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Ugo Volli
Cartoline
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Cartolina di viaggio 2: Un sabato speciale 15/04/2018

Cartolina di viaggio 2: Un sabato speciale
Di Ugo Volli

A destra: il centro di Gerusalemme di Shabbat

Una delle abitudini più interessanti dei viaggi dei Informazione corretta è l’invito che i partecipanti ricevono a unirsi a piccoli gruppi alle famiglie ebraiche italiane residenti a Gerusalemme per celebrare insieme il pasto di apertura dello Shabbat. Chi partecipa ai viaggi di solito nutre amicizia e interesse per Israele e per gli ebrei, ma difficilmente ha conosciuto dall’interno la religiosità ebraica. Queste cene sono dunque un momento importante, non solo per la conoscenza personale di famiglie generose e portatrici di vicende storiche e personali interessanti e ricche di senso, ma anche per capire un po’ di più l’ebraismo, la sua spiritualità, i suoi riti.

Già passare in Israele e in particolare a Gerusalemme lo shabbat è certamente un’esperienza importante: la preparazione frenetica del giorno prima, i mercati affollati che piano piano chiudono, e con essi i negozi e i locali, il traffico automobilistico che si dirada, la città che si raccoglie già prima della sirena che annuncia l’inizio della giornata festiva, i fedeli che entrano nelle sinagoghe, le famiglie benvestite che a piedi attraversano la città per riunirsi nel pasto della festa, il silenzio che lentamente prende il sopravvento sui rumori della città, una calma straordinaria che avvolge tutto e tutti per oltre ventiquattro ore, i parchi affollati da bambini e famiglie. Insomma una rottura della quotidianità lavorativa molto più radicale e meditativa di quanto si conosca in un qualunque altro paese del mondo, una differenza rispetto alla vita di ogni giorno molto maggiore di ogni domenica cristiana o venerdì musulmano - semplicemente perché questo richiedono le regole rigorose della tradizione ebraica. Anche nella vita di un turista, le televisioni spente nelle hall degli alberghi, l’ascensore automatico che ferma ad ogni piano e che non si può chiamare ma solo attendere, il cambio di disponibilità di cibi e bevande dovuto alla proibizione di accendere fuochi (o strumenti elettrici) segnala una transizione provvisoria ma radicale, impone un cambiamento delle abitudini e dei ritmi. Anche le notizie delle azioni di guerra che si svolgono solo tre o quattrocento chilometri a nord non turbano la pace dello Shabbat, la svolta verso l’interiorità che questa pace propone.

Ma questa rottura non ha nulla della rinuncia o del divieto. Vissuta insieme a una città e a un paese è al contrario una straordinaria occasione di festa collettiva, di incontri umani, di vita familiare, di ospitalità e di gioia conviviale. Questa esperienza, che è comune a chiunque viva una festa o un sabato in Israele e soprattutto a Gerusalemme, dove l’osservanza è più corale e più evidente che nelle altri maggiori città israeliane, diventa una cosa più viva e intensa grazie all’ospitalità delle famiglie, al dialogo, alla possibilità di interrogare e di spiegare che insieme ai racconti e alla conoscenza reciproca, è la caratteristica di queste serate: spiegazioni dei piccoli riti, delle preghiere, delle regole limitative, ma anche del brano biblico della settimana e più in generale della cultura, della religione dell’esperienza ebraica.

Come ebreo che accompagna spesso questi gruppi di amici in questa esperienza di dialogo vero, sento la gradita necessità di esprimere gratitudine alle famiglie che le ospitano, a i loro ospiti che spesso sono entusiasti della vertigine culturale ed umana cui sono sottoposti, e anche a chi organizza questi incontri, da IC che promuove il viaggio ad Angela Polacco che coinvolge gli interessati e cura con grande cuore questa occasione.

 

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Ugo Volli


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