Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
Testata: Libero Data: 19 agosto 2025 Pagina: 6 Autore: Amedeo Ardenza Titolo: «Hamas è allo stremo: accetta il cessate il fuoco»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 19/08/2025, a pag. 6, con il titolo "Hamas è allo stremo: accetta il cessate il fuoco", la cronaca di Amedeo Ardenza.
Hamas incomincia a voler negoziare il rilascio degli ostaggi, non perché voglia la pace, ma perché è ridotta allo stremo, con i capi uccisi e le sue milizie terroriste decimate
Spiragli di pace in Medio Oriente oppure un ballon d’essai di Hamas? Ieri il gruppo terrorista palestinese ha reso noto di aver consegnato la propria risposta ai mediatori qatarioti ed egiziani, confermando che tanto Hamas quanto le altre fazioni «hanno accettato la nuova proposta di cessate il fuoco senza chiedere alcuna modifica».
La nuova proposta prevede una tregua iniziale di 60 giorni e il rilascio di due gruppi di prigionieri come preludio a un accordo finale.
Inizialmente dovrebbero essere liberati dieci ostaggi vivi mentre a Israele verrebbe chiesto il rilascio di 140 palestinesi condannati all’ergastolo e altri 60 detenuti con pene non inferiori a 15 anni. Nelle mani dei tagliagole islamici ci sono altri 40 ostaggi ma di questi solo altri dieci sarebbero ancora in vita. La cessazione delle ostilità per due mesi sarebbe vista come il preludio a un accordo quadro per il ritiro graduale delle forze armate israeliane dalla Striscia di Gaza e la fine della guerra.
Si riaprirebbe poi la questione degli aiuti umanitari ma anche di carburante, elettricità, acqua, riapertura di ospedali e panifici, come pure mezzi perla rimozione dei detriti. L’accesso incondizionato degli aiuti è un tema sul quale Israele è molto cauto poiché teme che tutto quello che entra nell’enclave palestinese diventi subito monopolio di Hamas.
E proprio ieri la statunitense Gaza Humanitarian Foundation, che distribuisce aiuti umanitari contro la volontà di Hamas e senza l’accordo dell’Onu e della galassia delle ong, ha annunciato il lancio di un nuovo sistema per consentire alle famiglie di prenotare in anticipo una scatola di aiuti nel tentativo di ridurre le scene di caos totale nei suoi siti di distribuzione. Intanto, secondo il sito Axios, la proposta del gruppo terrorista «si allinea al 98%» con quella dell’inviato del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, Steve Witkoff, proposta che Israele aveva in precedenza accettato. La novità arriva per una volta dal Cairo anziché da Doha. Ieri, scriveva la stampa araba, nella capitale egiziana è arrivato il primo ministro del Qatar Mohammed bin Abdulrahman Al Thani per incontrare prima il presidente dell’Egitto, Abdel Fattah al-Sisi e quindi le fazioni palestinesi. La riunione, ha riferito la qatariota Al-Araby Tv, è servita «a dimostrare un maggiore senso di responsabilità e determinazione a porre fine alla guerra».
La pressione egiziana su Hamas con l’invito a non lasciare il Cairo fino al raggiungimento di un accordo avrebbe dunque sortito un effetto positivo, riferisce il Jerusalem Post. In breve è arrivata la reazione a caldo del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Subito dopo aver visitato una divisione delle Israel Defense Forces (Idf) di stanza a Gaza, il capo del governo di Gerusalemme ha affermato: «Leggo i rapporti dei media come voi e una cosa è certa: Hamas è sotto un’immensa pressione». Netanyahu ha preferito elogiare le Idf «per gli enormi risultati nella guerra della rinascita, la guerra su sette fronti»; quindi ha ricordato di aver appena parlato con il ministro della Difesa Israel Katz e con il capo di stato maggiore Eyal Zamir «dei nostri piani per quanto riguarda Gaza City e il completamento delle nostre missioni». Solo in serata il governo israeliano ha reso noto di aver ricevuto dai mediatori la proposta di Hamas.
E i politici nazionali riprendevano subito a dividersi. Per il ministro della Sicurezza nazionale, l’utranazionalista Itamar Ben-Gvir, la proposta è da respingere in toto: «Se Netanyahu cede ad Hamas e ferma la guerra, sarà una vergogna e un’occasione persa (per eliminare il gruppo terrorista)», ha dichiarato. Quindi, rivolto al capo del governo, ha scandito: «Oggi abbiamo l’opportunità di sconfiggere Hamas, e tu non hai il mandato per andare per un accordo parziale». Parole che sembrano preannunciare l’uscita del Partito del Sionismo Religioso dalla maggioranza se il governo accetterà la proposta per un cessate il fuoco. «Un accordo parziale porterà all’abbandono di metà degli ostaggi, a una boccata di ossigeno per Hamas e alla perdita della poca legittimità internazionale che abbiamo ancora», gli ha fatto eco il deputato Zvi Sukkot dello stesso partito.
Di tenore opposto le parole di Benny Gantz, già capo di stato maggiore, presidente del partito blu e bianco e già ministro del gabinetto di guerra dal 12 ottobre 2023 (cinque giorni dopo il massacro di civili commesso da Hamas) fino al giugno 2024, quando tornò sui banchi dell’opposizione proprio perché in disaccordo con Netanyahu sul nodo dei sequestrati: «Il governo ha una chiara maggioranza e un’ampia rete di sicurezza per riportare gli ostaggi», ha postato Gantz su X. «Netanyahu, questo non è il momento di esitare - questo è il momento di prendere le decisioni giuste per il popolo e la sicurezza di Israele».
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