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Luciano Tas
Le storie raccontate
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Pregiudizi e pregiudizi mediatici 17/05/2007
 

E’ stata dato un certo rilievo mediatico al sondaggio effettato in cinque paesi europei (Italia, Francia, Germania, Spagna e Polonia), commissionato dalla Anti Defamation League per misurare il polso antisemita dell’Europa.

I risultati sono stati scoraggianti. La maggioranza del campione coltiva tutti o quasi i pregiudizi (negativi) sugli ebrei che sarebbero più fedeli a Israele che al paese in cui vivono, che determinerebbero con le loro lobbies la politica estera statunitense in Medio Oriente, che hanno troppo potere finanziario, e infine un buon numero d’intervistati ritiene gli ebrei responsabili dell’uccisione di Gesù.

L’Italia, tutto sommato uno dei paesi meno pesantemente "inquinati" dall’antisemitismo, conterebbe però un robusto 18% convinto che sì, gli ebrei abbiano proprio ucciso Gesù.

L’anti-israelianesimo contribuirebbe solo parzialmente alla diffusione del virus antisemita. E questo dovrebbe consolare quanti sono pregiudizialmente contro Israele ma rifiutano di sentirsi definire antisemiti, come in realtà (e forse in parte anche inconsapevolmente) sono.

Fa una certa impressione registrare che la metà esatta dei paesi presi in esame non solo ritiene che gli ebrei siano responsabili della politica mediorientale di Washington, e che molti (incluso un italiano su tre) siano convinti che gli ebrei parlino troppo della Shoà.

Comunque, bontà loro, gli europei in maggioranza pensano che Hamas sia una organizzazione terroristica e sia quindi giusto che l’Unione Europea abbia sospeso gli aiuti al governo palestinese fino a quando Hamas non riconoscerà il diritto all’esistenza d’Israele.

Il che, se ci si riflette un po’, è abbastanza paradossale, in quanto di "diritto all’esistenza" di qualcuno o di qualche paese non si dovrebbe neppure discutere, perché altrimenti si potrebbe mettere in forse anche la legittimità dei codici che perseguono come reato l’omicidio.

Questa maggioranza sarebbe comunque confortante rispetto a coloro che da quarant’anni ripetono "la pace si negozia con i nemici, non con gli amici", ritenendo così implicitamente giusto e regolare che uno si sieda a trattare per raggiungere un compromesso con chi si prefigge prioritariamente di ucciderlo. Il compromesso di questo eventuale negoziato quale potrebbe essere? Che si debba ritenere fortunato se gli vengono tagliate solo le gambe?

Bene, cioè male se questi risultati fossero del tutto attendibili.

Da un punto di vista metodologico però qualche dubbio è lecito.

Un campione di 2714 persone (per l’Italia ne erano state scelte 500) per una popolazione che complessivamente supera i 280 milioni sembra insufficiente a rappresentare tutte le varie regioni nazionali (sud, nord, est, ovest) con le loro diverse storia, e poi i vari mestieri e professioni, il grado d’istruzione, le possibilità economiche, l’età, il sesso degli abitanti dei sei paesi presi in esame.

Ciò non significa con questo dire che la realtà è migliore o peggiore, ma occorre rilevare che il campione è insufficiente e perciò poco attendibile.

Bisognerebbe poi conoscere come sono state formulate le domande, che tipo di "incroci" di verifica siano stati fatti, e così via.

I media, almeno i nostri, a loro volta non hanno fornito sufficienti informazioni.

Ma qui si deve segnalare un fenomeno dei nostri tempi, vale a dire la caccia all’"audience". Vero è, e lo si è sempre detto, che "solo la cattiva notizia è una notizia", ma sembra che si tenda a esagerare. Lo spazio che viene dato alla notizia, la sua collocazione in pagina o sullo schermo, la titolazione, tutto con un occhio alle vendite o agli ascolti radiofonici e televisivi, dipendono sempre più dal grado di "cattiveria" della notizia. Nell’ordine: omicidio, pluriomicidio, strage, strage efferata, strage particolarmente efferata. O, se si tratta di fenomeno naturale: pioggia (o mancanza di), alluvione (o siccità), tsunami (o desertificazione). E così via.

La domanda è: è la gente che vuole sentire o vedere queste cose oppure sono i media che solleticano certi istinti della gente? Ma è la gente che vuole il sangue (metaforico o meno), oppure sono i media che scientemente glielo offrono, oppure ancora si limitano a cavalcarlo?

E torniamo al sondaggio. Per molto tempo ogni cinque anni si sentiva il polso della popolazione attraverso una indagine davvero scientifica per quanto riguarda il fenomeno (antico) dell’antisemitismo e (più recente, almeno in Europa) del razzismo. Ebbene, la percentuale di razzisti e antisemiti si è mantenuta più o meno stabile nel corso di vari lustri: intorno al 10%.

Possibile che di colpo stia dilagando? Se fosse vero, confermatecelo. Le valigie per lasciare l’Europa sono sempre pronte dall’8 maggio 1945.


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