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Ugo Volli
Cartoline
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Pionieri 05/06/2013

Pionieri
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

Cari amici,

la vitalità di un popolo non si misura solo dalle sue realizzazioni materiali, dalla bellezza dei paesaggi che lo circondano, dalle sue realizzazioni materiali e culturali, dal suo potere militare o economico. Da tutti questi punti di vista una visita in Israele mostra la straordinaria produttività del popolo ebraico nel secolo e mezzo circa in cui si è dedicato alla rinascita della sua terra d'origine. La bellezza delle città nei loro monumenti antichi e nell'edilizia moderna; lo straordinario fiore di una terra per secoli etichettata come desertica e improduttiva; i suoi scrittori, i suoi pittori, gli inventori e gli scienziati, e ancora un'economia florida e un esercito capace di vincere contro nemici molto superiori per numero e per ricchezza: tutto questo costituisce un risultato così straordinario da confermare mille volte al giorno la celebre frase di Ben Gurion secondo cui da queste parti non è realista chi non crede nei miracoli.


Ben Gurion                    La Knesset

Ma in fondo non è questo l'essenziale. Anche l'Italia ha paesaggi e monumenti straordinari, grande arte o almeno la testimonianza che ha lasciato, gode di molto benessere nonostante la crisi e si vanta della sua creatività; ma difficilmente oggi si trova qualcuno in Italia che si dichiari contento della nostra condizione collettiva. Quel che conta è lo spirito delle persone, la loro capacità di sentire la propria vita dedicata a un fine collettivo, l'indipendenza, il coraggio, la capacità di immaginare un futuro migliore e di provare a realizzarlo.

E' questo spirito quel che mi ha colpito di più nel nostro giro dedicato soprattutto alla Giudea e alla Samaria e ai suoi pionieri. La speranza, la determinazione, l'amore per il proprio compito. Ricordo il discorso che ci ha fatto il giovanissimo direttore di una scuola preparatoria al servizio militare, in mezzo alla Samaria: una spiegazione per nulla esaltata o polemica, in cui spiegava l'importanza dell'educazione, ma anche il senso del dovere verso la collettività e soprattutto delineava un progetto rovesciato rispetto al meccanismo stanco e ripetitivo delle trattative per le trattative, in cui invitava ad avere fantasia istituzionale, a badare innanzitutto alle condizioni di vita dei vicini arabi, a cercare l'accordo di quei molti fra loro che accettano la presenza ebraica come un dato positivo. Ricordo l'evidente amore per la terra e per l'eccellenza di due vignaioli che ci hanno parlato dei loro vini e delle loro cantine come l'effetto del rapporto peculiare che la vite ha con il suo luogo di produzione - e in effetti ricordo anche i loro vini intensi e profumati come pochi altri.

Ricordo il medico che ci ha spiegato con tutta semplicità le tappe con cui si è costruito un servizio di cardiochirurgia infantile che assiste e opera bambini di tutto il mondo, più di duemila finora, inclusi quelli che provengono da paesi nemici di Israele, ma ricordo anche la narrazione di quei genitori di Gaza, più d'uno, che hanno tentato di introdursi nell'ospedale che doveva cercare di salvare la vita ai loro figli approfittando della confusione per passare con giubbotti esplosivi, destinati a uccidere bambini e benefattori. Ricordo anche il coraggio semplice con cui il medico ha scosso le spalle e ha continuato a parlare dei progetti nuovi che preparano, senza farsi turbare dai terroristi. Ricordo le facce dei bambini di un kibbutz vicino a Gaza, colti da un film nel momento di un bombardamento di razzi Kassam, e visti poi invece allegri a giocare nei locali di una scuola coperta da quaranta centimetri di cemento armato contro i razzi, come ogni casa nel kibbutz; e le fermate dell'autobus e i parchi giochi con annessi rifugi altrettanto massicci, sgraziati parallelepipedi di cemento dipinti di giallo e di azzurro per renderli meno minacciosi. Un kibbutz che potrebbe essere una specie di paradiso, con grandi alberi e prati verdi su cui si muovono i pavoni e i pony che servono a far giocare i ragazzi; se non fosse che ogni angolo è calcolato per difendersi dai razzi che piovono spesso, gli ultimi due settimane fa. E ricordo la presentazione del sindaco, tutto fiero per la produzione agricola tratta da grandi campi fino al confine con la tortuga terrorista che ripete gesti di morte e di odio.

Potrei andare avanti a lungo. Ma spero di avervi dato il senso dello spirito, del coraggio, della calma, dell'inventiva della fantasia, dell'amore, del senso della vita delle persone che abbiamo incontrato in questo viaggio. Pionieri, come vi ho scritto ieri, pionieri e non coloni, persone che non cercano di ottenere il massimo vantaggio personale o di accomodarsi alle opinioni della maggioranza, ma fanno quel che sentono giusto. Gente fiera, coraggiosa e indipendente, ma dall'aria piuttosto mite, ricca di umorismo, capace di argomentare. Il punto fondamentale è l'amore per la terra di Israele, il senso di partecipare a un momento storicamente decisivo per il popolo ebraico, la volontà di fare la propria parte, di non voler lasciare andare il compito che la storia, il destino, o per molti di loro la volontà divina ha affidato a questa generazione. Sono loro, i pionieri, ad assicurare il futuro di questo paese, la loro profonda convinzione, la loro moralità, la loro inventiva, il loro entusiasmo. Averli conosciuti di persona è stato un grande privilegio di questo viaggio fuori dai percorsi consueti in Israele.

Ugo Volli


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