Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
Mettiamo il burqa alla Barbie, Voltaire al rogo, e in manicomio chi dissente Newsletter di Giulio Meotti
Testata: Newsletter di Giulio Meotti Data: 17 agosto 2025 Pagina: 1 Autore: Titolo: «Mettiamo il burqa alla Barbie, Voltaire al rogo e in manicomio chi dissente»
Riprendiamo l'articolo di Giulio Meotti, dalla sua newsletter, dal titolo: "Mettiamo il burqa alla Barbie, Voltaire al rogo e in manicomio chi dissente".
Giulio Meotti
Anche la Barbie col velo integrale. Ultima trovata dell'islamicamente corretto. Nel mondo islamico, però, il film Barbie è vietato.
Christopher Hitchens, il compianto giornalista inglese di cui mancano tanto la libertà di tono e il coraggio, provò ad avvertirci quindici anni fa:
“Vi prego, resistete finché potete. Perché un giorno diranno che siete islamofobi. I barbari non prenderanno mai la città finché qualcuno non terrà aperte le porte per loro e saranno le autorità multiculturali a farlo per voi. Resistete finché potete. E se vi chiedete cosa succederà se non lo fate, guardate come una squadra di cricket in Inghilterra ha dovuto cambiare nome perché si chiamava Middlesex Crusaders. Resistete finché potete”.
Resistere? Piuttosto, capitolare.
Non si è ancora capito se dal vertice di Anchorage fra lo zar e il tycoon sia uscito qualcosa di buono (per noi occidentali o per i russi), ma sicuramente da Noisy-le-Sec non esce niente di buono.
Dovremmo considerare quello che succede in questo comune nella Seine-Saint-Denis non meno importante di quanto si decide in una base militare in Alaska.
Per rallegrare l’estate dei suoi 45.000 residenti in questa cittadina ultra multiculturale nella vasta banlieue di Parigi, il comune a guida comunista è desideroso di dimostrare che, dopo i kolchoz e le case popolari, gli eredi di Stalin possono ancora promettere un futuro migliore ai loro cittadini. Così ha previsto un cinema all'aperto, offerto gratuitamente.
Ma la proiezione del film Barbie è stata cancellata dopo che un gruppo di islamici ha minacciato gli agenti comunali e i presenti. Il sindaco, Olivier Sarrabeyrouse, ha spiegato che la decisione è stata presa per “tutelare la sicurezza”. La stessa sicurezza compromessa per gli ebrei della Seine-Saint-Denis, da cui l’80 per cento è già scappato.
Difficilmente si sarebbe potuta fare una concessione più generosa al banale spirito woke dei tempi di proiettare questa Barbie che lotta contro il “patriarcato”.
Ma i musulmani hanno accusato il film di “nuocere all’integrità delle donne”. Un po’ come i Talebani - geni del marketing - che hanno messo al bando la Barbie.
Noisy-le-Sec non è fuori dalla Francia; ne è il cuore. Dopo la carne halal nelle scuole vedremo l’etichetta “film certificato compatibile con il Corano”? Dopo tutto, Barbie è stata vietata nel mondo islamico (assieme a Victor Hugo e Dostoïevski).
Non abbiamo più politici e giornalisti che sappiano gridare che la libertà non si negozia? Di giornalisti simili ce ne sono, ma in Francia sono tutti sotto scorta. Per l’esattezza ce ne sono 120 sotto protezione. Non è un numero banale.
Il ministro dell’Interno francese, Bruno Retailleau, ha condannato la capitolazione, dichiarando che “in Francia non esiste la polizia dei costumi e della virtù”. Falso, esiste eccome.
Perché come ha scritto uno dei più famosi giornalisti di sinistra, “ridiamo del Papa e del suo gregge, mai di Maometto e dei suoi seguaci”.
La Francia è passata dal “vietato vietare” del ‘68 dei libertini a “vietato parlare” dei progressisti. E con loro la sharia sta facendo passi da gigante.
Quelli che seguono sono tutti episodi di guerra culturale apparentemente ridicoli ma che mettono a dura prova la spina dorsale dell'Europa. Se non difendiamo un innocuo film hollywodiano, un libro, un quadro, una vignetta e altro, da un gruppo di islamici, come possiamo aspettarci di difendere la nostra civiltà da una immensa coalizione di estremisti che ci odiano?
Lione
A Lione, mezzo milione di abitanti al 30 per cento islamica, il negozio “Jennah Boutique” ha aperto i battenti a giugno, richiedendo a chiunque di indossare il velo per entrare. Il marchio ha un negozio anche a Noisy-le-Sec.
E cosa volete che sia se alcune macellerie non islamiche hanno già smesso di vendere il prosciutto.
E cosa sarà mai se ora gli insegnanti devono autocensurarsi nelle lezioni di biologia sul corpo umano?
A luglio, il documentario Dio può difendersi da solo non è stato proiettato al cinema di Saint-Ouen, nella Seine-Saint-Denis. Il film, che ripercorre il processo per l’attentato di Charlie Hebdo, è stato annullato. Ufficialmente per “evitare qualsiasi dibattito politico”. Ufficiosamente? Paura. Ennesima rinuncia, in un paese dove persino la memoria sta diventando “troppo sensibile”.
Gli studenti francesi dovevano assistere alla proiezione del film Persepolis in un cinema, quando il loro insegnante ha preferito annullare tutto. Succede nell'Ardèche, dove “per paura della reazione degli studenti musulmani”, rivela il Journal du dimanche, l’autocensura ha preso il potere. “Alcuni studenti sono musulmani e le loro reazioni potrebbero mettermi in pericolo”, confida il professore. E ha aggiunto: “Non siamo al sicuro dai fanatici”.
“Borat offende l’Islam”. E anche il poster del film con Sacha Baron Cohen è stato censurato in alcuni bus di Parigi. La sharia non prevede nudità.
Il poster del film di Nicolas Boukhrief Made in France, con un kalashnikov sovrapposto alla Torre Eiffel, era già nei corridoi della metropolitana di Parigi quando il commando dell’Isis è entrato in azione la notte del 13 novembre. L’uscita del film è stata immediatamente sospesa e Made in France relegato all’on demand. E il manifesto che accompagna la nuova uscita digitale perse il kalashnikov in locandina e la frase premonitrice: “La minaccia viene da dentro”.
Alcuni sindaci francesi, come a Nantes e Villiers-sur-Marne, hanno vietato la proiezione di Timbuktu sui gruppi islamici che si sono impadroniti della città africana, imponendo un regno di morte.
L’Apotre, il film di Cheyenne Carron, è stato deprogrammato dai cinema “per prevenire il rischio di attacchi”. Racconta la conversione di un musulmano francese al cattolicesimo. E in Francia prima di Carron nessuno aveva mai portato sul grande schermo una storia di conversione al Cristianesimo dal Corano.
L’antropologa francese Florence Bergeaud-Blackler non solo è stata messa sotto protezione della polizia dopo la pubblicazione del suo libro sui Fratelli Musulmani, ma la Sorbona ha annullato una sua conferenza per “motivi di sicurezza”.
Il libro di Hamed Abdel Samad, Il fascismo islamico, è stato censurato dalla casa editrice parigina Piranha, che aveva acquisito i diritti e c'era anche una data di uscita su Amazon.
Lo stesso ha fatto Michel Onfray, che rinunciò a pubblicare in Francia il suo libro sull’Islam.
Quando Le Parisien ha pubblicato un articolo su un’accademica licenziata in America per aver mostrato un’immagine di Maometto, lo ha fatto oscurando il volto di Maometto.
Gli insegnanti della scuola media Jacques-Cartier di Issou, fuori Parigi, sono entrati in sciopero dopo le minacce di allievi musulmani. Durante una lezione, un’insegnante ha mostrato agli alunni di prima media un dipinto del XVII secolo, Diana e Atteone di Giuseppe Cesari, che raffigura il passaggio delle Metamorfosi di Ovidio nel quale Atteone sorprende Diana e le sue ninfe senza vestiti mentre si lavano alla sorgente. I genitori degli alunni islamici si sono presentati davanti alla scuola per attaccare il professore.
Cinema, case editrici, giornali, università. E parliamo del paese che ha ancora la più solida cultura di libertà.
“Siamo in Francia o in Pakistan?”, ha chiesto il compianto intellettuale francese Jacques Julliard.
Questa settimana gli islamici hanno abbattuto anche l’albero che commemora Ilan Halimi, il ragazzo ebreo rapito, tenuto prigioniero come a Gaza in una banlieue parigina, torturato e bruciato vivo.
Che fare?
Visto che di resistere finché possiamo come chiedeva Hitchens non se ne parla, mettiamo il velo alla Barbie (già che ci siamo, facciamole anche una mutilazione genitale) e al rogo Voltaire. Ah no, è già successo.
La Mattel ha già realizzato la prima Barbie velata, la chiamano Hijarbie. Epocale il lancio sulla CNN: “Per la prima volta in assoluto, Barbie indossa l'hijab. La nuova bambola fa parte di un più ampio progetto di Mattel per diversificare la linea Barbie”.
Anche la nuova dittatura culturale si richiama alla “diversità” (qualcuno ha scritto che nessuna dittatura ha mai preso il potere annunciandosi come dittatura).
E a Ginevra, la città dove si rifugiò quel grande filosofo livoroso di François-Marie Arouet, Maometto o il fanatismo di Voltaire ha suscitato l’ira della comunità islamica e le autorità intimorite ne hanno disposto la cancellazione. In Francia, quando il comune di Saint-Genis-Pouilly ha deciso di mettere in scena il testo di Voltaire il risultato sono state auto distrutte, violenze e disordini. Al tempo, il sindaco ha chiamato rinforzi della polizia per proteggere il teatro. Ma erano vent’anni fa.
E da allora, il testo di Voltaire è scomparso. Hervé Loichemol, il regista teatrale che ha prodotto le letture dell’opera di Voltaire a Saint-Genis-Pouilly e Ginevra, disse sulla censura: “È così che inizia la catastrofe”.
La catastrofe ora è in pieno svolgimento. Felice soumission a tuttə.
La newsletter di Giulio Meotti è uno spazio vivo curato ogni giorno da un giornalista che, in solitaria, prova a raccontarci cosa sia diventato e dove stia andando il nostro Occidente. Uno spazio unico dove tenere in allenamento lo spirito critico e garantire diritto di cittadinanza a informazioni “vietate” ai lettori italiani (per codardia e paura editoriale).
Abbonarsi alla sua newsletter costa meno di un caffè alla settimana. Li vale.