Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
Come l’UNRWA impedisce le soluzioni gonfiandone i problemi Analisi di Mike Wagenheim
Testata: israele.net Data: 23 agosto 2025 Pagina: 1 Autore: Mike Wagenheim Titolo: «Come l’UNRWA gonfia il problema e ne impedisce la soluzione: un palestinese non può farsi rimuovere dall’elenco dei “profughi” nemmeno su sua esplicita richiesta, anche se ha acquisito un passaporto con piena cittadinanza»
Riprendiamo dal sito www.israele.net - diretto da Marco Paganoni - l'analisi di Mike Wagenheim tradotta da Jns.org dal titolo: "Come l’UNRWA gonfia il problema e ne impedisce la soluzione: un palestinese non può farsi rimuovere dall’elenco dei “profughi” nemmeno su sua esplicita richiesta, anche se ha acquisito un passaporto con piena cittadinanza".
Mike WagenheimL'UNRWA, oltre ad essere collusa con Hamas, nei decenni ha gonfiato a dismisura la questione dei profughi palestinesi. Registrando come profughi anche quelli che non lo sono mai stati. In questo modo contribuisce ad allontanare la pace, non certo a raggiungerla.
Mo Ghaoui, un creatore digitale palestinese-americano immigrato negli Stati Uniti sei anni fa e residente a Kent, Washington, durante una recente visita a Beirut dove prima viveva è entrato in un anonimo edificio che ospita gli uffici dell’UNRWA (l’agenzia ONU per i profughi palestinesi).
Come racconta a JNS, all’interno dell’ufficio ha visto un decina di dipendenti e alcuni computer in funzione, e ha deciso di mettere alla prova l’agenzia delle Nazioni Unite: voleva sapere se poteva rinunciare al suo status di profugo.
Tuttavia, preoccupato per possibili ripercussioni, ha pensato di porre la domanda sulla cancellazione a nome di un cugino, anziché per se stesso. Ha quindi chiesto all’impiegato dell’UNRWA se “suo cugino” poteva farsi rimuovere dal database dei profughi dell’agenzia.
“Perché? – gli ha chiesto l’impiegato – Non c’è niente da perdere. Nessuno lo fa. Nessuno. Non abbiamo questa procedura.”
Ghaoui racconta a JNS di non essersi accontentato di quel “perché” come risposta. “Vuole farlo perché pensa che sia meglio così – ha detto all’impiegato dell’UNRWA – Il tizio è cittadino britannico”.
Al che, l’impiegato dell’UNRWA ha spiegato a Ghaoui che il cugino poteva essere cittadino britannico e allo stesso tempo rimanere ufficialmente registrato come profugo.
Quando Ghaoui ha affermato che il “cugino” non è più un profugo, l’impiegato dell’UNRWA gli ha risposto che il suo nome avrebbe potuto essere cancellato dal registro dell’Autorità Palestinese, ma sarebbe rimasto nell’elenco dell’UNRWA.
Ghaoui racconta a JNS di aver contestato la logica dell’impiegato, chiedendo perché mai l’UNRWA dovrebbe tenere qualcuno nel suo registro se la persona in questione non è più presente nella lista dei profughi dell’Autorità Palestinese.
Interpellato da JNS, il responsabile senior delle comunicazioni dell’UNRWA Jonathan Fowler ha affermato che “i profughi palestinesi registrati possono essere rimossi dal registro dell’UNRWA solo alla loro morte o in caso di registrazione falsa o duplicata. Non su loro richiesta”.
L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite richiede all’UNRWA di “fornire assistenza e protezione ai profughi palestinesi fino a quando non verrà trovata una giusta soluzione alla loro condizione” ha aggiunto Fowler, spiegando che l’agenzia “mantiene elenchi di registrazione e rilascia documenti di identità per i profughi palestinesi, essenziali per il loro accesso ai servizi e al riconoscimento giuridico a cui hanno diritto”.
Confronto fra UNRWA (solo per i profughi palestinesi) e Alto Commissariato Onu per i Rifugiati (per tutti gli altri profughi del mondo)
Va sottolineato che per tutti gli altri profughi del mondo valgono regole diverse. Infatti, i profughi non palestinesi che ricadono sotto la gestione dell’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati non sono considerati profughi dopo aver acquisito un’altra nazionalità. L’UNRWA, invece, continua a considerare una persona come “profugo” anche se possiede più passaporti.
Secondo Fowler, “la mancanza di un risultato politico negoziato” per coloro che l’UNRWA elenca come profughi costituisce “una base legittima per mantenerne la registrazione”.
L’UNRWA, ha confermato Fowler, non ha “un meccanismo che consenta ai profughi palestinesi di richiedere la propria cancellazione dall’Agenzia”.
Tuttavia “potremmo, in casi eccezionali e su richiesta del beneficiario, disattivare il suo profilo in modo che non venga più mantenuto attivamente nel nostro elenco dei beneficiari”. Tale disattivazione significherebbe “che il profugo, e qualsiasi coniuge o persona a carico [l’UNRWA riconosce come profughi tutti i discendenti dei profughi originari, senza limiti di generazione ndr] non potranno più accedere direttamente ai servizi sanitari, educativi e di soccorso umanitario dell’UNRWA. In ogni caso – ha concluso Fowler – la disattivazione di un profilo non influisce sulla registrazione di base di quel profugo, né modifica il suo status giuridico di profugo palestinese ai sensi del diritto internazionale”.
Interpellato da JNS, l’ambasciatore d’Israele presso le Nazioni Unite Danny Danon ha detto che l’UNRWA, oltre ad avere le mani sporche di sangue per il suo coinvolgimento nel massacro del 7 ottobre e per avere il suo staff pesantemente infiltrato da Hamas, “sembra anche non fare nulla per porre fine a questo conflitto, avendo istituito protocolli e meccanismi inflessibili che perpetuano lo status di profugo dei palestinesi per generazioni, senza alcuna possibilità di uscirne. È un abominio”.
Fowler ha detto a JNS che un “profugo” dell’UNRWA può essere rimosso dall’elenco alla sua morte, ma Ghaoui fa notare che anche in questo caso la cosa avviene solo se i parenti del defunto si assumono l’iniziativa attivamente.
“Quando ti prendi la briga, come individuo, di dichiarare la morte di qualcuno a una remota agenzia? – si domanda Ghaoui – Solo se si ha effettivamente bisogno di dare seguito a qualcosa, come un’eredità”.
Quando i suoi nonni morirono in Libano 15 anni fa, Ghaoui non pensa che nessuno dei suoi parenti, che vivono sparsi per il mondo, si sarebbe rivolto all’UNRWA per aggiornare i registri. Certamente non c’era alcun motivo per farlo, spiega.
Ghaoui ritiene che l’ampio carrozzone economico gestito dall’UNRWA è ben felice di perpetuare i vantaggi finanziari dei profughi inseriti nell’elenco in modo permanente.
“È tutto collegato – dice Ghaoui – perché il governo in Libano, come il governo in Siria e come qualsiasi governo che accolga profughi, riceve finanziamenti in base ai numeri”, per cui l’agenzia e i governi che ospitano i “profughi” hanno tutto l’interesse a “gonfiare i numeri”, e sottolinea che il bilancio dell’UNRWA supera il miliardo di dollari all’anno.
Quando nel 2005 Ghaoui lavorava per l’ambasciata dell’Autorità Palestinese a Beirut, i numeri erano estremamente variabili, con l’Agenzia USA per lo Sviluppo Internazionale che elencava circa 270.000 profughi palestinesi a Gaza e l’UNRWA che ne registrava circa 600.000.
Secondo Ghaoui, i numeri gonfiati influiscono negativamente sulle prospettive di pace.
I negoziati di pace più seri si scontrano invariabilmente con la questione del cosiddetto “diritto al ritorno”, in base al quale ai profughi palestinesi delle guerre del 1948 e del 1967, e a tutti i loro discendenti, viene detto che hanno un “diritto inalienabile” a stabilirsi non solo nel futuro stato palestinese, ma all’interno dello Stato d’Israele (un presunto “diritto” che ovviamente impedisce qualunque accordo, e che non viene riconosciuto ai discendenti di nessun altra comunità di profughi nel mondo).
Se gli altri paesi conoscessero il numero reale dei veri profughi palestinesi anziché le cifre gonfiate dell’UNRWA, conclude Ghaoui, sarebbero molto più disposti ad aprire le porte a forme di accoglienza gestibile e duratura.
(Da: jns.org, 16.7.25)
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