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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Il Riformista Rassegna Stampa
07.08.2025 L’università boicotta sé stessa Veronese: «Suicidio culturale»
Intervista di Aldo Torchiaro

Testata: Il Riformista
Data: 07 agosto 2025
Pagina: 4
Autore: Aldo Torchiaro
Titolo: «L’università boicotta sé stessa Veronese: «Suicidio culturale»»

Riprendiamo dal RIFORMISTA, del 07/08/2025 a pagina 4 l'intervista di Aldo Torchiaro ad Alessandra Veronese dal titolo "L’università boicotta sé stessa Veronese: «Suicidio culturale»".

File:Aldo Torchiaro.png - Wikipedia
Aldo Torchiaro

Alessandra Veronese, docente di Storia medioevale all'Università di Pisa

Le università italiane sabotano i loro progetti internazionali, interrompendo le collaborazioni con le università israeliane in nome di una paradossale, contraddittoria necessità di dialogo. Ne parliamo con la professoressa Alessandra Veronese, storica medievista dell’Università di Pisa.

Professoressa Veronese, le università stanno avviando una forma di “guerra ibrida” contro Israele, fatta di boicottaggi accademici…
«Ed è un tragico errore. Le università devono essere un luogo di incontro, dialogo e collaborazione. Un boicottaggio, in questo senso, è un controsenso».

Nel caso specifico dell’Università di Pisa, qual è secondo lei l’errore più grave?
«Al mio Rettore sono evidentemente sfuggite alcune cose. Per esempio la lettera aperta inviata pochi giorni fa al governo israeliano dai presidenti di cinque università israeliane — tra cui anche la Hebrew University, una delle università boicottate — che prendevano posizioni molto critiche nei confronti della guerra a Gaza. Eppure è proprio con queste università, con queste voci critiche interne a Israele, che noi interrompiamo i rapporti. È assurdo».

Assurdo e forse anche autolesionista?
«Esattamente. Le faccio una metafora forse brutale, ma che rende l’idea: è come se uno si tagliasse i testicoli per dimostrare quanto ama una persona. Perché mai dovremmo interrompere le relazioni proprio con quegli interlocutori che rappresentano il dissenso interno e la pluralità di pensiero?».

Molte università israeliane sono note per la loro distanza dal governo Netanyahu. Non è un paradosso colpire proprio loro?
«Lo è, eccome. Quelle università sono tra le poche voci critiche e ragionevoli all’interno del contesto israeliano. Colpirle significa eliminare la possibilità stessa del dialogo».

Una domanda alla medievista. C’è chi parla di “ritorno al Medioevo”. Ma forse dovremmo parlare di un nuovo “Medioevo cognitivo”?
«Sì, in un certo senso. Non è solo un problema di accesso all’informazione, ma di rifiuto del confronto. Anche in ambienti colti, sempre più persone leggono solo ciò che conferma le proprie opinioni. E questo vale anche per i giovani: pur essendo cresciuti in case piene di libri, i miei figli leggono poco. E quando leggono, cercano solo ciò che li rassicura».

È anche un problema di semplificazione e polarizzazione?
«Esattamente. Prendiamo il libro di Anna Foa. Ha avuto un grande successo perché semplifica. Non si può pretendere di affrontare la complessità del Medio Oriente in 70 pagine. La gente non vuole pensare, vuole sentirsi dire quello che desidera sentire».

E poi ci sono i social, che esasperano tutto.
«Sì. Umberto Eco fu profetico: i social hanno dato diritto di parola a legioni di imbecilli. Un tempo erano reclusi al bar dello sport, oggi pontificano su ogni cosa. Io stessa, che sono interista convinta, so che quando parlo della mia squadra non sono obiettiva. Ma se applico quello stesso schema alla geopolitica, siamo perduti».

Ci sono conseguenze scientifiche del boicottaggio accademico?
«Molte. Il mio progetto con Bar-Ilan, per esempio, si intitolava Jewish Cultural Heritage. Abbiamo in Italia il 70% del patrimonio culturale ebraico del mondo. Come può questo rappresentare un problema? Avevamo anche un accordo con il Weizmann Institute per la tutela dell’ambiente marino e uno con la Hebrew University sulla sociologia e la cultura. Nulla che riguardi la ricerca militare».

Eppure si firmano accordi con atenei iraniani.
«Esatto. L’Università di Pisa ha in corso accordi con almeno due università iraniane. Una è la Amul University, in collaborazione con la facoltà di Scienze Veterinarie. L’altra è la Sharif University, coinvolta, secondo il Guardian, nello sviluppo dei droni usati nei conflitti in Siria, Arabia Saudita, Ucraina, e contro le navi nel Mar Rosso. Ma quelli non si toccano».

Due pesi e due misure.
«Sì. Si boicottano università israeliane che parlano di sociologia, ambiente, patrimonio culturale. E si mantengono attivi accordi con atenei che collaborano con industrie belliche. Perché? Perché si deve dare una risposta facile a una minoranza rumorosa di studenti. E così l’università, invece di essere un luogo di confronto, diventa uno spazio occupato da una sola ideologia».

Il Rettore ha parlato pubblicamente del rischio che la guerra a Gaza abbia ripercussioni sulla sicurezza degli studenti ebrei e israeliani. Cosa ne pensa?
«È una dichiarazione gravissima. È come dire che se sei ebreo, o israeliano, in questo momento all’università non puoi sentirti sicuro. È inaccettabile. La responsabilità dell’ateneo è quella di garantire a tutti un ambiente protetto, non quello di riconoscere come “inevitabile” una minaccia».

In quell’intervista, il Rettore ha anche citato la Torah: “Non uccidere”, ha detto.
«Un altro errore enorme. Il testo ebraico non dice “non uccidere”. Dice “non assassinare”. La differenza è fondamentale. Se io le punto una pistola addosso e lei mi uccide per legittima difesa, non ha assassinato nessuno. Ha reagito a una minaccia. La legittima difesa è un principio universale e riconosciuto».

Se potesse lanciare un messaggio al Rettore, cosa gli direbbe?
«Gli chiederei di leggere. Di informarsi. Di non cedere alla pressione ideologica di una minoranza. E di ricordare che l’università non deve seguire le mode, ma custodire la verità, il sapere, il pensiero critico. Boicottare Israele significa colpire la libertà accademica, la cultura, il pluralismo. E questo è esattamente l’opposto della missione di un’università».

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redazione@ilriformista.it

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