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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Luciano Tas
Le storie raccontate
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1987 : la crisi senza ritorno del comunismo 26/02/2009
E’ ufficiale. A gennaio, al Plenum del Comitato Centrale del PCUS, Gorbaciov annuncia le linee portanti della sua politica. La prima è chiamata glasnost (trasparenza), la seconda perestrojka (rinnovamento). Come dire maggiore libertà d’espressione da un lato, timido ritorno alla libertà di mercato dall’altro. Insomma, in altre parole, fine del fallimentare esperimento-comunismo durato settanta anni. L’Arcipelago Gulag si svuota, il modello capitalistico (magari nella sua interpretazione selvaggia) si fa largo. La crisi senza ritorno del comunismo, la conseguente fine dell’impero sovietico, sono macigni lanciati nello stagno, e l’onda che producono arriverà lontano. Di sicuro nel nostro paese. La fine annunciata del comunismo andrà a coincidere con quella dell’equilibrio del terrore che, missile a lunghissima gittata contro missile a lunghissima gittata, aveva garantito all’Europa il più lungo periodo di pace di tutta la sua esistenza. E’ stata guerra fredda sì, ma senza che venisse sparato un solo colpo. Ora però l’equilibrio sarà di vera pace per l’Europa. Ma cominciano o si aggravano altri problemi planetari. La svolta è davvero epocale per l’intero pianeta che ruota ora intorno ad una ormai sola superpotenza, gli Stati Uniti. Un sussulto all’equilibrio del terrore è dato dalla ripresa negli Stati Uniti di esperimenti nucleari sotto il deserto del Nevada. Immediatamente l’Unione Sovietica riprende i suoi. Solo alla fine dell’anno Reagan e Gorbaciov firmeranno a Washington l’accordo per lo smantellamento dei cosiddetti euromissili. Se le armi arrugginiscono in Europa, non cessano di essere attive in Medio Oriente, dove le sorti della lunga e sanguinosa guerra Iraq-Iran (si conteranno un milione di morti tra le due parti) si capovolgono decisamente a vantaggio dell’Iran che in una grande offensiva arriva a investire Bassora, che tuttavia resiste alla spinta iraniana, al prezzo di fiumi di sangue. Intanto le truppe siriane entrano in Libano, coronando così un lungo sogno, quello di ricongiungere il paese dei cedri a Damasco, della cui Grande Provincia faceva parte. Mai la Siria aveva voluto riconoscere l’indipendenza libanese, tanto è vero che non esistevano (e non esistono) rapporti diplomatici tra i due paesi. Il pretesto di Damasco per invadere il Libano era stata la richiesta di aiuto del Premier libanese Karame per mettere fine alla guerra civile che vede soprattutto contrapposti cristiani e musulmani. I cristiani avranno la peggio, anche perché da nessuna parte raccoglieranno qualche segno di solidarietà, e molti lasceranno il paese un tempo chiamato la Svizzera del Medio Oriente. Il 18 maggio una fregata americana che nel Golfo Persico vigilava a difesa della navigazione commerciale minacciata dall’Iraq e dall’Iran in guerra tra loro, e dalla pirateria in guerra per conto proprio, veniva colpita da un missile iracheno, forse per sbaglio, forse intenzionalmente. A luglio arrivano nel Golfo unità navali francesi e olandesi. Ma sono sempre gli Stati Uniti ad accollarsi le responsabilità legate al loro ruolo. A settembre e a ottobre gli americani attaccano unità navali iraniane che erano intente a depositare mine nelle acque del Golfo Persico. A ottobre appare in Italia su “Il Sabato”, settimanale vicino a Comunione e Liberazione, una intervista al cardinale Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, il quale afferma che “seguendo il pensiero di S. Paolo possiamo dire che, diventando cristiano, io divento un vero ebreo, perché ho tutta la pienezza dell’Antico Testamento in me”. “Mi pare, aggiunge, che questa possibilità da una parte accetta tutta l’eredità dell’Antico Testamento, ma esprime il cammino verso la verità completa, la vera profonda religione di Abramo che si rivela nell’avvenimento di Cristo, figlio di Abramo, figlio di Dio”. Ma, dicono gli ebrei, se per raggiungere “la verità completa”, l’ebraismo deve travasarsi nel cristianesimo, se l’unica Verità è quella cristiana e non ce ne sono altre, a che serve il dialogo tra ebrei e cristiani? Di che cosa dovrebbero parlare in tema di credenze? Come si può opporre un’astratta e immaginata verità a un’altra, se uno degli interlocutore ha già deciso che la sua è la sola unica e vera fede? E come si può ragionare tra una presunta verità e magari il dubbio? Quella Chiesa uscita dal Concilio Ecumenico Vaticano II, è stata un fiore che sboccia o un seme sepolto dalla neve? Dalla storica visita del 1986 di Papa Wojtyla alla Sinagoga di Roma, si torna alla casella numero uno, che chiede agli ebrei di convertirsi come unica salvezza? Il quesito si riproporrà tale e quale venti anni dopo con il Cardinale tedesco diventato Papa. L’anno finisce male. Il 19 dicembre Wall Street, la Borsa americana, conosce un tracollo più grave di quello del 1929 e in assoluto mai registrato durante tutto il XX secolo. Il Dow Jones segna un calo del 22%. Si dice che se Wall Street si prende l’influenza, per Asia ed Europa c’è la polmonite. Figuriamoci cosa succede quando a prendere la polmonite sono gli Stati Uniti. Bisognerà aspettare la fine del 2008 per registrare un nuovo record negativo ed una crisi economica mondiale che farà impallidire tutti i precedenti mercoledì o venerdì neri che hanno colpito le Borse di tutto il mondo.

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