Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
Crosetto si sbaglia Bibi non combatte contro uno Stato Commento di Niram Ferretti
Testata: Il Riformista Data: 12 agosto 2025 Pagina: 5 Autore: Niram Ferretti Titolo: «Crosetto si sbaglia Bibi non combatte contro uno Stato»
Riprendiamo dal RIFORMISTA di oggi, 12/08/2025, a pagina 5, il commento di Niram Ferretti dal titolo "Crosetto si sbaglia Bibi non combatte contro uno Stato".
Niram Ferretti
Guido Crosetto, ministro della Difesa, nel suo attacco a testa bassa contro Netanyahu e Israele, sbaglia tutto. Parla di un'invasione che non c'è: Israele non sta combattendo contro uno Stato ma contro un gruppo terrorista. Netanyahu non è neppure lontanamente paragonabile a Putin e Gaza non è nella stessa condizione dell'Ucraina invasa.
Per Guido Crosetto, Netanyahu sarebbe come Putin.
Entrambi, infatti, avrebbero sogni di conquista nei confronti di “un territorio straniero”.
Putin, come è noto, nei confronti dell’Ucraina, Netanyahu di Gaza.
Il problema è che mentre l’Ucraina è a tutti gli effetti uno Stato sovrano, Gaza non lo è sotto alcun aspetto, e non è dunque territorio “straniero”.
Per ottemperare a questi requisiti, secondo il diritto internazionale, dovrebbe avere un detentore sovrano riconosciuto, che non è Hamas e non sono gli arabi.
Gaza, insieme alla Cisgiordania, venne assegnata alla completa abitabilità ebraica dal Mandato Britannico per la Palestina del 1923, l’unico documento esistente che possiede il valore di un trattato internazionale.
Detto questo, Israele non ha alcuna intenzione di “conquistare” Gaza, ma, come ha spiegato chiaramente nella sua conferenza stampa Benjamin Netanyahu, l’intenzione di Israele è di porre sotto il suo controllo il 25% restante della Striscia, quello, per intenderci, dove è asserragliato Hamas e dove si trovano i residui ostaggi, per poi, dopo avere costretto Hamas alla resa, fare in modo che la Striscia passi sotto governo arabo, un governo che non abbia come sua priorità la distruzione di Israele.
Per quanto riguarda invece la legittima preoccupazione di Crosetto per la popolazione di Gaza e il suo futuro, tutto è subordinato alla sconfitta di Hamas.
Solo successivamente si potrà pensare concretamente alla gestione pratica e politica del problema, ma a meno di non ipotizzare una enorme tendopoli all’interno di un territorio dove circa il 70% degli edifici è ridotto in macerie, qualcuno dovrà pensare per forza ad assorbire in modo adeguato una parte cospicua della popolazione.
Affermare che “va costruito un percorso per attuare la storica risoluzione (in realtà una semplice proposta attuativa priva di qualsivoglia caratteristica vincolante) Onu dei ‘due popoli, due Stati”, è un flatus vocis.
È dal 1937, anno in cui la Commissione Peel propose agli arabi (gli “arabi”, perché fino al 1964 dei “palestinesi” nessuno aveva mai sentito parlare), passando per il 1947 e fino al 2008, che, per ben cinque volte, fu loro proposta la nascita di uno Stato autonomo e fu sempre rigettata.
Il motivo è semplice, e lo spiega assai bene Georges Bensoussan: per la mentalità islamica accettare la nascita di uno Stato palestinese significherebbe al contempo legittimare de facto e de jure, quella dello Stato ebraico, ovvero di coloro che storicamente sono sempre stati sottoposti all’Islam.
Nessuna conquista dunque, nessuna pulizia etnica, ma vincere la guerra, terminare il dominio terroristico di Hamas e ridisegnare un Medio Oriente dove gli tutti gli arabi (e già 1,800,000 sono integrati in Israele) comprendano che la volontà di distruggere Israele non gli darà mai alcun futuro.
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