Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
L’ossessione degli europeisti Editoriale di Daniele Capezzone
Testata: Libero Data: 25 agosto 2025 Pagina: 1/12 Autore: Daniele Capezzone Titolo: «L’ossessione degli europeisti: fare la guerra a Donald invece che cooperare con lui»
Riprendiamo da LIBERO di oggi 25/08/2025, a pag. 1/12, con il titolo "L’ossessione degli europeisti: fare la guerra a Donald invece che cooperare con lui", il commento di Daniele Capezzone.
Daniele Capezzone
Macron contro Trump, esempio di come gli europeisti abbiano deciso di contrapporsi a Trump (e agli Usa, sempre e comunque) per sentirsi forti, nonostante le bocciature vistose degli elettorati europei. Sarebbe meglio cooperare con gli Usa, soprattutto sul Medio Oriente, dove l'Europa che vuol riconoscere la Palestina sbaglia alla grande.
Sbagliare è umano, perseverare è eurolirico. Dopo anni di continue quanto inefficaci verticalizzazioni in capo a Bruxelles, a cui sono seguiti per un verso evidenti insuccessi nella gestione centralizzata di qualunque dossier (crisi economico -finanziarie, Grecia, immigrazione, pandemia, guerre), e per altro verso un netto e crescente dissenso anti-Ue da parte dell’opinione pubblica dei singoli paesi europei, il dibattito pubblico incredibilmente - ruota ancora intorno al mantra “ci vuole più Europa”.
A scuola, per far arrabbiare il prof di filosofia, generazioni di studenti si sono divertiti a immaginare sillogismi fasulli, del tipo: «Il treno fischia, Socrate fischia, allora Socrate è un treno». E invece oggi - non scherzano affatto voci autorevoli che paiono a loro volta proporre sillogismi farlocchi: «L’Ue ha fallito, chi l’ha guidata pure, dunque dateci più Ue».
Per sovrammercato, dalla vittoria di Trump nel novembre 2024, questo strano modo di ragionare si è arricchito di un’ulteriore anomalia: tutto è concepito come se l’Europa dovesse sistematicamente divergere dagli Usa, anziché cooperare con essi.
Inutile girarci intorno: il “sottotraccia” delle varie proposte è sempre l’ostilità e il sospetto verso Trump. E di conseguenza (errore che partorisce un altro errore) l’accentuazione di soggettività politica dell’Ue che gli eurolirici auspicano è tutta concepita per reazione e in contrapposizione con la Casa Bianca.
E così ogni dossier (economia, Ucraina, Medio -Oriente) viene esaminato puntando alla posizione che esalti la differenza con Washington. Fa eccezione (e fa benissimo) Giorgia Meloni, la quale - qui - non ha mai smesso di invocare la maggiore unità transatlantica possibile, e pure lì - cioè da Trump - ha proposto un saggio “make West great again” come “emendamento” amichevole ma sostanziale al celeberrimo “make America great again”.
Per carità: Trump stesso, nella logica di un confronto strategico di lungo periodo con la Cina, dovrebbe fare ogni sforzo per tenere più vicini a sé gli alleati storici (Giappone e paesi europei in primis). Ma sarebbe soprattutto nostro interesse restare accanto all’America, chiunque ne sia il presidente in un dato momento.
Anche perché, altrimenti, dove vorrebbero portarci i campioni della “divergenza” dal trumpismo? Verso una difesa meno integrata nella Nato, e per giunta priva di satelliti e di adeguata copertura aerea? Verso un rapporto politico ed economico privilegiato con la Cina, alla quale abbiamo già regalato un vantaggio pazzesco grazie al suicidio industriale chiamato Green Deal?
E tutto questo dovremmo farlo senza e contro il consenso dei cittadini europei, i quali ormai non sanno più cosa fare per far capire che non ne possono più delle ricette pro-Ue (non basta vedere in Germania l’AfD al 26%)?
CONTROMANO
Di più: sempre andando contromano rispetto alla volontà popolare, occorrerebbe - secondo i soliti “esperti” - conferire ulteriori poteri a Bruxelles, imboccare definitivamente la strada del Super-Stato, lasciare che sia la Commissione Ue a decidere altri mega-piani di spesa ultradirigisti, magari attribuire a Ursula von der Leyen anche la facoltà di imporre tasse europee (svuotando definitivamente governi e parlamenti nazionali), e comunque nel frattempo incentivare la possibilità europea di attingere a risorse private («Canalizzare il risparmio privato», dicono per indorare la pillola) sempre per finanziare i mega-piani.
I nostri strateghi eurolirici devono essere un po’ confusi. Forse nemmeno se ne rendono conto, ma disegnano uno scenario che rischia di portare a una specie di guerra civile strisciante: crescita economica ai minimi, desertificazione industriale (con l’automotive che è già a pezzi), immigrazione e islamizzazione ai massimi, ed elettori sempre più inevitabilmente in cerca di risposte all’insegna della protesta. Ecco, in questo scenario da incubo, la classe politico -burocratica bruxellese (non investita da alcun consenso popolare diretto) dovrebbe sussumere ulteriori poteri e attribuirsi il voto a maggioranza per mettere in condizione di non nuocere i governi eventualmente dissenzienti e politicamente sgraditi, e poi andare alla guerra contro il “cattivo” Trump.
Guidati da chi, peraltro? Dai sistemi che stanno collassando in modo spettacolare, e cioè Francia e Germania. Che userebbero ancora una volta gli altri paesi come scudo, salvo poi - al momento opportuno proporsi loro come “mediatori” con Washington. Una follia dopo l’altra.
Quanto al futuro dell’Ue, chi scrive è da tempo convinto che si debba recuperare (facendone l’alfa e l’omega di qualunque “riforma” europea) il discorso profetico che Margaret Thatcher tenne a Bruges il 20 settembre del 1988: disegnava un’Europa altamente desiderabile (niente Super-Stato, per capirci), destinata a fare poche cose insieme, a rispettare di più le sovranità e le differenze nazionali, a concepire la propria difesa dentro la Nato (e non altrove), ad allargare gli spazi di mercato e di competizione in una prospettiva di crescita. Senza pretese di integrazione politica eccessiva, e meno che mai di uno scettro del comando affidato a “tecnici” o burocrati senza volto. Aveva ragione lei, che molti leader attuali (a partire dagli stessi britannici e dai francesi) li avrebbe forse presi a borsettate.
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