di Israele - Eretz Israel – venne usato il nome Palestina, forse perché era più facile da pronunciare, ma di certo non esiste alcun riferimento ad un’ entità araba. Infatti gli europei antisemiti nel tardo XIX secolo e nei primi anni del XX erano soliti dire agli ebrei, “Tornatevene al vostro Paese, in Palestina”.

Non è mai esistita un’entità arabo-palestinese; la Palestina non è menzionata nel Corano, perché era conosciuta come ebrea. Gli arabi sono arrivati come conquistatori ma non hanno mai pensato di fondarvi uno Stato; non si erano mai fermati per viverci numerosi, fino a quando, nella seconda metà del XIX secolo, il movimento sionista vi aveva portato il progresso e lo sviluppo, e si era creata la necessità di avere più manodopera. Decine di migliaia di arabi dal Maghreb, dall’Egitto, dalla Penisola Araba e dalla Siria, giunsero in cerca di lavoro nella terra di Israele, ancora chiamata Palestina. Questi sono i fatti circa la storia inesistente di un cosiddetto popolo palestinese, ed erano ben noti e non contestati fino alla Guerra dei Sei Giorni, quando improvvisamente gli arabi cominciarono a farsi chiamare Palestinesi con “diritti storici alla terra”.
In un primo momento non si diede peso, ma successivamente la propaganda araba decise che sarebbe potuta essere un’arma eccellente e l’adottò. Poco per volta la sinistra liberale israeliana finì per accettare questa definizione, nella convinzione che avrebbe incoraggiato gli arabi a fare la pace. Ci si accorse poi che era stato un errore madornale che ha contribuito a distorcere la situazione.
I leader arabi ora evocano con accenti lirici una presenza araba “che ebbe inizio 5000 anni fa” e che non lascia spazio ad alcuna pretesa ebraica.

Per qualche ragione, ci sono degli europei che si lasciano andare a quella fantasia, dimenticando la Bibbia e la storia del mondo, convinti che Israele abbia conquistato vaste distese di terreno di uno - del tutto immaginario - Stato arabo palestinese, appartenente all’altrettanto immaginario, antico popolo palestinese.
A quanto pare, nessuno vuole ricordare che c’è un conflitto arabo-israeliano nato dalla conquista islamica e dal nazionalismo arabo, e tutti negano ogni legittimità allo Stato ebraico nella terra di Israele.

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E’ inutile dire che questo non lascia spazio ad alcuna soluzione, come si può vedere da un’analisi dei 100 anni che seguirono la Dichiarazione Balfour del 1917. Invano Israele ha proposto un compromesso dopo l’altro: sono stati tutti respinti, e gli arabi non hanno mai fatto una controproposta, dato che avrebbe potuto voler dire di accettare che Israele è qui per rimanere. Eppure occorrerebbe solo rileggere i libri di storia per capire che la conquista arabo-islamica e l’occupazione del Medio Oriente e del Nord Africa hanno portato alla distruzione totale senza offrire alcuna speranza, e che alla radice del problema non c’è Israele.
Purtroppo, l’Europa non è interessata alla verità storica, ma continua all’infinito il suo mantra contro Israele, isolando ed indebolendo lo Stato ebraico, che deve affrontare il mondo arabo-islamico determinato a distruggerlo.
L’Europa conferisce agli arabi quella legittimità che nega ad Israele, e non capisce che così facendo si perpetua il conflitto, e che alla fine mette a repentaglio la propria stessa esistenza.

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Zvi Mazel è stato ambasciatore in Svezia dal 20012 al 2004. Dal 1989 al 1992 è stato ambasciatore d’Israele in Romania e dal 1996 al 2001 in Egitto. È stato anche al Ministero degli Esteri israeliano vice Direttore Generale per gli Affari Africani e Direttore della Divisione Est Europea e Capo del Dipartimento Nord Africano e Egiziano. Collabora a Informazione Corretta.

 


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