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Zvi Mazel/Michelle Mazel
Diplomazia/Europa e medioriente
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Un Piano Marshall per l’Egitto 02/09/2013

Un Piano Marshall per l’Egitto
Analisi di Zvi Mazel

(Traduzione di Angelo Pezzana)

http://www.jpost.com/Opinion/Op-Ed-Contributors/Wanted-A-Marshall-Plan-for-Egypt-324983


Abdel Fatah al Sisi

Sebbene le dimostrazioni continuino, anche se in misura minore, l’Ufficio Centrale di Statistica egiziano ha rilasciato il 31 agosto i dati ufficiali in base ai quali la popolazione ha raggiunto gli 85 milioni. Non sono inclusi gli 8 milioni che vivono all’estero, esattamente un milione in più di quelli dichiarati sei mesi fa. 800.000 nuovi egiziani che si aggiungono alla forza lavoro ogni anno. Malgrado l’indice di natalità sia sceso in maniera significativa del 2.4%, le previsioni dicono che l’Egitto raggiungerà i 100 milioni nel 2020. L’Onu ha certificato che il 40/50% della popolazione vive con meno di 2 dollari al giorno, e che il 30% sono analfabeti. Gli sforzi che occorrono per quanto riguarda il bisogno alimentare e portare il paese ad uno sviluppo economico sono imponenti, ma nulla può essere fatto senza il ritorno ad una accettabile stabilità politica. Il governo ad interim fa del suo meglio per riportare l’ordine, secondo le linee guida del generale Sisi e il decreto presidenziale emesso da Adly Mansour, ma le nuove istituzioni civili potranno entrare in vigore non prima di nove mesi. Una nuova versione della Costituzione sarà sottoposta a referendum, seguiranno poi le elezioni parlamentari e del presidente. Il generale Sisi conferma la sua volontà di trasferire i suoi poteri alle prossime autorità civili, anche se qualcuno lo paragona a un nuovo Nasser. Ma è difficile credere che un popolo che si è liberato di due dittatori in un paio d’anni lo permetterà. Sisi gode di appoggio popolare fintanto che manterrà la parola data, ridare il potere ai civili. Non sarà un compito facile. Prima deve sconfiggere una volta per tutte i Fratelli Musulmani e fermare la violenza. Dovrà poi sovrintendere alla stesura di una costituzione che rappresenti tutte le forze politiche e che non permetta il rientro dei partiti islamici. Riusciranno i partiti non islamici a costituire un fronte liberal-democratico che raggiunga almeno il 40% degli elettori, e formare una coalizione di governo ? E dato che è in vigore un sistema presidenziale, ci sarà un candidato accettabile per tutti ? Domande senza risposte, per ora.


Fratelli Musulmani


La Fratellanza combatte senza un timoniere, essendo i capi in prigione o in fuga. Ci sono ancora disordini sporadici e dimostrazioni, ma sempre meno. Circolano voci di incontri tra il regime e i Fratelli Musulmani, anche se per ora Sisi nega loro un qualsiasi ruolo. La Fratellanza deve ammettere la sconfitta e cercare di riorganizzarsi.E’la fine dell’islam politico ? Non è sicuro. Resta da vedere come i partiti islamici, Fratellanza, Salafiti e Gamaa al Islamiyya, si comporteranno contro i partiti non islamici anche se non negano che l’Egitto sia un paese islamico e che la Shari’a è la fonte principale della legge islamica,ma nello stesso tempo chiedono che tutti i cittadini godano di diritti civili e libertà. I rappresentanti del partito salafita El Nour chiedono di potersi esprimere nella redazione della nuova costituzione, e la Fratellanza, ancora barcollante a causa delle sconfitte, potrebbe rimettersi in gioco. Le forze liberali e democratiche devono ancora riuscire a fondersi in un partito presentabile che ottenga il 30/40% dei voti. Il Fronte di Salvezza Nazionale che riuniva gli oppositori a Morsi si è disintegrato dopo la fuga di Mohammed El Baradei,uno dei suoi vari leader, che era stato nominato vice-presidente, dimessosi improvvisamente per protestare contro la repressione di Sisi, lasciando il partito Destour allo sbando. E’in arrivo una nuova forza “Corrente Libera”, fondata lo scorso dicembre, ma non affermatasi a livello nazionale, né ha prodotto finora dei potenziali candidati presidenziali. In altre parole, la crisi non è ancora superata. Quel che succederà dopo dipende in larga parte dall’ economia.
L’Egitto contava sul turismo, il traffico nel Canale di Suez e le esportazioni di gas e petrolio, più alcuni prodotti chimici e agricoli, inclusi cotone e derivati. Il turismo è crollato, le riserve di petrolio sono alla fine,mentre il paese non è in grado di sfruttare le sue vaste riserve di gas. Gli sforzi di Mubarak di modernizzare le industrie del paese ottennero pochi risultati, in parte per la burocrazia e la corruzione. Oggi il governo ad interim lavora soprattutto per riportare l’ordine dopo la rivoluzione. I negozi sono aperti, non ci sono più le code davanti ai distributori di benzina né interruzioni di corrente. La scorsa settimana è stato lanciato un programma ambizioso per il rilancio dell’economia. Non verranno introdotte nuove tasse e non verranno tagliati i sussidi. Grazie all’aiuto generoso di Arabia Saudita, Kuweit ed Emirati che hanno immesso 12 miliardi di dollari nelle casse dell’Egitto, il governo potrà avere disponibile 1.4 miliardi di dollari per le banche che verranno così in aiuto alle aziende colpite dalla crisi e incoraggiarne l’apertura di nuove. Riprenderà la produzione di gas e si metterà mano alle infrastrutture, e verrà fatto ogni sforzo per richiamare i turisti.  Un programma di emergenza per rimettere il paese sui binari giusti e far tornare la fiducia nei propri leader. Le riforme fondamentali, quali la cancellazione dei sussidi, il lancio di un programma ambizioso di privatizzazioni e tecnologie moderne richiederanno enormi investimenti che l’Egitto non possiede. Ma la stabilità politica ed economica non potrà essere raggiunta altrimenti. L’Egitto ha bisogno dell’aiuto dell’Occidente, ha bisogno di un suo Piano Marshall per riacquisire il ruolo di leader regionale. Lo otterrà ?

Zvi Mazel è stato ambasciatore in Egitto, Romania e Svezia. Fa parte del Jerusalem Center fo Public Affairs. Collabora con Informazione Corretta


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