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Zvi Mazel/Michelle Mazel
Diplomazia/Europa e medioriente
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Libano: Paure e odi 22/09/2010

Libano: Paure e odi
di Zvi Mazel
(traduzione a cura di Laura Camis de Fonseca)



Zvi Mazel         Hariri padre e figlio

Le forze filo-siriane in Libano riaccendono la lotta contro il tribunale internazionale istituito dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU nel  maggio 2007 per investigare l'assassinio dell' ex premier libanese Rafik Larari.  Minacciano  manifestazioni violente,  persino il  rovesciamento del  governo di Saad Hariri,  figlio della vittima. 
A fine anno il tribunale deve formulare le accuse e rimandare a giudizio i responsabili.  Negli ultimi mesi le indagini si sono accentrate su di un gruppo di militanti di Hizbullah e il loro leader, lo  sceicco Hassan Nasrallah,  si rende conto che la sua organizzazione è  la principale indiziata.     Lo aveva già rivelato un articolo su Der Spiegel lo scorso anno, sulla base  di indiscrezioni  originate dallo stesso tribunale.  Se così fosse il leader di Hizbullah, che si proclama difensore del paese  contro Israele e contro 'le interferenze occidentali negli affari interni del Libano',  si troverebbe  accusato non soltanto di aver  commesso un crimine contro il proprio paese,  ma anche di  essere responsabile  dell'assassinio di molti politici e giornalisti libanesi che si  opponevano all'ingerenza siriana.

Questo potrebbe essere un colpo mortale per il capo di Hizbullah   e riaprirebbe il dibattito pubblico sul disarmo dell'organizzazione. 
E' ragionevole temere che  sotto tale minaccia Hizbullah  cercherebbe di prendere il controllo  del paese con la forza,  con l'aiuto di Siria e Iran,  dando origine a una nuova guerra civile e  riavviando  in  Medio Oriente   un ciclo di  violenze  di esito imprevedibile.
 
All'inizio Nasrallah  aveva collaborato con il tribunale,  nella convinzione - rivelatasi  errata - di poterla  sviare, o di poter arrestare l'indagine. 
Il governo libanese ha  però dato pieno sostegno al tribunale,  e i suoi apparati giudiziari e di sicurezza hanno  collaborato in pieno.  Nasrallah è allora ricorso alle pressioni e alle intimidazioni.
Dopo la vittoria dell' Alleanza 14 Marzo alle elezioni di giugno 2009,  sotto la guida di Saad Hariri,   Siria e  Hizbullah esercitarono forti pressioni sul  neoeletto  Hariri, che  cedette e  accettò Hizbullah ed i suoi alleati - il partito sciita Amal e il partito cristiano di Michel Aoun -  nella coalizione di governo.  Fu il primo passo  per  'domare' Hariri,  che si dimostrò  un politico senza nerbo.  Le minacce e il timore di disordini a  Beirut  lo indussero ad andare a Damasco   ad abbracciare pubblicamente Bashar Assad, sospettato di essere il mandante dell'assassinio di suo padre,  e poi a dichiarare che  per il Libano è essenziale avere buoni rapporti con la Siria.
Da allora Hariri è tornato tre volte  a Damasco ed ha  accolto  il presidente siriano  come ospite di stato a Beirut:  la prima visita ufficiale  di Assad  in Libano dopo la successione  al padre Hafez nel 2000 -   salvo  per  la  partecipazione al summit arabo .   Delegazioni libanesi sono andate a Damasco  a rinnovare  accordi di 'cooperazione'  che a volte subordinano gli interessi del Libano alle decisioni della Siria.  
Il prossimo mese il Libano dovrebbe accogliere il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, allineandosi così  chiaramente  con 'l'asse del male'.
 
Hariri ha così  tradito la coalizione '14 marzo' che lo ha eletto.  La coalizione era nata dalle dimostrazioni di massa  del 14 marzo 2005, a un mese dall'assassinio del padre,   quando  i partiti cristiani, sunniti e drusi  si  unirono nel chiedere  di trovare gli assassini  e  portarli in giudizio,  e buttar fuori dal paese le forze siriane.
La coalizione aveva già subito un brutto colpo un anno e mezzo fa, quando  il leader druso Walid Jumblatt annunciò,  ancor prima delle elezioni parlamentari,  di  uscire dalla coalizione perché  la Siria non era più  nemica del Libano, avendo ritirato  le truppe dal paese a seguito della risoluzione del Consiglio di Sicurezza 1559 (risoluzione presa a seguito  delle dimostrazioni  di massa del 14 marzo).
Jumblatt,  che era uno dei  più  dichiarati  oppositori  della Siria e di Hizbullah, cambiò opinione  quando la sua piccola milizia fu sconfitta da Hizbullah,  che si impossessò di Beirut ovest  a maggio 2008.
   
A fine luglio il presidente libanese fu 'invitato' a partecipare a un summit a Damasco con  Assad e con il re Abdullah dell'Arabia Saudita,  che  dopo l'assassinio di Rafik Hariri, suo intimo amico e  cittadino saudita,  perseguiva una politica apertamente anti-siriana.  I Sauditi   però si persuasero a cambiar  politica, nella convinzione che un accomodamento con la Siria  sarebbe servito a contenerla e a rendere possibili  le elezioni in Libano.   Il summit  del 30 luglio  doveva rendere possibile  l'impossibile:  trovare il modo di evitare la prossima decisione del tribunale , sospesa come una spada sulla testa di Hizbullah,  senza attaccare il tribunale stesso.  Non trovando nessuna  soluzione, Nasrallah se ne  uscì con  la bella pensata di annunciare di avere 'la prova' del coinvolgimento  di Israele nell'assassinio.  La cosiddetta prova  non convinse nessuno, ma  il governo libanese fu d'accordo a mandarla al tribunale,  che  promise di investigare a fondo.  Questo  ritardò forse la chiusura delle indagini di qualche settimana,  ma non ne cambiò  il corso.
Siria e Hizbullah  non ebbero più altri modi di agire se non premere  e minacciare Hariri.  In un discorso  di tono molto acceso  lo scorso agosto Nasrallah dichiarò che  il tribunale era stato ingannato da falsi testimoni,  e chiese un'indagine da parte del governo libanese, aggiungendo di non voler aver nulla a che fare con il tribunale, e che il governo doveva fermare  la indagini,  perché procedevano in direzione sbagliata.   Questo aggiunse  fiamme al fuoco:  rappresentanti dei partiti cristiani e del partito di Hariri respinsero con ira le richieste di Nasrallah.   Hariri,   incastrato  fra Hizbullah-Siria da una parte e  i suoi alleati della coalizione 14 marzo e la maggioranza  della popolazione dall'altra,  dichiarò  che  la Siria era  un alleato prezioso,  prima di   aggiungere che  non avrebbe rinunciato ai propri principi e che  il tribunale  aveva diritto a  indagare per tutto il tempo necessario alla conclusione delle indagini, sulla base delle prove raccolte.  Poi incaricò il ministro della giustizia di avviare un'indagine  sulla denuncia di HIzbullah  per appurare se si erano presentati  al tribunale falsi testimoni nell'intento di sviare le indagini.
 
 Quando parla di  'falsi testimoni'   Nasrallah  fa  riferimento a un episodio all'inizio dell'indagine.  Un militare siriano, Muhammad Zohair al-Sadik,  dichiarò alla commissione internazionale che  conduceva le  indagini prima della costituzione del tribunale internazionale che durante il suo  servizio nei servizi di sicurezza siriani aveva preso parte a un incontro in cui si era pianificato l'assassinio di Hariri,  con il coinvolgimento di 'alte personalità'  in Siria e in Libano.   Poco dopo aver testimoniato ritrattò tutto e fuggì in Francia. Lì fu arrestato  su richiesta del  Procuratore Capo  libanese,  ma non fu estradato perché  il governo libanese non  garantì di non condannarlo a morte. 
A febbraio 2006  venne liberato,  sparì,  venne di nuovo arrestato negli Emirati Arabi Uniti dove fu accusato di immigrazione illegale con documenti falsi e condannato a una pena detentiva breve.  Quindi sparì di nuovo e  nessuno sa dove sia.  E' molto  probabile che abbia ritrattato per le minacce ricevute dalla Siria e/o da Hizbullah, e che abbia  poi deciso di scappare.  Non riuscendo ad ascoltarlo personalmente,   il tribunale internazionale nel 2009  fu costretto  a dichiarare invalida la sua precedente testimonianza e a liberare i quattro agenti di sicurezza libanesi arrestati  nel 2006 in base a quella testimonianza.  I quattro erano  noti come collaboratori della Siria e l'assassinio non avrebbe potuto aver luogo senza il loro coinvolgimento.  Il più alto in grado era il generale  Jamal al-Sayed, allora capo del Servizio di Sicurezza Generale, già capo dell'intelligence militare.   Era considerato il migliore agente della Siria in Libano. 
Molti Libanesi, se non tutti,  sanno che la Siria, Hizbullah e i capi dei servizi  di sicurezza libanesi  sono  coinvolti nell'assassinio di Hariri e che le accuse di falsa testimonianza sono un'invenzione di Nasrallah.   Ma le sue aperte minacce  hanno provocato  tensione e  la realistica paura che l'organizzazione possa  usare mezzi violenti o scatenare una guerra civile.
 A inizio settembre la Siria ha accentuato la pressione convocando a Damasco Hariri.  In una intervista concessa al ritorno  al quotidiano saudita Asharq al-Awsat  Hariri disse che il tribunale internazionale era stato ingannato, e che questo  aveva portato al deteriorarsi dei rapporti fra Siria e Libano.  In altre parole, assolse  Assad dalla corresponsabilità dell'assassinio di suo padre.  Ci fu  una levata di scudi in Libano.  Alcuni alleati di Hariri tentarono di dire che non aveva detto proprio così,  ma  altri  nei partiti cristiani, ad esempio Sami Gemayel, figlio dell'ex presidente Amin Gemayel,  protestarono con veemenza.   Nasrallah adirato minacciò  di 'crocifiggere'  il leader cristiano sulla pubblica piazza.  Una volta tanto, fu apertamente condannato  da tutti i  rappresentanti  delle fazioni libanesi.   Ma questo non indusse Hizbullah ad allentare la pressione:  trovò da ridire sulle dichiarazioni di Hariri perché  non bastava dichiarare che il tribunale era stato ingannato,  bisognava anche chiedere scusa.  Senza  porgere  scuse  alla Siria e senza  un cambio netto di rotta non si sarebbe potuto creare un paese unito e funzionante. 
Seguirono minacce esplicite. Il generale Jamal al-Sayed fu convocato da Assad e al suo rientro da Damasco il 12 settembre lanciò un violento attacco contro Hariri.  Disse che, a causa  delle sue accuse senza fondamento  alla Siria,  il vero responsabile dell'assassinio di Rafik Hariri non era stato arrestato e aveva continuato ad uccidere negli anni 2005-2007.  Chiese alla Procura di Stato  e ai giudici libanesi incaricati delle indagini per conto del tribunale internazionale di rendere conto  delle proprie azioni,  aggiunse che il primo ministro doveva  nominare una commissione d'inchiesta  per investigare questa ragnatela  di calunnie, altrimenti 'giuro sul mio onore che  la strapperò io con la forza'.
Era una minaccia diretta al primo ministro, e   il procuratore  generale dello stato convocò Sayed perché desse spiegazioni.  Hizbullah immediatamente chiese  l'annullamento della convocazione.  L'opposizione di Hizbullah alla  procedura giudiziaria fu considerata un attacco alle istituzioni dello stato  e un membro della coalizione disse che si trattava di una  minaccia di colpo di stato.
In aggiunta a queste tensioni  l'alleato di Hizbullah, il leader cristiano Michel Aoun,  lanciò un altro attacco.  Disse che quanto stava accedendo in Libano  era frutto non di attività politica ma di un rapporto di tipo mafioso fra  i vertici e la base, con i  media pronti a distorcere i fatti.  Invitò a  disobbedire ai servizi di sicurezza che  si comportavano in modo illegale,  alludendo all'arresto, qualche settimana prima,  del suo amico e protetto generale Fayz Karam,  accusato di collaborare con Israele. ' E' innocente' -  disse Aoun.  'Non ci sono prove a suo carico, e i media distorcono i fatti.'   
 A questo punto decise di scendere in campo il presidente  Michel Suleiman.  Rilasciò una dichiarazione il 16 settembre dicendo che il diverbio era  trasceso oltre i limiti consentiti  e  richiamò tutti all'ordine.  Tutte la parti dovevano smettere di minacciare e di attaccare le istituzioni pubbliche e la legge,  per il bene del Libano.  Altrimenti  tutti ne avrebbero pagato le conseguenze.
 
Oggi il Libano è in uno stato di shock.  Il fragile  equilibrio fra le  forze politiche  si è rotto.  Il partito druso di Jumblatt si è apertamente schierato con Hizbullah e i  suoi alleati,  i suoi portavoce attaccano il governo.   Nel  partito sunnita di Hariri, El Moustakbal (il futuro),  i  militanti  scorati  tentano inutilmente di spiegare che cosa intende fare  il loro leader,  dicono che vuole soltanto mantenere il paese  unito e che  il Libano non può mettersi in opposizione alla  Siria.   I partiti cristiani della coalizione vanno all'attacco di Hizbullah  e di Sayed. 
La coalizione 14 marzo  è riuscita a stilare  un comunicato in cui conferma il proprio sostegno al tribunale internazionale e la fiducia nella possibilità di scoprire  la verità sull'assassinio di Rafik Hariri,  ma la coalizione si sta sfasciando.  Hizbullah mantiene alta la pressione.  Uno dei suoi capi, Muhammad Kamati,  ha dichiarato che  la stabilità del Libano  dipende dalla soluzione della questione delle  'false testimonianze'  su cui si basano le accuse contro Hizbullah.  Soltanto  dopo si potrà girar pagina e iniziare una nuova epoca.
 
Gli avvenimenti attuali sono quasi impossibili da decifrare.  La Siria e Hizbullah, con l'aiuto dell'Iran, paiono determinate a  delegittimare  apertamente il tribunale internazione  istituito dal Consiglio di Sicurezza.  Lo fanno  con pressioni  intense e con aperte minacce contro il capo di governo.  Il loro scopo è obbligarlo a rivolgersi all'ONU e/o alle grandi potenze e dichiarare che il tribunale è stato ingannato  e che dopo quattro anni di indagine è inutile proseguire oltre.   Un'altra possibilità sarebbe che la corte stessa dichiarasse di non riuscire a sapere la verità, e  cessasse le indagini di propria volontà.
L'unica cosa certa è che la Siria e Hizbullah faranno di tutto per impedire al Tribunale di compiere il proprio mandato.  Se il Tribunale non desiste,  in un modo o nell'altro in Libano scoppieranno  combattimenti.  l'ONU e l'Occidente stanno a guardare, apparentemente  impotenti, come sempre.  Per quanto riguarda Israele,   l'eventuale vittoria di Siria e Hizbullah contro il tribunale internazionale e  il  dominio pieno di Damasco a Beirut starebbero a significare che la Siria si è fermamente legata all'asse del male. 
E questo aumenterebbe molto i rischi di guerra.

(Zvi Mazel, già Ambasciatore israeliano in Romania, Svezia ed Egitto, è
membro del Jerusalem Centre for Pubblic Affairs and State)


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