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Zvi Mazel/Michelle Mazel
Diplomazia/Europa e medioriente
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La difficile ricerca di un nuovo equilibrio in Medio Oriente 03/03/2012

La difficile ricerca di un nuovo equilibrio in Medio Oriente
di Zvi Mazel

(traduzione di Yehudit Weisz)

                                                       Zvi Mazel

 La “Primavera araba”, espressione poco felice, ha fatto andare in frantumi il fragile equilibrio in Medio Oriente, che si era mantenuto, bene o male, per decenni. Ci aspetteranno lunghi anni di inquietudine, prima che un nuovo sistema regionale sostituisca le alleanze di ieri, spazzate via dalla tempesta. Tenuto conto della vastità dei cambiamenti avvenuti, i regimi in attesa di una costituzione, sono ancora incapaci di valutarei loro veri interessi e di darsi obiettivi precisi. Quanto ai paesi in cui i vecchi leaders sono riusciti a resistere –come l’Arabia Saudita - la caduta dei loro alleati di lunga data li mette in grande imbarazzo. Una cosa è certa: a breve e forse a medio termine, saranno le forze islamiche a prendere il timone e a decidere la rotta in base alle loro ideologie. La comunità internazionale dovrà imparare a venire a patti con dei movimenti che, dopo aver conquistato il potere democraticamente, forse, saranno disposti a adottare una posizione pragmatica senza però rinnegare la loro ostilità all’Occidente e a Israele.Yussuf Kardawi, il teologo accreditato e guida spirituale dei Fratelli Musulmani, lo ha detto chiaramente: lo scorso ottobre al Financial Times ha dichiarato che la riconquista del potere da parte dei Musulmani è definitiva e irreversibile, e che l’Occidente dovrà rivedere la sua concezione sull’Islam, aggiungendo che il dialogo con l’Occidente e Israele potrà continuare a condizione che “essi non si comportino con arroganza”.

Egitto

 Con la caduta di Mubaraq tutta la regione è nel caos. Il suo regime era la pietra angolare di tutto l’edificio- nonché il più fedele alleato dell’America. Subito dopo la rivoluzione, l’Egitto si è affrettato ad annunciare di non avere più nemici e che intendeva avviare il dialogo con l’Iran e Hamas. Così poneva fine al suo ruolo di capofila dei paesi arabi pragmatici allineati contro “l’asse del male”, e assestava il primo colpo alla sua alleanza con gli Stati Uniti. La scoperta di una cellula terroristica iraniana al Cairo ha però messo per il momento un alt a questo primo tentativo; il secondo è in corso per iniziativa del parlamento che sta per essere eletto, in cui i Fratelli Musulmani avranno la maggioranza. La Commissione degli Affari Esteri, il cui presidente, Issam Alarian è il numero due del Partito dei Fratelli, “Libertà e Giustizia”, ha dichiarato di voler riesaminare la relazione con l’Iran: nei prossimi giorni un’importante delegazione iraniana è attesa al Cairo. In presenza di numerosi uomini d’affari, la delegazione verrà per discutere su investimenti di circa cinque miliardi di dollari. Anche se questa cifra sembra improbabile, interpreta la volontà dell’Iran, che ha detto più volte di essere pronto a riannodare le relazioni diplomatiche con l’Egitto. Ci si sarebbe potuti attendere che la presa del potere al Cairo da parte di un’ organizzazione estremista sunnita – i Fratelli Musulmani- avrebbe esacerbato la rivalità con l’Iran, porta bandiera degli estremisti sciiti. Non è successo nulla di tutto questo, almeno per ora: un interesse islamico in comune e la necessità di trovare delle nuove risorse di assistenza in sostituzione degli aiuti americani, gioca a favore dell’Iran. Mubaraq vedeva nel gruppo di Hamas una reale minaccia per l’Egitto e si era sempre rifiutato di incontrare i membri di questa organizzazione . Oggi tutto è cambiato: Hamas, come dice la sua Costituzione, è una sezione dei Fratelli Musulmani, e ora è benvenuto al Cairo. I suoi dirigenti vi si incontrano spesso, così come i membri di Fatah, e Khaled Masha’al viene ricevuto dal maresciallo Tantawi. Bisogna aspettarsi un approccio supplementare nel momento in cui i Fratelli avranno formato il nuovo governo.

Siria

Sul fronte siriano l’Iran è ormai il solo paese della regione a sostenere Bashar Assad e a fornirgli apertamente armi e informazioni. Di recente due navi da guerra iraniane hanno attraversato il Canale di Suez in rotta verso il porto siriano di Tartous; durante la navigazione avevano fatto scalo a Gedda, in Arabia Saudita- paese che dichiaratamente vuole la caduta di Bashar Assad. D’altro canto la Russia e la Cina continuano a sostenere il dittatore siriano, rafforzando così la posizione dell’Iran. Se Assad cadesse- cosa assai probabile- sarà una grave perdita per l’Iran, per Hezbollah e per lo stesso Hamas; così l’Iran cerca contemporaneamente dei nuovi alleati nella regione.

Arabia Saudita

 L’Arabia Saudita, amica e alleata da lungo tempo di Mubaraq, fa fatica a dissimulare la sua inquietudine. Da un lato la famiglia reale vive nel terrore di un sollevamento popolare; d’altro canto deve prendere in considerazione il tono sempre più minaccioso dell’Iran nei confronti degli Stati Uniti e dei suoi alleati del Golfo.Trovare un partner per sosituire l’Egitto nell’alleanza regionale è un’impresa difficile. I Sauditi hanno dapprima minacciato di sviluppare un loro programma nucleare se l’Iran non avesse messo termine al proprio; Teheran non si è dato neppure la pena di reagire. Hanno poi tentato di formare un blocco conservatore riunendo tutti i paesi membri del Consiglio di Cooperazione del Golfo, come la Giordania e il Marocco, ma il progetto è stato presto abbandonato poiché questi ultimi due paesi, troppo poveri, sarebbero diventati un peso per gli Emirati del Golfo. L’Arabia Saudita continua a opporsi a Teheran con tutte le sue forze, chiedendo alla Lega Araba di prendere delle misure più forti contro Assad, per proteggere le popolazioni sunnite contro gli Alawiti, ma soprattutto per indebolire l’Iran che ha bisogno del suo alleato siriano. Ma dato che la franchezza non esiste in Medio Oriente, la monarchia saudita aveva permesso, come abbiamo già detto, alle due navi da guerra iraniane, di gettare l’ancora a Gedda. Secondo il Ministero della Difesa saudita, questo permesso è stato concesso perché le navi erano in missione di addestramento (!) e per l’amicizia tradizionale tra i due popoli. Ricordiamoci che qualche settimana prima gli Americani avevano scoperto un complotto iraniano che tentava di assassinare l’ambasciatore saudita a Washington…

Qatar

 E’ noto che la natura aborre il vuoto. Anche il Qatar, pur senza clamore, prende posizione e decuplica le sue attività. Dopo aver energicamente sostenuto l’iniziativa francese in Libia e aver inviato armi ai ribelli, starebbe continuando a fornirle al capo del consiglio militare di Tripoli, un islamista puro e duro, che sostiene i Fratelli Musulmani (il partito AINahada) che hanno vinto le elezioni in Tunisia. L’influente emittente televisiva “Al Jazeera” ,finanziata dall’emiro del Qatar, ha avuto il ruolo più importante nel mobilitare le folle durante le rivoluzioni in Tunisia, Egitto e Libia; oggi prende posizione a favore del rovesciamento di Bashar Assad, incoraggia la principale forza di opposizione guidata dai Fratelli Musulmani e richiede un intervento della Lega Araba e del Consiglio di Sicurezza. Il Qatar si sforza di prendere il posto lasciato vacante dall’Egitto, cercando di risolvere problemi regionali e internazionali.L’emirato è riuscito a ottenere un accordo tra il governo del Sudan e i ribelli del Darfur, e di recente tra Fatah e Hamas. Nella sua capitale, Doha, si svolgono numerosi seminari e conferenze internazionali. Tuttavia questo piccolo stato del Golfo, con una popolazione di 300.000 persone e un milione di immigrati di origine asiatica che lavorano in condizioni vicine alla schiavitù, non possiede né una lunga e significativa storia, né una rispettabile cultura tradizionale, né tantomeno un esercito forte. Se l’emiro è riuscito a innalzarsi a livello delle grandi potenze, è grazie all’emittente televisiva che ha creato e finanzia, ma anche grazie alla sua politica nei confronri dell' Occidente; in Francia lo si accusa di voler “conquistare”il paese. La trasformazione di questo piccolo, ma immensamente ricco, emirato arabo in attore di primo piano sulla scena internazionale, deve molto all’arrivo negli anni ’50 di moltissimi Fratelli Musulmani, fuggiti dall’Egitto dopo il loro fallito tentativo di assassinare Nasser. Hanno aiutato il paese a creare un sistema scolastico fondato sull’Islam più estremo, prima di avere una parte determinante nella fondazione di Al Jazeera. Il Qatar ha eccellenti rapporti con gli Stati Uniti, che dispongono di tre basi militari, eppure mantengono contatti con Al Qaeda i cui programmi e video vengono regolarmente trasmessi su Al Jazeera. E’ in cordiali rapporti con l’Iran e l’anno scorso, il comandante in capo del suo piccolo esercito, è stato in visita a Teheran. Ci si potrebbe allora domandare se questo paese, da più di mezzo secolo baluardo dei Fratelli Musulmani, sia una vera carta vincente per gli Usa, o piuttosto una specie di 'Quinta Colonna' che lavora per imporre l’Islam più radicale…

 Conclusione

In ogni caso si sta delineando una salita al potere da parte dei Fratelli Musulmani. Dopo la loro vittoria in Egitto, Tunisia e Marocco, sperano di poter registrare una vittoria significativa anche nelle prossime elezioni di aprile in Algeria e di giugno in Libia. Si tratta di far “risuscitare”l’unione dei paesi del Magreb, creata nel 1989 e rimasta senza futuro per i numerosi conflitti sorti tra gli stati membri; oggi, è prevedibile, l’Islam potrebbe diventarne il collante. Resterebbe da sapere se la solidarietà islamica sarà capace di superare gli interessi economici e nazionali dei singoli stati. Dobbiamo abituarci a una situazione del tutto nuova. E’ finito il Medio Oriente di ieri con i suoi dittatori, è giunta la fine della spartizione della regione, tra paesi che affiancano l’Iran e quelli che sono alleati degli Stati Uniti. Si sta disegnando una nuova carta geopolitica, mentre la sorte della Siria è ancora incerta. Comunque, qualsiasi cosa succeda, questa nuova carta avrà i colori dell’Islam. Non sarà facile convincere i nuovi regimi che dovranno moderare il loro estremismo, se vorranno continuare a ricevere investimenti, prestiti e apporti tecnologici dall’Occidente.

 

Zvi Mazel è stato ambasciatore in Egitto, Romania e Svezia. Fa parte del Jerusalem Center fo Public Affairs. Collabora con Informazione Corretta


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