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Zvi Mazel/Michelle Mazel
Diplomazia/Europa e medioriente
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Verso un nuovo Egitto ? 29/11/2013

Verso un nuovo Egitto ?
Analisi di Zvi Mazel

(Traduzione di Angelo Pezzana)

http://www.jpost.com/Middle-East/Egypt-A-new-beginning-333283  

In Egitto si sta creando un nuovo tipo di regime, con una nuova costituzione che renderà il paese più democratico. In una lunga intervista sul quotidiano Al Ahram online del 23 novembre, Mohammed Salmawy – portavoce del comitato formato da 50 membri incaricati di redigere il testo definitivo- ha dichiarato: “Il preambolo, parte integrante della costituzione, ne spiega la filosofia e sottolinea gli obiettivi delle rivoluzioni del 25 gennaio (caduta di Mubarak)e del 30 giugno (deposizione di Morsi), definiscono la giustizia sociale, l’indipendenza nazionale, la libertà e i diritti e la separazione della religione dalla politica”. In breve, una costituzione per un Egitto civile, democratico, moderno.

Questo produrrà un cambiamento epocale nelle relazioni fra stato e religione nel più grande Stato arabo. Il Partito salafita ultra-religioso “Al Nour” si è posto immediatamente all’ opposizione.  La stesura finale è prevista per il 3 dicembre. In ogni caso, anche se la costituzione verrà ratificata da un referendum, l’Egitto non ritornerà al passato islamista, che ne ha rappresentato la base culturale degli ultimi 1400 anni. Abdel Al Sisi, l’uomo forte dell’Egitto, è conosciuto per essere un musulmano conservatore aperto ai valori democratici; con ogni probabilità farà in modo che la nuova costituzione rappresenti un compromesso accettabile a quella parte significativa di egiziani che sono favorevoli alla shari’a.

Procede intanto il governo ad interim, secondo le regole imposte da Al Sisi quando trasferì il potere in mani laiche pochi giorni dopo l’arresto di Morsi e la messa fuorilegge dei Fratelli Musulmani, il cui breve regno è tramontato, come si può leggere nel preambolo, la rivoluzione che li ha rovesciati li ha uniti alla fine dell’era Mubarak. Se il referendum che si terrà a fine dicembre/gennaio approva la costituzione, la loro sorte è segnata. I Fratelli devono ora accettare il fatto che hanno perduto il potere guadagnato democraticamente dopo 80 anni di lotte clandestine e non. Non possono rassegnarsi nel vedere che non potrà più diventare realtà il loro sogno di un Egitto governato dalla shari’a. Hanno ancora il sostegno dei movimenti della Fratellanza nel mondo e anche in Occidente e possono ancora battersi per riportare Morsi alla presidenza, adducendo che era stato eletto legalmente, ma nessuno, tranne la Turchia, li degna di attenzione. Persino l’America, che ha sospeso una parte degli aiuti militari all’Egitto a dimostrazione del suo disaccordo, sta tornando sui suoi passi, con il Segretario di Stato Kerry che afferma che la rivoluzione era stata “rubata” dalla Fratellanza. Certo, i Fratelli e i loro sostenitori sono ancora una forza con cui fare i conti, possono ancora dimostrare per le strade, ma sono sempre meno. Ciò che possono fare è promuove attacchi, in modo diretto o indiretto, scatenare estremisti islamici a commettere attentati terroristici nella Penisola del Sinai oppure anche nel Paese stesso per fomentare ostilità e ostacolare la ripresa economica, ma l’esercito sta poco per volta riprendendo il sopravvento. Ciò che non possono fare è fermare il nuovo regime, che gode di enorme popolarità, è sostenuto dai media e sta imponendo la propria autorevolezza. In base ai programmi, le elezioni parlamentari e del presidente si terranno entro quattro mesi dalla approvazione della costituzione.


Gen. Al Sisi

Al Sisi, ministro della difesa e vice primo ministro, si sta dimostrando un forte leader, determinato nello sviluppo del proprio programma, senza lasciarsi influenzare da “coloro che vorrebbero fare danni all’Egitto”. In tutti i suoi discorsi sottolinea di voler proteggere l’indipendenza del paese nel voler creare un regime democratico e libero da estremismi religiosi. Ai media stranieri dice di voler salvaguardare le relazioni tra Egitto e Stati Uniti e di non capire perché Washington ha voltato le spalle a un paese che è stato alleato fedele per decenni. Allo stesso tempo non teme di far fronte alle pressioni americane, o reagire con decisione alla Turchia che sostiene la Fratellanza. Apre poi il dialogo con la Russia, ospitando al Cairo i ministri della difesa e degli esteri, affermando anche che l’Egitto sta valutando l’acquisto di armi dalla Russia e potrebbe andare avanti con il progetto nucleare, il tutto con la Russia che si dichiara pronta a collaborare. Nello stesso tempo il ministro degli esteri Nabil Fahmy, dichiara a più riprese che l’Egitto vuole legami ancora più stretti con l’Occidente. Dopo tutto, nel loro desiderio di costruire un paese moderno e democratico, gli egiziani sono i naturali alleati dell’Occidente; hanno bisogno di tecnologia occidentale e di investimenti stranieri per sviluppare la loro debole economia. 

I prossimi mesi saranno decisivi. Ci sono tre test elettorali: la ratifica della costituzione, le elezioni del Parlamento e del presidente. Sono pronti i partiti politici ? I partiti laici e quelli non islamici troveranno un terreno comune e si presenteranno uniti contro gli islamisti, i quali probabilmente otterranno il 25% dei voti ? E’ opinione che i tre partiti non islamici più importanti – liberali, nasseriani, la sinistra- stiano valutando l’ipotesi di allearsi in un’unica lista, ma nulla, per ora, è stato deciso. Le organizzazioni giovanili, che erano funzionali in entrambe le rivoluzioni - il movimento “6 Aprile” e “Tamarod” -  non si sono ancora pronunciati, in attesa di vedere come si comporterà Al Sisi. Deciderà di entrare in campo e correre per la presidenza o sosterrà un altro candidto ? Stando alle sue recenti interviste se ne deduce che non abbia ancora deciso. Probabilmente teme che se si candida la gente possa temere che voglia ripristinare una dittatura militare, ma è probabile che verrà eletto grazie alla sua enorme popolarità. Ma c’è un problema legato alla sicurezza.  Alcuni attentati terroristici spettacolari ostacolerebbero il momento elettorale, obbligando il regime a restaurare lo stato di emergenza.

Ciò detto, l’ultimo test per il regime sarà l’economia. Per il momento il governo ha deciso di non ridurre le sovvenzioni garantite ai prodotti di base, grazie  ai generosi finanziamenti ricevuti da Arabia Saudita, Emirati e Kuweit. I ministri sono coscienti del fatto che questa situazione è temporanea e che riforme dolorose sono indispensabili per rendere l’economia efficiente per ricucire i rapporti con le istituzioni finanziarie internazionali.

Mentre l’Egitto sta lottando nella sua ricerca di libertà e più democrazia, l’Occidente lo tratta ancora con sospetto invece che appoggiarne il cambiamento. L’Egitto avrà bisogno di forza e determinazione per procedere nel rinnovamento, in un periodo in cui i Paesi arabi stanno implodendo e l’Islam radicale si sta affermando, con l’appoggio di Al Qaeda e dell’Iran. Si può solo sperare che i nuovi leader egiziani continuino su questa via, e che l’Occidente capisca finalmente quali sono i suoi interessi.

Zvi Mazel è stato ambasciatore in Egitto, Romania e Svezia. Fa parte del Jerusalem Center fo Public Affairs. Collabora con Informazione Corretta


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