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Ugo Volli
Cartoline
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Perché la 'religione di pace' porta la guerra 20/11/2016

Perché la “religione di pace” porta la guerra
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

Cari Amici,

ve lo sarete chiesti anche voi: perché la guerra secolare degli arabi contro Israele non finisce mai? Perché, se davvero si tratta di una disputa territoriale come molti si affanno a spiegarci, non si trova un compromesso, com’è pur accaduto fra Italia e Iugoslavia, fra Francia e Germania, fra Russia e Polonia, fra Stati Uniti e Messico? La risposta ovvia è che gli arabi non vogliono, che hanno rifiutato tutte le offerte che sono state fatte loro dalla Gran Bretagna prima, dall’Onu poi, quindi parecchie volte da Israele? Perché le concessioni che hanno avuto prima tutta la Giordania (che faceva parte del Mandato di Palestina e fu dedicato dagli inglesi alla parte araba della popolazione del Mandato), poi i trattati di Oslo, il ritiro da Gaza eccetera, non hanno allentato la tensione ma al contrario hanno aumentato l’aggressività araba contro Israele? Perché le pressioni della comunità internazionale non risolvono la questione e evitando di forzare l’irremovibile odio islamico, puntano ormai da decenni a imporre a Israele “dolorose rinunce” che metterebbero a rischio la sua sopravvivenza? Perché in definitiva gli islamici si rifiutano di vivere fianco a fianco di uno stato ebraico?

Per capire questo problema decisivo può essere utile fare un viaggio (col pensiero) 8000 chilometri a Sudest fino a Giacarta, capitale dell’Indonesia, che è il paese con il maggior numero di musulmani al mondo (205 milioni, l’87% della popolazione). Qui da qualche mese ci sono manifestazioni di massa, contestazioni violente, scontri.
Lo scorso 4 novembre c’è stata un corteo violentissimo di oltre 200 mila persone, che ha assediato il palazzo presidenziale La ragione è che il governatore della regione è un politico di origine cinese: Basuki Tjahaja Purnama, soprannominato Ahok. Questo Ahok sarebbe molto popolare, ma ha un difetto, è un cristiano. E pertanto non può governare. Lo stesso tipo di problema accadde qualche anno fa in Egitto, quando Mubarak nominò un Emad Mikhail governatore di Qena. Era un generale, anche benvoluto; ma era copto, cioè un elemento della minoranza cristiana originariamente egiziana, sopraffatta mille e trecento anni fa dagli invasori che venivano dall’Arabia. I copti resistono, sono il 10% della popolazione, ma non possono ricoprire alcuna carica di governo anche locale. E dunque Mikhail fu destituito (https://www.alarabiya.net/articles/2011/04/25/146689.html ).

La ragione è questa: nel Corano c’è un versetto, il 51 della sura 5 (Al-Mâ'ida ) che dice così: “O voi che credete, non sceglietevi per alleati i giudei e i nazareni, sono alleati gli uni degli altri. E chi li sceglie come alleati è uno di loro” (http://www.sufi.it/Corano/5.htm ). Di per sé sarebbe già un po’ intollerante, della serie “combatteremo di sabato e poi di domenica” (http://www.eretzyisroel.org/~jkatz/mainreason.html ), che significa cercheremo di eliminare prima gli ebrei e poi i cristiani. Ma l’interpretazione dominante di questo versetto citatissimo nel mondo islamico non consiste solo nella sconvenienza di farsi amici di altre religioni. “Nella traduzione indonesiana, il versetto 5:51 è resa "non prendere gli ebrei e i cristiani come i vostri capi (pemimpin-pemimpinmu).”
Ibn Kathir, un autorevole commentatore medievale sul Corano, ha spiegato questo verso come segue: “Allah proibisce ai suoi servi credenti di avere ebrei e cristiani come alleati o clienti, perché sono i nemici dell'Islam e della sua gente, che Allah li maledica.”
Il versetto immediatamente precedente, 05:50, invita i musulmani a non cercare il "giudizio del tempo di ignoranza." Nello spiegare questo, Ibn Kathir denuncia chi segue leggi fatte dall'uomo, invece di leggi rivelate da Allah. Tale persona “è un miscredente che merita di essere combattuto (vale a dire di essere ucciso), fino a che non ritorna alle decisioni di Allah e del Suo Messaggero, in modo che nessuna legge, grande o piccola, sia valida per lui salvo la sua”.
Ibn Kathir insiste che l'unica valida forma di legislazione è la sharia islamica, e dunque che solo i musulmani possono governare, e ogni musulmano che accetta la direzione politica o giuridica di non musulmani è un infedele.
Secondo il versetto 5:51, una persona del genere è già "uno di loro": in altre parole, essi devono essere considerati pure loro infedeli, e hanno dunque rinnegato l'islam, una colpa per cui la pena è la morte.” (http://www.meforum.org/6365/muslim-aversion-to-nonmuslim-rule )
Ibn Kathir è un autorevolissimo teologo e giurista islamico del XIV secolo (https://en.wikipedia.org/wiki/Ibn_Kathir ), e la sua interpretazione è larghissimamente accettata. Ebrei, cristiani, non musulmani non possono avere nessuna uguaglianza di diritti nei paesi musulmani: questa tirannia è materia di fede, come sanno, ma di solito non dicono, anche gli studiosi cattolici che si occupano di Islam senza seguire le sparate propagandistiche di Bergoglio (http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/6985 ).

Questo è il punto dottrinale che spiega quel che accade in Medio Oriente. I musulmani non possono come materia di fede e a pena di morte accettare che degli ebrei e dei cristiani governino loro e la terra che hanno conquistato, e non possono perciò accettare uno stato ebraico, anche se attribuisce piena libertà di religione a tutti. Questo spiega perché sostanzialmente tutti gli arabi musulmani, non solo i militanti del gruppo accettano la posizione dello statuto di Hamas: "Il Movimento di Resistenza Islamico crede che la terra di Palestina è un Waqf [cioè dominio ereditario, retaggio, fondazione permanente, UV] islamico consacrato per le future generazioni musulmane fino giorno del giudizio. Essa, o alcuna parte di essa, non deve essere ceduta; essa, o alcuna parte di essa, non deve essere abbandonata. Né un singolo paese arabo né tutti i paesi arabi, né alcun re o presidente, né tutti i re e presidenti, né alcuna organizzazione, né tutti loro, siano essi palestinesi o arabi, ha il diritto di farlo. La Palestina è una terra islamica Waqf, consacrata alle generazioni musulmane fino giorno del giudizio.

Stando così le cose, chi potrebbe pretendere di avere il diritto di rappresentare le generazioni musulmane fino al giorno del giudizio? Questa è la legge che governa la terra di Palestina nella Sharia [legge] islamica e lo stesso vale per qualsiasi paese i musulmani hanno conquistato con la forza, perché durante i tempi di conquiste, i musulmani hanno consacrato queste terre per le generazioni musulmane fino alla giorno del Giudizio." (Statuto del Movimento di Resistenza islamico Hamas, 18 agosto 1988, art. 3)

Tutto questo, lo ripeto, è la ragione principale della guerra che il mondo musulmano svolge contro Israele, colpevole di aver liberato un paese conquistato militarmente dall’Islam e di voler governare, loro esseri inferiori, i naturali dominatori musulmani. Chiunque guardi le cose con sufficiente onestà intellettuale deve ammetterlo. Ma, attenzione, non si tratta solo di Israele. La Spagna, i Balcani, l’Italia meridionale che sono stati a suo tempo conquistati dagli arabi, hanno agli occhi dell’Islam lo stesso statuto di Israele: è terra islamica, Wafq, anche se da molto tempo “occupata” dagli europei; deve pertanto essere riconquistata, PERCHE' CIO' CHE E' STATO ISLAMIZZATO UNA VOLTA, per dirla con Hamas, “è una terra islamica Waqf, consacrata alle generazioni musulmane fino giorno del giudizio”.
Ma non basta, perché, al di là della conquista militare, è illegale e innaturale, dal punto di vista islamico, che degli esseri inferiori governino i loro superiori. Dunque è illegale e innaturale che dove ci sono dei residenti islamici, comandino dei cristiani, degli ebrei, degli atei, insomma, chiunque non sia loro.
Tanto più numerosi sono i musulmani, anche se minoritari, tanto più ovvia la loro pretesa al dominio e all’applicazione della legge islamica al di sopra delle norme civili (soprattutto se contraddicono il Corano, stabilendo l’uguaglianza dei sessi o la libertà di religione).

Dunque l’Europa, prendendosi in casa a milioni gli islamici sta ponendo le premesse per questa rivendicazione e per i torbidi che ne seguiranno. Agli occhi dei musulmani, si sta arrendendo alla loro responsabilità. Questa è la responsabilità delle Merkel, dei Bergoglio, degli Jucker, di tutti i politici che in nome di una malintesa misericordia o di una altrettanto malintesa emergenza demografica favoriscono l’invasione degli immigranti irregolari in Europa. Pensiamoci, combattiamoli e sconfiggiamoli (con le armi legali del voto, naturalmente) prima che sia troppo tardi.

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Ugo Volli


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