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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Luciano Tas
Le storie raccontate
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1999 : Ehud Barak vince le elezioni 22/05/2009

Alla fine del 1998 aveva preso il via una operazione militare alleata contro l’Iraq: nome in codice (poco originale) “Volpe del deserto”, quasi un singolare omaggio al generale tedesco Rommel, che proprio così veniva chiamato in Libia nella seconda guerra mondiale. L’operazione era incominciata con un bombardamento aereo “normale”, ma ben presto su Bagdad e sui centri strategici iracheni incominciavano a piombare missili, alcuni dei quali andavano a colpire i palazzi presidenziali di Saddam Hussein,e altri raggiungevano le località dove si presumeva fossero nascosti ordigni bellici non convenzionali, tipo aggressivi chimici e forse nucleari. L’attacco aereo, seguito da lanci di missili Tomahawk (versione aggiornata dei vecchi Cruize), anche da navi da guerra statunitensi che li lanciavano con precisione da quaranta chilometri, (ma più tardi gli ordigni bellici temuti non si troveranno proprio). Ma ora i bombardamenti si fanno sempre più micidiali e prepareranno l’attacco finale delle truppe alleate in uno scontro sul terreno che Saddam aveva annunciato con enfasi come “la madre di tutte le battaglie”, che lui ostentava di poter vincere.

Si combatte in Iraq, si combatte nella ex Jugoslavia. Il mese di maggio vede esplodere una guerra nel Kossovo, tra bombardamenti e massacri interetnici. A giugno il violento conflitto ha fine. I soldati serbi si ritirano e vengono sostituiti da una forsa multinazionale di pace. Ancora una volta è stato l’intervento americano in questa parte di mondo, così lontana dalle coste USA, a spegnere (coin le cattive) i vari conflitti balcanici.

 A maggio elezioni in Israele. Le vince il laburista Ehud Barak che riceve il 56% dei consensi contro il 44% del suo rivale Benjamin Netanyahu, che gli deve cedere il complicatissimo bastone di comando, visto il sistema elettorale israeliani strettamente proporzionalista. Le urne infatti mandano alla Knesset, il Parlamento unicamerale, ben 15 partiti a occupare i 120 seggi. Barak vince, ma deve mettere in piedi una coalizione eterogenea (troppo) che gli assicura sì 73 voti su 120, una maggioranza apparentemente molto forte, ma che in realtà resterà litigiosa, e anche a causa dei partiti più piccoli, maggiormente ricattabile. I partiti tradizionalmente più forti, il Labour Party e il Likud, ottengono rispettivamente 26 e 19 seggi, un tracollo. Se la sinistra (che anche con i dieci seggi di Meretz e i sei di Shinui resterebbe lontana dalla maggioranza) piange, la destra liberale o altro, sostanzialmente rappresentata dal Likud con qualche frangia sparsa e i voti dei partiti religiosi, davvero non ride. Il testimone passa comunque dalle mani di Netanyahu a quelle di Barak, un eccellente generale che offrirà ai palestinesi condizioni di pace eccezionalmente generose, molto al di là di quelle che aveva offerto Rabin, ma anche Barak si scontrerà con il rifiuto della controparte. L’Occidente però continuerà a guardare da una parte sola. E quella parte non è Israele.

In Italia va avanti il processo di beatificazione di Papa Pio IX, quello che in un primo tempo del suo pontificato aveva suscitato le speranze degli uomini del Risorgimento prima di rimanere delusi. Pio IX era stato il Papa del “caso Mortasa”, il caso del piccolo Edgardo Mortasa, rapito a Bologna il 23 giugno 1858 dalle guardie papaline, convertito e mai restituito alla famiglia, malgrado il clamore sollevato in tutta Europa. La volontà di Pio IX di aggiudicarsi la preda fa parte di quelle opere portate a testimonianza della sua santità? Solo Vittorio Messori pareva crederlo, quando a proposito di quel rapimento e di quella conversione forzata affermava non tanto criticamente che “sembra vedere all’opera un Dio che sa scrivere diritto anche su righe storte”.


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