venerdi 19 aprile 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


Clicca qui






 
Ugo Volli
Cartoline
<< torna all'indice della rubrica
Quos perdere vult, Deus amentat 29/01/2018

Quos perdere vult, Deus amentat
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

A destra: Abu Mazen

Cari amici,
brutte notizie per i palestinisti. Ve ne ho parlato più volte, sui giornali israeliani è un tema diffuso, ma ormai è chiaro anche ai loro sostenitori più scoperti (http://www.linkiesta.it/it/article/2018/01/23/ha-vinto-israele-la-palestina-e-morta-ma-e-adesso-che-cominciano-i-gua/36880/): la strategia palestinista è profondamente in crisi, l’idea di una conquista per gradi dell’intero Israele che parta dalla cessione “per la pace” di Giudea e Samaria a uno “stato di Palestina”, provocando con ciò la crisi strategica dello stato ebraico e la sua trasformazione in un regime arabo sembra proprio tramontata. E’ bastato il richiamo alla realtà di Trump, col riconoscimento del fatto di Gerusalemme capitale a mostrare il cambiamento in corso, che coinvolge anche i paesi arabi sunniti. Vi può essere una soluzione di progressiva costruzione di un autogoverno arabo in parti della Giudea e Samaria, secondo quella che era anche l’intenzione di Rabin nel firmare gli accordi di Oslo, ma solo questo. La politica del rilancio di fronte a tutte le offerte negoziali, con minacce di sfracelli, attuata da Arafat prima e da Abbas dopo, non sembra avere più spazio.

Immagine correlata
Terroristi arabi palestinesi

Questo secco ridimensionamento ha provocato la rabbia delirante della dirigenza palestinista, che si è espressa in un paio di discorsi violentissimi di Abbas, pieni di falsità e di minacce (http://www.israele.net/complottismo-e-falsi-storici-a-gogo-nel-discorso-di-abu-mazen), che hanno ricevuto una reazione di totale indifferenza non solo da parte di Trump, ma anche del mondo arabo. Il solo a incoraggiare il piccolo dittatore dello stato libero di Ramallah è stato un altro perdente senza vergogna, l’ex segretario di stato di Obama, John Kerry, che si affrettato a far sapere alla stampa di aver incontrato a Londra uno stretto collaboratore di Abbas, per dirgli di “tener duro” e “non mollare” di fronte alle richieste di Trump, che presto uscirà dalla Casa Bianca (http://www.jpost.com/Arab-Israeli-Conflict/Kerry-to-Abbas-confidante-Stay-strong-and-do-not-give-in-to-Trump-539643). Sarei molto interessato a sapere che cosa pensano di questa attività di esplicita opposizione all’azione politica dell’amministrazione quei giornali “progressisti”, tipo New York Times, che hanno molto duramente condannato i contatti che i collaboratori di Trump, già eletto ma non ancora entrato al governo, presero alla fine del 2016 per spiegare agli stati interessati che la nuova amministrazione era contraria alla mozione contro Israele fatta passare da Obama e Kerry. Se era una reato quello, questo che cos’è?

Nel frattempo è interessante vedere che pensano i sudditi dell’Autorità Palestinese, investiti da una violentissima propaganda antiamericana e antisraeliana. C’è stato un sondaggio molto interessante Sui giornali è uscita la notizia che per la prima volta la prospettiva dei due stati era in minoranza sia nell’opinione pubblica israeliana che in quella dell’Autorità Palestinese (https://www.tio.ch/estero/attualita/1237497/si-crede-sempre-meno-alla-soluzione-dei-due-stati, http://www.jpost.com/Arab-Israeli-Conflict/Poll-Under-50-percent-of-Palestinians-Israeli-Jews-support-two-state-solution-539780). Questo era del resto il solo tema sottolineato nel comunicato stampa del sondaggio (http://www.pcpsr.org/sites/default/files/PressRelease_English_23%20January-draft%207Jan2018.pdf). Ma se si leggono i risultati con un po’ d’attenzione (eccoli qui: http://www.pcpsr.org/sites/default/files/Table%20of%20Findings_English%20Joint%20Poll%204%20dec2017.pdf). Mi permetto di tradurvi qui il riassunto che fa un noto sito israeliano di controinformazione (http://elderofziyon.blogspot.com/2018/01/new-poll-shows-palestinian-arabs-dont.html):

Nel sondaggio è offerta una serie di opzioni, che corrispondono alle proposte di pace più generose emerse in decenni di trattative, anche se esse non sono affatto oggi sul tavolo. Il senso è quello di capire se c’è una base accettabile per la pace.
1. Se ci fosse un riconoscimento reciproco della Palestina e di Israele come patrie dei rispettivi popoli. L’accordo dovrebbe segnare la fine del conflitto, Israele combatterebbe il terrore contro i palestinesi, e nessun’altra richiesta potrebbe più essere fatta da entrambi? Il 56,9% si oppone.
2. Se uno stato palestinese indipendente fosse stabilito in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza ma demilitarizzato (senza armi pesanti)? il 77,4% è contrario
3.Se fosse creata una forza multinazionale, dispiegata nello stato palestinese per garantire la sicurezza di entrambe le parti? Il 60,5% si oppone.
4. Se lo stato palestinese avesse la sovranità sul suo spazio aereo, la sua terra e le sue risorse idriche, ma Israele mantenesse due stazioni di preallarme in Cisgiordania per 15 anni. Il 67,2% si oppone
5. Se lo stato palestinese fosse stabilito in tutta la Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, eccetto per diversi blocchi di insediamenti che sarebbero annessi a Israele in uno scambio territoriale, ma farà tutti gli altri insediamenti sarebbero evacuati?. Il 62,7% si oppone
6. Se i territori che i palestinesi riceveranno in cambio fossero simili per dimensioni agli insediamenti che sarebbero annessi a Israele? Il 70,6% si oppone
7. Se Gerusalemme Est fosse la capitale dello stato palestinese e Gerusalemme Ovest quella di Israele? Il 71,6% si oppone
8. Se nella città vecchia di Gerusalemme, i quartieri musulmani e cristiani e la spianata delle moschee fossero sotto la sovranità palestinese e il quartiere ebraico e il Muro del Pianto sotto quella ebraica? Il 71,4% si oppone
9. Se i rifugiati palestinesi avessero il diritto di tornare nello stato palestinese e Israele consentisse il ritorno di circa 100.000 palestinesi come parte di un programma di unificazione familiare e tutti gli altri rifugiati fossero risarciti? Il 52,4% approva (UNICA proposta accettata) Per la maggioranza che si opponeva al pacchetto di "smilitarizzazione dello stato palestinese, uguali scambi territoriali, l'unificazione familiare in Israele di 100.000 profughi palestinesi, Gerusalemme est capitale della Palestina e Gerusalemme ovest capitale d'Israele, e la fine del conflitto”, è stato chiesto se un ulteriore addolcimento dell'accordo avrebbe fatto loro cambiare idea:
10. Se oltre agli elementi del pacchetto, Israele accettasse l’Iniziativa di pace araba e in cambio tutti i paesi arabi sostenessero questo trattato di pace? Il 69,9% si oppone.
11. Se l'accordo affermasse che lo stato di Palestina avrà un sistema politico democratico basato su stato di diritto, elezioni periodiche, stampa libera, forte parlamento, magistratura indipendente e pari diritti per le minoranze religiose ed etniche nonché forti misure anticorruzione? Il 58,6% si oppone
12. Se l’accordo includesse garanzie formali da parte di Stati Uniti, Egitto e Arabia Saudita, che creerebbero una commissione congiunta per garantire una corretta attuazione da entrambe le parti? Il 68,1% si oppone.
13. Se l'accordo stabilisse che i palestinesi, compresi i rifugiati, fossero autorizzati, se lo desiderano, a vivere come residenti permanenti in Israele mantenendo la cittadinanza palestinese, a patto che rispettino la legge? Il 70,4% si oppone
14. Se l'accordo consentisse all'attuale forza di sicurezza nazionale palestinese di diventare un esercito con armi leggere ma senza armi pesanti? L'80,8% si oppone
15. Se l'accordo affermasse che Israele riconosce la Nakba e la sofferenza dei rifugiati, e fornisse un risarcimento ai rifugiati? Il 58,1% si oppone Infine è stata data una scelta di opzioni (status quo, resistenza armata, resistenza disarmata, trattato di pace). Più palestinesi preferiscono la resistenza armata (38%) che la pace (26%.)”

Insomma, no, no e no. Qualunque base di trattativa da quella condotta sotto Clinton fra Arafat e Barak a quella fra Olmert e Abbas, alle proposte di Obama, viene comunque respinta. Non vi sono strade aperte per l’opinione pubblica martellata dalla propaganda palestinista. Peccato che queste proposte siano molto ma molto più favorevoli per loro di quelle che si prospettano oggi non solo da parte di Trump, ma anche dei paesi arabi. Resta la “resistenza armata”, cioè il terrorismo. Che però si è dimostrato inutile e perdente, oltre che naturalmente criminale. I palestinisti sono in un angolo, solo assetati di sangue. E’ proprio vero il detto latino: quos perdere vult, Deus amentat: Dio fa impazzire quelli che ha deciso di condannare.

Immagine correlata
Ugo Volli


Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT