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Ugo Volli
Cartoline
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I successi dell’economia israeliana 14/01/2018

I successi dell’economia israeliana
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

Cari amici,

c’è un difetto dell’informazione su Israele di cui anche noi abbiamo colpa. Parliamo troppo di terrorismo, di guerra, di boicottaggi vari. E rischiamo con ciò di ignorare la realtà del paese, la sua ricca vita culturale, scientifica ed economica. 
Dato che incominciano a uscire le prime previsioni attendibili sulla direzione che prenderà l’economia nel 2018, voglio darvi alcuni dati importanti sull’economia israeliana. Incomincio con la citazione di un articolo della sempre bravissima e bene informata Caroline Glick 
(http://www.jpost.com/Opinion/Our-World-The-Palestinians-race-to-the-bottom-533175 ):
“Questa settimana, The Economist ha pubblicato le sue stime annuali sul PIL pro capite nei paesi di tutto il mondo. Per la prima volta, il prodotto interno lordo (PIL) pro capite di Israele ha supera quota $ 40.000. Secondo i dati dell'Economist, il PIL pro capite in Israele è salito da $ 38.127 nel 2016 a $ 44.019 nel 2017. L'anno scorso il PIL è cresciuto del 4,4%. 
Oggi il PIL pro capite israeliano è superiore al PIL pro capite in Giappone, Gran Bretagna e Francia. Si prevede che il divario nel favore di Israele si allargherà negli anni a venire poiché il PIL di Israele continua a crescere e il PIL degli Stati europei e del Giappone continua a ristagnare a causa della fertilità negativa, del continuo arrivo di nuovi immigrati ​​non istruiti e della mancanza di innovazione. Nel suo stesso vicinato [...], il PIL pro capite in Egitto ($ 2,519) è un diciassettesimo di Israele. Il reddito pro capite della Giordania è diminuito lo scorso anno da $ 4.648 a $ 4.135 e le prospettive per il 2018 non sono positive. La situazione è allo stesso modo desolante negli Stati del Golfo, nonostante le riserve di petrolio e gas. L'Iran, per esempio, è povero e le previsioni per il futuro sono terribili. L'anno scorso, nonostante i 100 miliardi di dollari che il regime ha ricevuto dalle sanzioni, il PIL pro capite in Iran è passato da 6.144 dollari nel 2016 a 5.889 dollari. Le guerre in Siria, Yemen, Iran, Libano e Gaza non costano poco.” I dati dell’Economist si trovano qui (https://www.economist.com/news/economic-and-financial-indicators/21733991-gdp-forecasts )
Nel frattempo il governo israeliano ha appena presentato, con un anticipo che noi ci sognamo, il bilancio di previsione del 2019. Il budget totale dello stato è di 116.4 miliardi di dollari, con un deficit del 2,9%, che dovrebbe scendere al 2,5% per il 2020. 18 miliardi di dollari andranno all’educazione, 11 alla sanità, 13 al welfare, 18 alla difesa. Saranno aumentate le pensioni, i benefici per gli immigrati anziani e i sopravvissuti della Shoà, gli interventi per l’agricoltura e la protezione ambientale. Il ministro delle finanze Moshe Kahlon ha dichiarato venerdì che "il bilancio statale del 2019 è un bilancio sociale incentrato sulla crescita e il rafforzamento dell'economia israeliana; la crescita è ciò che ci consente di introdurre riforme sociali nel bilancio.[…] Questo bilancio continua la rivoluzione sociale"

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Il direttore generale del Ministero delle Finanze, Shai Babad, ha definito il bilancio del 2019 "responsabile ed equilibrato, fortemente indirizzato alla crescita [economica], ma anche uno dei budget più socialmente orientati nella storia di Israele". (http://www.israelhayom.com/2018/01/12/pm-2019-budget-excellent-on-economic-growth-social-issues/ ). Netanyahu ha commentato che la crescita consente insieme un aumento della spesa sociale e una diminuzione delle tasse che produrrà ulteriore crescita (http://www.israelhayom.com/2018/01/12/netanyahu-promises-to-lower-taxes-even-more-than-we-said/ ). 
Vale la pena di riferirvi qui di una tabella comparativa che mostra i progressi di Israele negli ultimi trent’anni. L’ ho trovato riportata sui social media, per esempio qui:https://www.facebook.com/startupnationbook/photos/a.272772050350.185837.190160055350/10155969309505351/?type=1&theater , senza individuarne la fonte originale e dunque non ve ne posso garantire l’esattezza integrale (per esempio la penultima riga non è sbagliata perché non si tratta di percentuali, ma di numeri assoluti in migliaia). 
Ma dato che si tratta di dati pubblici, credo si possano prendere per buoni.

Dunque in trent’anni gli abitanti di Israele sono quasi raddoppiati, da 4,4 a 8,75 milioni. La speranza di vita media è cresciuta da 75 a 82 anni, il Pil si è decuplicato da 35 a 358 milioni di dollari e dunque quello pro capite si è moltiplicato per 5, da 8 a oltre 40 mila dollari. Anche le esportazioni si sono quasi decuplicate (da 10 a 96 miliardi di dollari). L’acqua desalinizzata è passata dal 3% del consumo al 50%, l’impiego femminile dal 36% al 58%, gli studenti universitari da 70 mila a 316 mila, l’inflazione annuale dal 16 allo 0,3 per cento, il debito pubblico dal 270% del Pil al 62%, il numero di camere disponibili in media per abitante da 0,95 a 1,26. La spesa militare infine è diminuita dal 17 al 4,5 del bilancio.

Anche senza pensare che Israele è un paese in guerra, assediato da terroristi, eserciti stranieri, boicottatori vari, non si può non riconoscere che questi sono dati straordinari, che mostrano l’enorme successo di una strategia di liberalizzazione economica e di passaggio da un’economia agricola e in parte notevole collettivizzata alle nuove tecnologie della startup nation. 
Il confronto con l’Europa, per non parlare dell’Italia, sarebbe impietoso. 
L’aspetto più significativo è che la crescita prosegue impetuosa anche negli ultimi anni, anche quando Israele non è più uno stato in via di sviluppo, ma ha raggiunto i piani alti della classifica delle economie avanzate.

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Bibi Netanyahu

Senza entrare nei dettagli delle politiche e dei meriti, vale la pena di dire che in questi trent’anni Israele è stata governata per circa sei dalla sinistra, quasi solo all’inizio (governi Rabin, Peres e Barak) e per il resto da coalizioni guidate dal Likud. Bisogna anche dire che il protagonista della liberalizzazione è stato Netanyahu, che prima di fare il primo ministro è stato a lungo responsabile di dicasteri economici. Senza dubbio uno dei segreti della fiducia che l’elettorato israeliano ha in Netanyahu, oltre ai successi in politica internazionale dovuti alla sua competenza diplomatica e alla sua credibilità come statista, si trovi in questi dati. L’economia israeliana sotto il suo governo rimane a lungo termine fra le migliori del mondo, se non la prima in assoluto.

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Ugo Volli


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