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Ugo Volli
Cartoline
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Il significato di un tunnel (distrutto) 15/01/2018

Il significato di un tunnel (distrutto)
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

A destra: terroristi di Hamas in un tunnel

Cari amici,
avete senz’altro letto ieri del tunnel d’assalto di Hamas che Israele ha distrutto ieri al confine fra lo stato ebraico, l’Egitto e Gaza, dove c’è il terminal principale da cui entrano le merci nella striscia, Kerem Shalom, che è stato provvisoriamente chiuso per ragioni di sicurezza (http://www.jpost.com/Arab-Israeli-Conflict/Infrastructure-destroyed-by-IAF-last-night-was-terror-tunnel-IDF-confirms-534667). E’ probabile che non vi abbia fatto molta impressione, perché l’avrete considerata come un nuovo episodio dell’interminabile lotta che Israele è costretto a condurre per bloccare gli assalti terroristi di Hamas, vinto grazie alla sua superiorità tecnologica e militare. Il che è senza dubbio giusto, ma c’è di più.

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Il tunnel neutralizzato da Israele

Intanto era un tunnel molto sofisticato, costruito con due diramazioni (http://www.lastampa.it/2018/01/14/esteri/israele-distrugge-un-tunnel-di-hamas-7X6rLCOUUdrnoKbrSfz3XL/pagina.html). Una andava in territorio egiziano, verso il Sinai, adatta dunque sia a contrabbandare materiali strategici dentro la Striscia che a esportare terroristi e armi pronte nel territorio in cui l’esercito egiziano fatica a contenere una guerriglia islamista, cui Hamas è molto vicino. Di recente i dirigenti del movimento hanno cercato di riavvicinarsi all’Egitto, usandolo come mediatore per la “riconciliazione” con l’Autorità Palestinese (o piuttosto il suo take over, per usare un termine economico, la sua scalata) e cercando di riavere la mano libera sul contrabbando che gli garantiva il regime islamista di Morsi; ma il tentativo di “riconciliazione”, il quarto o quinto in pochi anni, è fallito. E certo la notizia di un tunnel terrorista in territorio egiziano gestito da Hamas non renderà Al Sissi granché benevolo nei confronti dei terroristi che hanno cercato palesemente di imbrogliarlo (https://www.timesofisrael.com/latest-tunnel-strike-puts-hamas-leaders-in-a-tough-spot-with-cairo).

L’altro ramo andava in territorio israeliano, progetto per prendere alla spalle i punti di osservazione militari che sorvegliano il confine (come accadde con Shalit) e capace anche di far esplodere i depositi del carburante con cui Israele rifornisce la striscia (il famoso cane che morde la mano che lo nutre…) Comunque Israele, dopo aver avvertito l’Egitto, ha bombardato con proiettili di precisione capaci di penetrare in profondità il tunnel dal lato palestinese e ha fatto saltare il resto. Non sappiamo se nell’operazione siano stati uccisi dei terroristi, ma quel che è caduto è molto più importante, è l’arma stessa dei tunnel, che erano stati al centro dell’operazione militare del 2014. Questo è il quarto tunnel che Israele ha annunciato di aver distrutto in un paio di mesi. Di più vi sono stati più o meno altrettanti “strani crolli”. Riuscire a scoprire una stretta galleria, delle dimensioni di una sagoma umana, sotto decine di metri di terra è un prodigio tecnologico.

Non sappiamo come Israele ci sia riuscito né come sia stato in grado di distruggerli. Ma si tratta di una realizzazione della stessa importanza di Iron Dome per i missili. Dopo la sconfitta del terrorismo suicida delle bombe sui pullman e nei ristoranti, grazie alla barriera di separazione, questo è un altro grande progresso difensivo.

Hamas è ora in una situazione di progressiva impotenza militare e politica. I missili su cui ha tanto investito servono a ben poco, dato che sono fermati da Iron Dome; certo, ci sono razzi a breve raggio e colpi di mortaio che non rientrano nella sua azione, ma i danni sono limitati. I tunnel d’attacco erano una strategia alternativa. Il piano era di assalire di sorpresa un villaggio o un kibbutz, prendendo decine o centinaia di ostaggi, o di sorprendere alle spalle qualche reparto militare, ottenendo almeno una vittoria politica, se non militare. Ci hanno investito centinaia di milioni di dollari, tratti dagli aiuti internazionali (quindi anche dalle nostre tasse), e ora sembra che non valgano più niente. L’esercito israeliano si è impegnato a distruggerli tutti nei prossimi mesi. Restano i droni, gli attacchi di commando, magari dal mare. Ma sono mosse già previste. L’isolamento internazionale è forte, dall’Egitto, dall’Arabia Saudita, perfino dai paesi europei, più palestinisti degli arabi. Resta l’appoggio di Iran, Qatar, Turchia, che continuano a cercare i tutti i modi di armare i terroristi contro Israele. E resta la pericolosa disperazione della bestia omicida chiusa in un angolo, che rende ancora pericolosissimi gli islamisti.

Ma una fase della interminabile guerra degli arabi a Israele è terminata. Dopo i pogrom delle antiche popolazioni ebraiche locali fra gli anni Venti e i Quaranta, dopo le guerre di sterminio degli eserciti arabi fra il ‘48 e il ‘73, dopo il terrorismo casa per casa degli anni Sessanta, i dirottamenti, le incursioni di confine e gli assalti agli aeroporti dei Settanta e gli Ottanta, dopo le rivolte di massa degli anni Novanta e gli attentati suicidi nei luoghi pubblici intorno al Duemila, dopo i missili da Gaza, le incursioni di Hezbollah, anche la tattica dei tunnel forse è finita. E l’intifada dei coltelli è già fallita. Il che non significa che questi metodi terroristici non possano ripetersi e fare vittime. Vuol dire che non sono più strumenti di possibile distruzione di Israele. Anche perché alla Casa Bianca non c’è più il grande nemico di Israele e della libertà occidentale, Obama, con i suoi fedeli esecutori, di cui pian piano emerge l’odio per Israele come Kerry. Oggi c’è un grande presidente, odiato dai media come erano Reagan e la Thatcher, che sa che la difesa di Israele è strategica per l’America. E Israele è sempre più forte dei suoi nemici.

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Ugo Volli


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