Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
A sinistra, il mandato di Palestina, comprendeva tutto il territorio inizialmente promesso agli ebrei con la Dichiarazione Balfour del 1917. A destra, la mappa del mandato di Palestina britannico, dal 1922 al 1948. In quali confini nascerà lo "Stato di Palestina" che tutti i leader mondiali vorrebbero riconoscere?
Sta diventando quasi una corsa frenetica: come se nessun leader volesse essere l'ultimo a riconoscere lo Stato di Palestina. Sulla scia, la maggior parte dimentica di sottolineare che in realtà si tratta di adottare la soluzione dei due Stati: questa Palestina tanto attesa che vive in pace e armonia con lo Stato ebraico. Il fatto che Israele venga raramente menzionato nelle manifestazioni e nelle proteste ha pesato e pesa ancora sulle considerazioni dei personaggi politici. O meglio, se viene menzionato, è per maledirlo, odiarlo e auspicarne la scomparsa.
Il Presidente Macron e i suoi sostenitori non possono ignorarlo. Lo slogan “Dal fiume – il Giordano – al mare – il Mediterraneo, la Palestina sarà libera” esorta ovviamente alla scomparsa di Israele. Una posizione che non è certo lasua né laloro. Ma hanno considerato la reazione delle folle che scandiscono questo slogan a squarciagola? Non rischiano forse di credere che il loro obiettivo sia a portata di mano? Che la pressione internazionale farà finalmente scomparire questa illegittima “entità sionista”, come pretendono gli ayatollah? Scommettiamo di no. Questo perché, dal Canada alla Francia, all'Inghilterra, all'Australia e altrove, sappiamo benissimo che nelle attuali circostanze, “riconoscere la Palestina” è solo una richiesta di principio. Il territorio di questo nuovo Stato dovrebbe in linea di principio comprendere Giudea e Samaria – i termini usati nella Risoluzione ONU per quella che oggi tutti chiamano Cisgiordania – sulla spartizione di ciò che restava della Palestina mandataria, amputata di quattro quinti nel 1921 dalla Gran Bretagna per offrirla a un emiro dell'Hegiaz. L'emiro Abdullah le diede il nome di Transgiordania. Durante la Guerra d'Indipendenza del 1948, Abdullah conquistò la Cisgiordania e la annesse al suo regno, che divenne la Giordania, mentre l'Egitto occupava Gaza. Per la cronaca, quando l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina fu fondata nel 1964, la Cisgiordania era sotto l'occupazione giordana e Gaza sotto l'occupazione egiziana. Erano questi i Paesi presi di mira dall'OLP? Ovviamente no. Fu solo dopo la Guerra dei Sei Giorni, quando Israele si ritrovò ad avere il controllo di questi territori, che la “soluzione dei due Stati” tornò alla ribalta. In seguito agli accordi di Oslo, Israele riconobbe l'OLP e cedette la maggior parte della Cisgiordania all'Autorità Nazionale Palestinese, che divenne l'unico rappresentante legittimo dei palestinesi. Vent'anni fa, Israele si ritirò completamente dalla Striscia di Gaza, dalla quale Hamas aveva rapidamente espulso l'Autorità Nazionale Palestinese con un sanguinoso colpo di Stato. Va notato che il mandato del Presidente Abu Mazen è scaduto da tempo, così come quello del Parlamento, e che la sua capacità di esercitare autorità a Gaza potrebbe essere messa in dubbio. Una situazione che non sembra preoccupare tutti coloro che si apprestano a riconoscere lo Stato di Palestina in occasione dell'apertura dell'80ª sessione annuale dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il 23 settembre a New York.