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Ugo Volli
Cartoline
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Tanto tuonò che piovve: un poco 23/07/2017

Tanto tuonò che piovve: un poco
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

a destra:
veduta panoramica del Monte del Tempio

Cari amici,

avevano minacciato sfracelli. E noi ve li abbiamo puntualmente riferiti. “Se Israele non toglierà i metal detector dagli ingressi che portano alla Spianata delle Moschee, si apriranno le porte dell’inferno”, avevano detto. Be’, non è stata una passeggiata, ma certamente è fallito l’assalto al Monte del Tempio (Har habait, dalla denominazione del Tempio “Bet hamikdash”, che è il nome antico, più antico di circa due millenni, di quel luogo, tanto è vero che ne deriva direttamente il nome arabo del luogo Beit al-Maqdis: https://en.wikipedia.org/wiki/Names_of_Jerusalem e di qui la denominazione di Gerusalemme come Al Quds).

Se i terroristi e i loro complici pensavano di portare folle sterminate a sommergere “gli ebrei”, non ci sono riusciti. Né a Gerusalemme né in altre città arabe. Ci sono state proteste e manifestazioni violente, ma il bilancio di tre morti da quelle parti non è certo straordinario. Continueranno, non c’è dubbio, ma la prova di forza è fallita. Anche perché Israele non intende né distruggere né espropriare la loro moschea e non si spinge neppure al punto perfettamente ragionevole, di chiedere che sui 35 ettari del Monte del Tempio sia consentito il culto alle tre religioni per cui esso è storicamente significativo (oltre l’Islam naturalmente l’ebraismo e il cristianesimo), come avviene in tutto il resto di Gerusalemme e di Israele.

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Israele ha sistemato solo dei metal detector, come ce ne sono in tutti gli aeroporti, in molte ambasciate, musei, scuole, sinagoghe e moschee in tutto il mondo. Chiunque abbia un po’ viaggiato o frequentato dei luoghi sensibili, come purtroppo lo sono in tutt’Europa i luoghi di culto, le scuole, i centri sociali ebraici, ha provato spesso il fastidio di mettersi in fila e passare per il varco elettronico di controllo. La ragione è semplice. A parte la possibilità di errori e trucchi che esclude il passaggio per esempio delle bottigliette d’acqua e dei cellulari, quel che rivelano i metal detector sono armi: coltelli, pistole, fucili, pallottole, esplosivi. Di fronte a questi oggetti uno ha solo due scelte: o si mette nel ruolo di chi vorrebbe introdurle nel ruolo protetto, magari per usarle subito o in seguito. Oppure si identifica con coloro che di tali armi potrebbero essere solo vittime, perché obiettivi diretti a causa della loto identità politica e religiosa, o come vittime collaterali di un attentato o capri espiatori della “propaganda armata” (l’espressione è delle brigate rosse, ma vale per la maggior parte del terrorismo).

Bene, la stragrande maggioranza delle persone normali (e certamente anche di quelle che professano l’Islam o sono sudditi dell’Autorità Palestinese) trovano naturale mettersi dalla parte delle vittime potenziali e non degli assassini. Da una situazione di libera circolazione delle armi in luoghi di riunione collettiva, di culto, di sport, di insegnamento, hanno molto più da perdere (tendenzialmente la vita, cioè tutto) che da guadagnare. Questo lo capiscono tutti. Dunque, se un certo posto è minacciato dal terrorismo, è con sollievo che scoprono il filtro di sicurezza, la vigilanza della polizia, i metal detector.
Tutti, salvo i terroristi e i loro protettori. Ora si dà il caso che chi protesta contro i metal detector sono esattamente quelli che esaltano il terrorismo: chierici musulmani di varia nazionalità ed entità, deputati della lista araba in Israele e del parlamento giordano, movimenti terroristi come Hamas, dittatori feroci ma privi di dignità e di coerenza come Erdogan, antisemiti a tutto tondo come gli ayatollah iraniani, funzionari dell’Olp e dell’Autorità palestinese, seguiti con imbarazzo dal coniglio mannaro Muhammad Abbas.

I governi, anche molti governi arabi, sono molto prudenti, anche perché sanno bene che il primo compito di chi governa uno stato è di assicurare la sicurezza dei suoi cittadini. Magari non hanno letto Hobbes, ma sanno per esperienza che la ragione fondamentale dell’esistenza di uno stato è bloccare la violenza di tutti contro tutti. E Israele li ha preventivamente consultati prima di isttallare i nuovi dispositivi (https://www.middleeastmonitor.com/20170720-israel-and-arab-leaders-agreed-to-have-electronic-detectors-at-al-aqsa/ ). Gli ipocriti dicono che in questa maniera si viola lo “staus quo” e la sacralità della moschea. A parte che nascondervi delle armi e usarle premeditatamente per ammazzare a sangue freddo dei poliziotti a me sembra una sconsacrazione un po’ più grave di un apparato di sicurezza, c’è una cosa importante a questo proposito, che i giornali non hanno sottolineato, nelle loro pessime cronache (tutti, anche giornali normalmente civili e con un direttore che conosce bene i fatti come la Stampa, sono stati vergognosi in questa circostanza).

E’ una cosa semplice e fondamentale. I metal detector non sono nella Moschea di Al Aqsa o nella Cupola della Roccia, le due strutture in cui si pratica il culto islamico. Non sono neppure fuori, sulla spianata, che è molto grande (300 metri per 500) ed elevata sopra il resto della città. Non sono neppure nelle porte d’accesso alla Spianata: sono fuori, al di là del recinto della Spianata, sulle vie d’accesso. Dunque non profanano niente e non impediscono niente, se non di portare armi sulla Spianata. Solo chi si mette dalla parte dei terroristi e vorrebbe che nelle moschee si costituissero dei depositi di armi protesta per questa decisione di sicurezza. (https://www.gatestoneinstitute.org/10718/temple-mount-metal-detectors ).

Capite che è una posizione difficilmente sostenibile, se non si vuole difendere la libertà dei terroristi di ammazzare chi gli pare, senza reazioni né prevenzioni. Che i palestinisti l’abbiano assunta, invece di condannare il crimine che si è compiuto con l’attentato e di accettare che si provveda alla sicurezza e alla pacifica convivenza di tutti, è un esempio di quella vecchia battuta di Golda Meir per cui “i palestinesi non perdono mai l’occasione di perdere un’occasione”. Con i metal detector sul Monte del Tempio, insomma, tutti sono più sicuri, prima di tutto i fedeli islamici che intendono pregarvi, perché in questa maniera sarà molto più difficile che vengano presi in un conflitto a fuoco. Evidentemente anche gli arabi israeliani e quelli dell’Autorità Palestinese hanno capito questo fatto, per cui dai tuoni retorici dei filoterroristi è venuta una pioggerella e non un tornado.

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PS: Noterete che ho tralasciato in questa cartolina due circostanze che hanno riempito i giornali. La prima è la dichiarazione solenne del Coniglio Marrano di aver sospeso ogni collaborazione, scambio, incontro con Israele (http://www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-4992667,00.html ). Il commento è quello di sopra: un’altra occasione persa.
Capirete che fare la pace con uno che rifiuta i più elementari provvedimenti antiterroristici è assai difficile. Ma se poi è lui che fa l’offeso e non vuol parlare, dopo aver coperto così gli assassini di due poliziotti, difficilmente troverà chi lo sostenga.
A parte i soliti antisemiti, naturalmente. La seconda cosa che ho ignorato è il terribile attentato terrorista di venerdì scorso a Neve Tsuf con tre vittime (due sessantenni e un quarantenne, più una donna sessantenne ferita grave), uccisi a casa loro mentre consumavano la cena festiva del sabato. Non ne ho parlato perché è sbagliato farlo in questo contesto. I metal detector, se c’entrano, sono solo un pretesto. E’ la solita crudeltà, la solita vigliaccheria del microterrorismo palestinista, che non si è mai spento del tutto in questi mesi.
Vi ricordate quando hanno ammazzato una madre a casa sua davanti ai suoi figli? Quando un terrorista adolescente è entrato nella camera di una bambina addormentate a l’ha sgozzata? Della famiglia intera scannata qualche anno fa madre, padre figli di cui uno neonato? Non troviamo dei pretesti per questi atti totalmente inumani e barbarici.
Li condanniamo e basta, abbiamo orrore di loro e di chi (tutti i politici palestinisti) li esalta. Esigiamo che l’Autorità Palestinese smetta di finanziarli, magari coi soldi dei contribuenti europei. Capiamo che il meccanismo è lo stesso che ha insanguinato tante volte le nostre città. Ragioniamo sulla cultura islamica che produce questi mostri: nessuna rivendicazione nazionale, nessuna lotta religiosa porta oggi a questi orrori, paragonabili al peggio della storia umana.
Chiediamo un nuovo tribunale di Norimberga non solo contro gli esecutori materiali ma contro chi li manda, presidenti, ministri, deputati, muftì, imam. Non accettiamo di parlare di spirale della violenza, perché non è questo il caso. Se la polizia ha respinto gli assalti a Gerusalemme facendo negli scontri concitati tre morti perché non era possibile respingere gli assalti senza l’uso delle armi, questi non possono certo controbilanciare la strage di Neve Tsuf e le altre che ho accennato. Perché l’uso legittimo delle armi contro una folla all’assalto è una cosa, l’assassinio di inermi a casa loro è tutt’altro.
Ugo Volli


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