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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Luciano Tas
Le storie raccontate
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1977: Sadat in Israele
 

A gennaio appare improvvisamente sulla TV sovietica un docu-film dal titolo “Cose note e segrete”. Si tratta di un serial sulla storia dell’URSS dopo la Rivoluzione che si apre drammaticamente con il rumore di un colpo di pistola. mentre una voce fuori campo dice “l’ebrea Fanya Kaplan tentò di uccidere Lenin”. Un aperitivo, tanto per gradire.

Questa storia secondo la vulgata comunista continua illustrando a lungo la figura di Trotzkij che nel film, vedi caso, viene sempre e soltanto chiamato con il suo vero nome, Léon Bronstein, un nome tipicamente ebraico che nelle intenzioni degli autori sottolinea il carattere demoniaco e malvagio (così cattivo non poteva che essere ebreo) di una delle figure di maggior spicco del golpe bolscevico di Ottobre. Stalin prima lo espelle dall’Unione Sovietica, poi nel 1940 lo farà assassinare in Messico dove Totzkij si era rifugiato. Il suo nome è ricoperto di fango e tutte le più fantastiche invenzioni su di lui ed i suoi (presunti) seguaci popolano i libri di storia patria e i plotoni di esecuzione.

Andando avanti nella storia vista dal Cremlino si spiega come mai nel giugno del 1941 la Germania abbia aggredito l’Unione Sovietica. Il fatto è, dice lo speaker, che “il capitale ebraico ha aiutato Hitler a impadronirsi del potere”.

Le difficoltà economiche dell’URSS sono sempre attribuite a qualche “Abramovich avido nemico della classe operaia”. Manco a dirsi, Abramovich è il cognome ebraico per eccellenza in Russia.

Qualche settimana dopo esce un secondo docu-film, “Mercanti d’anime”, dove i “mercanti” sono quelli che cercano di aiutare gli ebrei a uscirsene dalle cure di Stalin, sono i “sionisti”, autori di tutte le malefatte.

Alcuni di loro vengono ripresi dalle cineprese (nascoste? Siamo a candid camera come vogliono far credere o sono attori?) mentre complottano. Uno di loro è intento a ricevere – sulla pubblica via – del denaro dall’estero (ma come?). Ecco quindi, dice il commento fuori campo: “Non è escluso che queste organizzazioni mantengano contati segreti con la CIA”. All’aperto mentre sono fotografati? Ma via, sono solo attori.

Il 3 marzo l’uomo ripreso mentre prende soldi dall’estero (non l’attore, ma quello accusato di)  viene arrestato, però non per i motivi politici che erano serviti in passato per mandare al muro la gente, cioè spionaggio, sabotaggio, trotzkismo. No, questa volta l’accusa è: “parassitismo”. Il parassita è Joseph Begun, e  lo è perché non risulta che lavori. E non lavora perché è stato licenziato. Ed è stato licenziato perché aveva fatto domanda di emigrazione per Israele.

Peggior sorte aspetta, per lo stesso “reato”, Anatoly Sharanskij, un uomo di grande finezza e intelligenza a cui le angherie al limite della tortura non riusciranno a spezzare la schiena. Resterà in carcere per diversi anni. Alla fine riuscirà ad emigrare, a scrivere un libro sulla sua esperienza (poco letto perché silenziosamente scomunicato dalla egemonia culturale del PCI) e in Israele a diventare ministro.

A maggio elezioni politiche in Israele. Dopo 29 anni di governo viene sconfitto il partito laburista. Vince il Likud, partito di centro-destra. Primo ministro diventa Menachem Begin, che offre il ministero degli Esteri al mitico generale Moshé Dayan-

A luglio sono in guerra Etiopia e Somalia per il possesso dell’Ogaden, desolata regione che confina con i due paesi. Ma tutta l’Africa è sconvolta da guerre e guerriglie devastanti che diventeranno endemiche e micidiali come lo sono l’estrema miseria e la fame, e come lo sarà  l’AIDS.

Ci sono notizie anche dall’Italia, e non sono buone.

Tra le una e le una e mezzo della mattina del 15 agosto (vedi caso, è Ferragosto) evade dal Celio, l’ospedale militare nel quale era stato ricoverato, l’ex tenente colonnello delle SS Herbert Kappler, l’uomo che aveva estorto cinquanta chili d’oro alla comunità ebraica di Roma, pianificandone poi la deportazione a partire dal 16 ottobre 1943 con la famigerata retata nel vecchio Ghetto. Non per questo tuttavia Kappler era stato condannato all’ergastolo da un tribunale militare, ma per la strage perpetrata alle Fosse Ardeatine a marzo del 1944.

L’evasione è rocambolesca, tanto da essere francamente incredibile.

Era venuta a trovare Kappler la sua compagna (che sposerà molti anni più tardi) Anneliese che sarebbe riuscita nientemeno che infilare il colonnello dentro una capace valigia, fatta poi passare indisturbata sotto gli occhi dei militari di guardia al prigioniero. Un’auto dal capace bagagliaio sarebbe stata in attesa e la valigia così capiente non avrebbe sollevato nemmeno un sospetto alla polizia di confine. Quindi tutto in discesa verso l’Austria e la libertà.

Qualche giornale insinua (come Il Messaggero di Italo Pietra) che sia “scoccata l’ora della Germania in casa nostra” con i relativi miliardi di buona moneta dei turisti tedeschi in Italia. Altri ritengono, con maggiore fondatezza, che sia stato stipulato un tacito accordo nell’incontro  Andreotti-Schmidt di poco prima. La Germania, che ci aveva fatto un grosso prestito, avrebbe consigliato il debitore italiano di farle un piccolo favore.

Agosto è anche il mese della Cina, dove all’XI Congresso del Partito Comunista Cinese non solo esplode la critica alla Rivoluzione Culturale di Mao-zedong (lo sciagurato esperimento sociale e politico che aveva provocato un disastro economico tale da far fare un balzo indietro alla Cina di almeno trent’anni in un bagno di sangue), ma anche all’estromissione dalla stanza dei bottoni della “Banda dei Quattro”. che di quell’esperimento sulla pelle umana erano stati i principali fautori e protagonisti.

E in Germania vengono chiusi i conti con il terrorismo interno. I tre capi della banda Baader Meinhof muoiono suicidi (o vengono suicidati) nel carcere di Stoccarda. Di come siano andate veramente le cose nessuno è assolutamente certo, ma ogni focolare di terrorismo nazionale è spento.

A settembre c’è una curiosa campagna, condotta quasi sottovoce da soggetti politici vari e da qualche giornale, perché l’Italia si affretti a riconoscere ufficialmente l’OLP e Arafat il suo profeta. Riconoscere come? Arafat Capo di Stato? Arafat Presidente in esilio? Non è molto chiaro, ma a pronunciarsi in tal senso sono lo stesso ministro degli Esteri Arnaldo Forlani, il vice-Presidente della Camera Virginio Rognoni, Dino Frescobaldi, autorevole editorialista del Corriere della Sera. Ancora una volta il governo italiano non  sembra “insensibile al grido di dolore” dell’OLP, e Forlani all’ONU non manca di esaltare la figura, il ruolo (e le opere?) di Yasser Arafat.

Indiscrezioni di agenzie danno per sicura e prossima una iniziativa in tal senso del governo Andreotti. Non andrà proprio così, ma un appello pubblicato su tutti i giornali, chiede che l’Italia ”proceda senza ulteriori indugi al riconoscimento dell’OLP come legittimo rappresentante del popolo palestinese” (trenta anni dopo si vedrà che semmai a rappresentarlo sarebbe stato più legittimamente Hamas).  Tra i primi firmatari Fracanzani, Calchi-Novati, Pajetta, La Valle, Pascalis, Ugo Gregoretti e persino Alberto Moravia.

Tra il 17 e il 18 ottobre un commando tedesco effettua un raid (sul modello israeliano a Entebbe) a Mogadiscio, dove era atterrato un aereo di linea della Lufthansa dirottato da un gruppo di terroristi che chiedevano la liberazione dei membri della banda Baader-Meinhof e quindici milioni di dollari in cambio della vita dei passeggeri.

La risposta di Bonn (che nel ’77 è la capitale provvisoria della Germania occidentale) è nell’invio nella capitale della Somalia di un commando bene addestrato (dopo la tragedia delle Olimpiadi di Monaco di tre anni prima) che irrompe nell’aereo, fredda i terroristi e libera i passeggeri, tutti incolumi.

Novembre è un mese importante per il Medio Oriente. e non solo. Il 19 il Presidente egiziano Anwar al-Sadat giunge tra la sorpresa generale in Israele. Invitato alla Knesset, il Parlamento, parla in modo convincente di pace. Un passo spettacolare e determinante perché prepara la firma di un trattato di pace tra Egitto e Israele. Il conflitto arabo-israeliano sembra avviarsi ad una conclusione pacifica, ma troppi sono gli interessi islamici contrari di ogni gesto di pace verso l’odiato Occidente, di cui Israele è il rappresentante nell’unghia di terra dove si è insediato. Il Grande Satana è interpretato nella tragicommedia islamica dagli Stati Uniti, il Piccolo Satana da Israele.

I conflitti territoriali si possono più o meno facilmente comporre, con l’irrazionalità dell’odio non ci può essere alcun tipo di dialogo.

L’Occidente si consola con il “cubo di Rubik”, l’appassionante esercizio para-matematico che occupa molti lavoratori degli uffici pubblici e non solo.


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