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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Luciano Tas
Le storie raccontate
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1983: si allarga il fronte del terrorismo internazionale
L’anno si apre con l’annuncio (ritardato) da parte greca dell’arresto di uno degli attentatori alla sinagoga di Roma dell’anno precedente. Si tratta di un palestinese con passaporto giordano, il ventiduenne Osma Abdel Al Zumer. Il terrorista era stato fermato insieme a due complici mentre con la sua Mercedes carica di esplosivi stava cercando di passare la frontiera con la Jugoslavia, obiettivo Roma.

Intanto il governo libanese pubblica i dati relativi alla strage perpetrata nel settembre del 1982 a Sabra e Chatila: uccisi 328 palestinesi (tra cui 7 donne e 8 bambini), 109 libanesi (tra cui 8 donne e 12 bambini, 21 iraniani, 7 siriani, 3 pakistani e 2 algerini. In totale 435 uomini, 15 donne e 20 bambini.

Vengono a galla in aprile le prime rivelazioni sulle stragi perpetrate in Argentina dalla dittatura militare. La nuova Giunta afferma in aprile che i desaparecidos sono tutti morti. Si tratta di trentamila persone.

Il fronte del terrorismo internazionale si allarga. E’ la volta del “Fronte di Liberazione Nazionale” della Corsica a compiere attentati dinamitardi a maggio.

Ma guerre e terrorismo non risparmiano l’Africa. Nel Ciad infuria una guerra civile che esige un enorme tributo di sangue. I ribelli sono aiutati da Gheddafi, i governativi dalla Francia.

Il terrorismo però può essere fatto anche con le parole. Come quelle di una poesia di Leonida Repaci apparsa sull’Unità, che parla di cadaveri palestinesi usati dagli israeliani per trarne “profumo per i loro parrucchieri”. (Proprio come il sapone estratto dai cadaveri ad Auschwitz: era questo che voleva dire Repaci).

La Commissione israeliana d’inchiesta su Sabra e Chatila pubblica il suo rapporto. Sono 130 pagine che indicano le responsabilità primarie di tre uomini: il ministro della Difesa Ariel Sharon, il generale Rafael Eitan, Capo di S.M. dell’esercito, Jehoshua Saguy, capo Servizi Informazione.

La Commissione chiede per tutti e tre l’esonero dai loro incarichi. E’ affermata anche la responsabilità del Premier Menachem Begin per non essersi interessato alla sorte di Sabra e Chatila (ma non chiedono le dimissioni, che tuttavia avverranno a poca distanza di tempo). Stessa segnalazione per il ministro degli Esteri Itzak Shamir. Esonero invece per il generale Amos Yaron, a quel tempo comandante della piazza di Beirut,

Solo un rimprovero per la mancanza di determinazione al generale Amir Drori. Infine, ma non secondariamente, la responsabilità diretta del massacro è attribuita alla Falange cristiana libanese.

Nel giugno 1982, subito dopo l’invasione israeliana del Libano e la caccia ai terroristi di Arafat, si concretizza l’idea della formazione di una forza multinazionale di “dissuasione” da inviare in Libano. Una proposta che vede il consenso incondizionato d’Israele. Ad agosto, sempre dell’82, il governo libanese invita Stati Uniti, Francia e Italia a partecipare alla forza internazionale e a dispiegarsi in Libano. Durata: un mese.

La forza verrà inviata a fine agosto. La compongono 800 parà francesi, 800 marines USA e 530 nostri bersaglieri. Li appoggeranno 3000 soldati e 2000 poliziotti libanesi. Formalmente sarà tutto sotto l’autorità del governo libanese, ma ogni contingente avrà un proprio comando indipendente.

Il 1° settembre, sempre del 1982, gli ultimi miliziani palestinesi, 10400, abbandonano il Libano. Con loro i leader delle varie sigle, Fronte Popolare con Gerge Habbash, Fronte Democratico con Naief Hawatmeh, Fronte popolare – comando generale con Ahmad Jibril e naturalmente Al Fath con Yasser Arafat.

Ma eccoci al 1983. A gennaio l’equilibrio incomincia a diventare instabile e le prime bombe vengono lanciate contro la forza multinazionale. Il 18 aprile salta in aria l’ambasciata americana. 69 i morti, in gran parte dipendenti libanesi, con diversi funzionari e marines americani. La firma dell’attentato è quella di una nuova sigla, la “Organizzazione per la guerra santa islamica” o “Partito di Dio”, gli Hezbollah.

A settembre, mentre le forze israeliane incominciano a ritirarsi verso il sud del paese, dai quartieri musulmani di Beirut partono le azioni terroristiche. Bombe sul campo italiano, marines uccisi vicino all’aeroporto. Poi contro i musulmani si muovono i Drusi di Walid Jumblatt. Ma l’obiettivo primario del terrorismo islamico è la forza multinazionale-

A ottobre la Siria chiede il ritiro di questa forza che “mette in pericolo la sicurezza del Libano e dell’intera regione”, come se la presenza della polizia incoraggiasse i furti. Per l’URSS quelle americane, francesi e italiane sono “truppe imperialistiche”.

Alle parole seguono il giorno 23 tragici fatti.

Contro le caserme dove alloggiano americani e francesi due camion-bomba producono una strage: muoiono 258 americani  e 56 francesi.

Il 4 novembre è fatta saltare la sede del comando israeliano di Tiro: 29 i morti, 26 i feriti.

Incomincia l’evacuazione dei militari americani e francesi.

Restano  gli italiani, sotto il lucido comando del generale Angioni, a presidiare i campi di Sabra e Chatila.

Il ritiro delle forze americane, e infine di quelle italiane, si completerà il 17 febbraio del 1984. Declino e fine di una missione di pace.

Il cielo d’Europa si va oscurando. Scontri a Cipro tra greci e turchi. La parte settentrionale dell’isola si stacca da quella greca e si proclama repubblica indipendente, che però sarà riconosciuta solo dalla Turchia.

A novembre vengono installati in Sicilia i primi Cruise, con la punta rivolta verso Est. L’URSS per protesta rompe le trattative con gli Stati Uniti sulla limitazione degli armamenti strategici (ma i missili sovietici  restano puntati verso l’Europa). Il PCI a sua volta organizza grandi proteste in tutta Italia e soprattutto in Sicilia contro le nostre installazioni difensive (non contro quelle sovietiche, da un bel pezzo in posizione). Ma i Cruise saranno tutti installati.


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