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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Newsletter di Giulio Meotti Rassegna Stampa
04.08.2025 'È in corso l'islamizzazione di massa dell'Europa'
Newsletter di Giulio Meotti

Testata: Newsletter di Giulio Meotti
Data: 04 agosto 2025
Pagina: 1
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «'È in corso l'islamizzazione di massa dell'Europa'»

Riprendiamo l'articolo di Giulio Meotti, dalla sua newsletter, dal titolo: "'È in corso l'islamizzazione di massa dell'Europa'". 


Giulio Meotti

Mi avevano appena assegnato in Svizzera il premio “Stop Islamization Award”, vinto un anno fa anche da Boualem Sansal, sublime romanziere e martire della libertà di parola e di pensiero, quando ho scoperto che Vienna non onorerà Jan Sobieski, il re polacco che ruppe l’assedio turco della capitale austriaca nel 1683, a causa dell’“islamofobia”.

Oggi, un'avanzata musulmana è penetrata in Europa ben più in profondità di quelle di Abd al-Rahman a Poitiers e Mustafa Pasha a Vienna.

Veronica Kaup-Hasler, assessore alla cultura di Vienna, ha annunciato che il governo dominato dai socialisti ha fermato il monumento sul Kahlenberg, la collina che domina Vienna e dove l’esercito guidato dai polacchi ha sconfitto le forze turche di Pasha che avevano assediato la capitale asburgica.

Il monumento polacco a Sobieski

“Vienna non erigerà un palco che possa essere abusato per l'agitazione xenofoba e per fomentare l'islamofobia e il sentimento anti-turco”, ha detto Kaup-Hasler. Al suo posto, un monumento “per la pace”. Nel 2013, l’allora presidente polacco Bronislaw Komorowski guidò un’iniziativa per erigere un monumento a Sobieski.

Suona un po’ folle, no?

Meno se consideriamo cosa sarà Vienna tra qualche anno, quando forse onorerà l’assedio turco.

Il 41 per cento dei bambini di tutte le scuole elementari e medie di Vienna nel 2025 sono musulmani. La capitale austriaca nel giro di qualche anno diventerà, de facto, islamica. Il Krone Zeitung ha pubblicato dati impressionanti: “Nel 2046, un viennese su tre sarà musulmano”. Già oggi la Chiesa cattolica sta vendendo numerose chiese.

Nel quartiere viennese di Alsergrund, il futuro dell'Europa occidentale sta già prendendo forma.

Poiché solo tre dei 25 studenti della sua classe parlano ancora tedesco, un bambino di sette anni di prima elementare sta cercando di imparare l'arabo! Per evitare di essere visti come "perdenti", i bambini digiunano durante il Ramadan. In un'altra scuola elementare di Vienna, è già stato vietata la carne di maiale per pranzo.

Poi c’è il racconto del musicista Erwin Javor: “A Vienna, il violinista Hagai Shaham, la pianista Julia Gurvitch e io ci stavamo godendo un momento di tranquillità in un accogliente ristorantino italiano, mangiando qualcosa prima del nostro concerto. Naturalmente, stavamo parlando ebraico tra di noi. Dopo aver preso l'ordinazione, il cameriere è tornato e mi ha chiesto che lingua stessimo parlando. Ho risposto: ‘Inglese e tedesco’. ‘No, no’, ha insistito. ‘Cosa stavate dicendo?’. Ho risposto: ‘Ebraico’. Mi ha guardato dritto negli occhi e ha detto, senza esitazione: ‘In tal caso, vattene. Non ti servirò da mangiare’. Esattamente così. Lo shock e l'umiliazione iniziali sono stati profondi. Ma ciò che ci ha colpito ancora di più è stato ciò che è successo dopo, o meglio, ciò che non è successo. Le persone intorno a noi erano chiaramente sorprese, alcune ci hanno rivolto sguardi di comprensione... e poi, in silenzio, sono tornate alle loro cene, alle loro conversazioni, al loro vino, come se nulla fosse accaduto. Benvenuti in Europa, 2025”.

“In nome del liberalismo e della tolleranza, l’Europa sta andando verso un futuro euro-islamico”, scrive l’arabista israeliano Yehuda Balanga.

Basta andare in qualsiasi grande città europea e aprire gli occhi. Forse ha ragione Michel Onfray, quando scrive che siamo al “crepuscolo giudaico-cristiano”.

Ricordo il momento preciso in cui ho capito dove stavamo andando, una ventina di anni fa. Non era ancora il crepuscolo, più il tardo pomeriggio.

In attesa di incontrare un amico a Vienna mi sono seduto in un caffè vicino alla cattedrale di Santo Stefano per un pezzo di sacher. E ho notato che molti di quelli che passavano erano musulmani. “Austria e Islam”, ovvio che si pensi alla battaglia di Vienna del 1683.

E non è nemmeno del tutto un aneddoto.

Quell’anno, un rapporto del Vienna Institute of Demography riportava che in Austria “se le attuali tendenze della fertilità rimangono costanti l’Islam potrebbe rappresentare la religione maggioritaria per i minori di quindici anni nel 2051”.

Al tempo, il “2051” sembrava lontano.

Non è più tanto lontano nel 2025 ed è arrivato persino con largo anticipo. E “le attuali tendenze della fertilità” sono, se non altro, avanzate ancora un po’ a favore dell’Islam. Tutto questo in una terra che non molto tempo fa era cattolica al novanta percento. Ma “non molto tempo fa” era un altro paese.

Ad Amburgo, ad esempio, le cose stanno già realmente accadendo in termini di Islam. Focus ha registrato alcuni esempi:

“Mia figlia e la sua amica venivano chiamate 'mangiatrici di maiali', quindi non osano più mangiare i loro panini durante la ricreazione”, racconta Stephan S..

Un altro padre racconta di essersi sentito in dovere di trasferire la scuola di suo figlio perché la sua vecchia scuola aveva commesso l'errore di concentrare molti bambini musulmani in un'unica classe, con il risultato che i pochi “non credenti” venivano presi in giro.

Un insegnante afferma che gli adolescenti musulmani si rifiutano di partecipare alle lezioni di musica. Perché? Perché è “haram”, cioè contrario alla fede islamica.

Un ebreo racconta che sua figlia è stata chiamata “scarafaggio”, intimidita e aggredita fisicamente dai compagni di classe musulmani alle elementari da una bambina musulmana e da sua madre.

Questo perché quando cambia la cultura di un paese, cambia anche tutto il resto.

Lo spiega Sam Harris:

“L'Islam è oggi la seconda religione più diffusa al mondo, con oltre il 25 per cento dell'umanità tra i suoi fedeli. Molte delle sue dottrine sono in conflitto con i valori fondamentali di qualsiasi società aperta. E non è solo una preoccupazione teorica. Tra i primi 50 paesi classificati da Freedom House per diritti politici e libertà civili, nessuno ha una popolazione musulmana superiore al 10 per cento, a parte Cipro. Al contrario, la maggior parte delle nazioni in fondo alla classifica sono stati a maggioranza musulmana, come Cina, Corea del Nord e Russia. Il fatto che una simile affermazione venga considerata ‘islamofoba’ nella maggior parte dei circoli liberali occidentali è sintomatico di un’illusione diffusa, accuratamente alimentata dagli apologeti dell’Islam”.

Dan Burmawi spiega invece con i numeri verso dove sta andando l’Europa:

“Per mantenere una popolazione stabile, senza crescita né contrazione, abbiamo bisogno che il tasso di fertilità totale figli per donna sia di 2,1. In Europa è di circa 1,5, ed è così da decenni. Paesi a maggioranza musulmana? Molto più alto. A livello globale, le donne musulmane hanno una media di 2,9 figli, in calo rispetto ai 4,3 del 1990, certo, ma comunque superiore a tutti gli altri. In Medio Oriente e Nord Africa (Egitto, Iraq, Marocco, ad esempio) il tasso si aggira intorno a 2,8-3,0. L'Africa subsahariana, dove l'Islam è in rapida crescita, è folle: il Niger è di 6,6, il Mali di 5,8, la Somalia di 5,5. Questi sono hotspot a maggioranza musulmana che alimentano la migrazione verso l'Europa. Le donne musulmane in Francia hanno una media di 2,8-3 figli, nel Regno Unito circa 2,9, in Germania 2,5-2,7. Confrontando questo dato con quello dei francesi nativi (1,8), dei britannici (1,6) o dei tedeschi (1,5), si nota la differenza. Anche in Europa, i musulmani di seconda e terza generazione mantengono tassi più elevati rispetto ai nativi, perché la tradizione persiste. Guardate Gaza. Israele si è ritirato nel 2005, lasciandola ai palestinesi, i tassi di natalità sono rimasti alti, 4,0 allora, 3,4 oggi. Invece di costruire uno stato, Hamas ha costruito una macchina da guerra, alimentata da una popolazione giovane e in crescita. L'Europa non è Gaza, ma il parallelo c'è: alti tassi di natalità in aree non assimilate, come Molenbeek o Malmö, non generano stabilità. Nel 2021, il 25 per cento delle nascite in Inghilterra e Galles è avvenuto da madri nate all'estero, molte musulmane. La Francia? Oltre il 30 per cento in alcune regioni. Questa non è integrazione; questa sì che è sostituzione. Un'Europa nativa in calo, con 150 milioni di abitanti in meno entro il 2100, si trova di fronte a un blocco musulmano giovane, fertile e sempre più svincolato dalle norme laiche. Guardate il Libano: i musulmani hanno superato i cristiani, passando dal 60 per cento di cristiani nel 1911 al 60 per cento di musulmani nel 2011. L'Europa non è ancora il Libano. Ma dategli un secolo”.

Thilo Sarrazin

Un altro esperto di numeri è Thilo Sarrazin, l’ex membro del consiglio di amministrazione della Bundesbank, il cui best seller del 2010 Deutschland schafft sich ab (La Germania si autodistrugge) ha suscitato polemiche, appena tornato alla ribalta con un'edizione riveduta del suo bestseller, sostenendo che le sue previsioni originali sull'immigrazione di massa e la trasformazione demografica in Germania sono state nettamente superate dalla realtà. Ha osservato che il suo modello demografico aveva ipotizzato un'immigrazione netta annua compresa tra 50.000 e 100.000 persone, sulla base delle previsioni ufficiali dell'epoca. Nel decennio successivo, tuttavia, la Germania ha registrato una media di 500.000 nuovi arrivi all'anno, la maggior parte dei quali proviene da paesi extra-Unione Europea e da paesi a maggioranza musulmana. “All'epoca avevo previsto che nel giro di pochi decenni i tedeschi sarebbero diventati una minoranza nella loro patria”, ha affermato Sarrazin. “Ma arriverà molto prima”.

Originariamente membro del Partito Socialdemocratico di centro-sinistra, Sarrazin è stato costretto a lasciare sia la Bundesbank che la SPD dopo la pubblicazione del suo libro. Sebbene accusato dai critici di xenofobia e allarmismo, ora sostiene che i dati confermano i suoi avvertimenti. La Germania, ha affermato, ha ora una percentuale di residenti nati all'estero superiore persino agli Stati Uniti. Ma il numero in sé, sostiene, è meno importante della distribuzione per età. Prevede che entro il 2070 circa l'80 per cento di tutte le nascite sarà di madri non tedesche, con la maggioranza musulmana. “Questa è la mia stima attuale, ma... la situazione potrebbe peggiorare ulteriormente. Ad esempio, se si verificasse un'altra improvvisa ondata di immigrazione di massa”.

Alle elezioni viennesi ora ci si presenta il velo islamico. Quando si dice “un segno dei tempi”. E la Giordania che mette al bando i Fratelli Musulmani si dimostra molto più saggia della vecchia e patetica Europa.

Vienna

Oggi i musulmani sono maggioranza nelle scuole di Linz, la terza città dell’Austria. A Graz, la seconda città del paese, il 34 per cento degli studenti sono di fede islamica.

Ma da vent’anni, i media liquidano le preoccupazioni sull'islamizzazione, la trasformazione delle società occidentali in società islamiche in cui i diritti delle donne e dei non musulmani sono gravemente limitati, come una teoria del complotto, frutto dell'ingegno di "islamofobi" di destra, razzisti e bigotti.

Molta più onestà in questo “nuovo tedesco”: “Da dove vengo io, non c'è legge. Da dove vengo io, non ci sono regole. Da dove vengo io, c'è la giustizia sommaria. Ecco perché a un certo punto, sì, tra 10, 20 anni, sarà lo stesso in Germania. Qualunque cosa facciate, non potrete cambiarla. Accettate il vostro destino. Lasciatevi andare. Né l'AfD né nessun'altra organizzazione potrà cambiarlo. A un certo punto, non ci sarà più nulla che tu possa fare. Nulla”.

Luci di Ramadan a Francoforte, preghiera del muezzin a Colonia, eliminazione dell’Idomeneo di Mozart a Berlino, chiusura dell’unica moschea liberale del paese a causa delle minacce, autocensura dei giornalisti critici sull’Islam, asili nido dove il Natale non si festeggia più, capi delle comunità ebraiche che scrivono “non vivrò in un paese dove devo nascondermi”.

Forse quell’islamico ha ragione.

Recentemente è riemerso un video di Giorgia Meloni che discute del fenomeno. Nel video, che risale al 2018, prima che Meloni diventasse premier, afferma: “È in atto un processo di islamizzazione in Europa, molto lontano dai valori della nostra civiltà”. E ha suscitato la prevedibile indignazione, ma più o meno nello stesso periodo in cui il video di Meloni ha iniziato a circolare, alcune notizie provenienti da tutta Europa hanno chiarito che la Meloni aveva un punto importante da dire. Ovvero la disponibilità, da parte di alcuni europei, ad abbandonare le loro antiche usanze e tradizioni per far sentire benvenuti i nuovi arrivati ​​musulmani, nonostante la mancanza di interesse per l’accettazione dei valori europei da parte di questi nuovi arrivati.

Non soltanto il mancato monumento di Vienna.

“Il Ramadan è il periodo più bello dell’anno", è un verso di un canto di Ramadan che i bambini di quarta elementare sono stati costretti a cantare su richiesta dell'insegnante di religione. La scuola non si trova al Cairo, a Teheran o da qualche parte in Siria, ma nella regione del Flachgau, il Salisburghese austriaco. La lezione riguardava l'Islam e i suoi costumi. La madre ha dovuto spiegare alla figlia "che abbiamo il nostro Dio e non Allah”.

L'altro incidente è avvenuto in Gran Bretagna, dove una scuola primaria laica ha cancellato la festa pasquale annuale per creare un ambiente più “inclusivo”.

In Olanda hanno esagerato talmente che ora si chiede di mettere a tacere i muezzin che chiamano alla preghiera nelle città.

Il “Mohammed Baby Boom”.

Un influencer musulmano, Mohammed Hijab, ha chiesto che il tasso di natalità musulmano aumenti per influenzare la politica in Europa. Hijab ha preso parte a numerosi dibattiti con personaggi di alto profilo, come Jordan Peterson, ed è noto per la sua promozione dell'Islam, che gli ha fatto guadagnare mezzo milione di follower su X. “Se aumentiamo i nostri tassi di natalità, i musulmani possono essere certi di essere il 10 per cento della Gran Bretagna e il 20 per cento della Francia (popolazione) entro il 2050, nonostante qualsiasi cambiamento di politica sull'immigrazione. La nostra forza sta nei numeri”. Hijab ha ricevuto 7 milioni di visualizzazioni e migliaia di commenti.

E i numeri dicono male anche nella Russia di Putin: in 400.000 a Mosca a marciare al grido di “Allahu Akbar”.

Intanto l’orientalizzazione della Germania è in corso. L'iniziativa “Uguali diritti per tutti” chiede cartelli bilingue all'ingresso delle città con un'alta percentuale di non tedeschi. Come a Gelsenkirchen, dove il 37,6 per cento della popolazione ha un background migratorio.

Queste misure tengono conto della “realtà demografica”. L'integrazione non inizia più con i corsi di lingua, ma all'ingresso in città.

“Abbiamo 50 milioni di musulmani in Europa”, ha detto Muammar Gheddafi nel 2006, prima di aggiungere più realisticamente, “Ci sono segnali che Allah concederà all'Islam la vittoria in Europa, senza spade, senza armi da fuoco, senza conquiste, e la trasformerà in un continente musulmano entro pochi decenni”.

Rapporti e sondaggi in corso suggeriscono che questo sogno musulmano a lungo accarezzato potrebbe non essere così inverosimile.

Un rapporto Pew ha scoperto che una persona su tre sulla terra è destinata a essere musulmana entro il 2070. Un altro rapporto Pew afferma che la popolazione musulmana in Europa è destinata a “triplicare entro il 2050”.

I ragazzi cattivi dei Brics lo sanno. Dovremmo saperlo anche noi. E dovrebbero saperlo anche in Vaticano.

Lo sanno il cardinale Robert Sarah (“siete invasi da altre culture che vi domineranno con il loro numero e cambieranno completamente la vostra cultura”), il capo della Chiesa cattolica nella Repubblica Ceca Miloslav Vlk (“esiste il rischio di una caduta dell’Europa all’Islam”) e il cardinale Bechara Rai (“ho sentito molte volte dai musulmani che il loro obiettivo è conquistare l'Europa con due armi: la fede e la natalità”).

E lo sa il vescovo del Kazakistan, Athanasius Schneider, formatosi nell’Austria di Schönborn, ma ben più lungimirante del cardinale e che ha appena detto:

“C’è una massiccia islamizzazione dell’Europa che va avanti da 50 anni. E in 30-40 anni, la maggioranza della popolazione europea sarà islamica”.

Sono rimasti in pochi a parlare così, a fronte di legioni di arcivescovi che invocano solo “più integrazione”.

L'ultimo libro di un brillante filosofo coreano che vive in Germania, Byung Chul-Han, The Spirit of Hope (2024), si apre con il film apocalittico Children of Men (che adatta l'eccellente romanzo di P. D. James su una catastrofica crisi di fertilità). Han descrive la storia come se fosse un'allegoria delle forze della depressione e dell'esaurimento. C'è una vera e propria crisi di fertilità in corso in Occidente. Questa crisi è probabilmente a monte di molte delle malattie mentali su cui Han si concentra. La crisi del tasso di natalità comporta implicazioni sociali reali e catastrofiche: la sostituzione delle popolazioni native occidentali, la perdita di culture e lingue, il crollo economico delle popolazioni invecchiate con troppi anziani di cui prendersi cura rispetto ai giovani, e così via. Han fa riferimento alla "nascita" in senso allegorico, diverse volte: “Seguendo Nietzsche, possiamo intendere la speranza come uno stato mentale specifico che è simile alla gravidanza. Sperare significa essere pronti per la nascita del nuovo”.

Cosa questo “nuovo” possa essere, spetta al lettore immaginarlo. Ma guai a dirlo.

Un commentatore americano ha scritto:

“Buon pomeriggio dalle colline toscane… È triste sapere che, con gli attuali trend migratori e il calo delle nascite in Italia, tra qualche decennio guarderemo fuori da queste finestre e vedremo i musulmani pregare rivolti verso la Mecca. Dobbiamo salvare l’Occidente”.

Straordinario il racconto di Christophe Bordet da Bruxelles sul Journal du dimanche:

“Ho 24 anni e ho in mente un sogno un po' esotico, o almeno un po' surreale, come i dipinti di René Magritte: vivere e lavorare come giornalista in Belgio, a Bruxelles. Questo melting pot stuzzica la mia curiosità. Voglio vedere, voglio sapere. Arrivo alla Gare du Midi, con il vago profumo di waffle allo zucchero sulla banchina, un edificio austero situato a Schaerbeek, uno dei 19 comuni – l'equivalente degli arrondissement parigini – che compongono la capitale belga. Mi si presentano due percorsi. Due strade parallele, due mondi paralleli, dovrei dire. La prima costeggia i binari del treno. Vetrine illuminate da neon rosa, in cui ragazze di facili costumi, senza dubbio vittime di sfruttamento sessuale, cercano di adescare i clienti. Rue d'Aerschot dispiega un teatro di ombre e luci sgargianti, un'atmosfera cupa, un focolaio di prostituzione brussellese, il famoso quartiere a luci rosse. Pochi metri più in alto, Rue de Brabant. Altra atmosfera, usanze diverse: un susseguirsi di negozi intrisi di sacro e di usanze islamiche. Dietro le vetrine, manichini senza volto adornati con lunghe tuniche, abaya e hijab, oltre a una miriade di tappeti da preghiera e libri del Corano. Sono davvero a Bruxelles? In fondo alla strada, Place Liedts, attraversata da un vecchio tram giallo, fiancheggiata da caffè turchi, barbieri, kebab e locali notturni. Eccomi qui, arrivo nella mia nuova casa, all'ultimo piano di un vecchio edificio, con vista sull'Atomium in lontananza, con le sue nove sfere metalliche illuminate, uno dei monumenti più visitati della capitale belga. Sono passati più di trent'anni, e già si avvertivano i segnali di una svolta verso una straordinaria islamizzazione. In alcune strade di Bruxelles, a Saint-Gilles, Anderlecht o Forest, la maggior parte delle donne indossa ormai il velo. Bruxelles è diventata, suo malgrado, un incubatore di islamizzazione nel cuore dell’Europa. A Bruxelles, non passa fine settimana senza una manifestazione antisemita e antisionista, spudoratamente sostenuta da tutta la sinistra. Il futuro delle scuole pubbliche è segnato, poiché il corso di religione musulmana è di gran lunga il più popolare tra le giovani generazioni, principalmente di origine straniera. Il fenomeno dell’islamizzazione si riscontra anche tra i sindacati. Anche in questo caso, i Fratelli Musulmani hanno infiltrato i sindacati, consapevoli del loro peso sociale e finanziario. In Belgio, i sindacati sono seduti su un mucchio d'oro e sono loro a gestire l'assicurazione contro la disoccupazione e i suoi milioni di euro. Si tratta di un enorme mezzo di pressione, un mezzo di manipolazione contro i più deboli, i disoccupati o i lavoratori precari, spesso stranieri o di origine straniera, un pubblico prigioniero che arriva al momento giusto”.

Bruxelles

Il parlamentare belga Sam van Rooy ha appena lanciato un avvertimento sul futuro dell'Europa durante una tavola rotonda a Gerusalemme. Ha chiesto la fine dell'immigrazione di massa dai paesi a maggioranza musulmana, avvertendo che l'Europa rischia di perdere la sua identità culturale. “Possiamo almeno salvare i quartieri e le città che sono ancora liberi ed europei”, ha affermato. Van Rooy ha messo in guardia da un potenziale esodo della popolazione ebraica belga. "Il mio timore è che diventeremo un paese Jüdenrein", ha detto, invocando il termine nazista per le aree "ripulite" dagli ebrei. "È ciò contro cui combatto ogni giorno. Gli israeliani sono resilienti, forti e pienamente consapevoli di ciò per cui stanno combattendo. Sanno che la loro civiltà è in gioco. Il popolo ebraico è nostro amico e parte della nostra eredità. Se saranno costretti a fuggire, saremo i prossimi. La gente non vuole crederci perché crederci significa dover agire”. “Al contrario", ha concluso, "l'Europa si sta indebolendo di giorno in giorno. Dal 7 ottobre, i nostri leader si sono schierati con Hamas, con Samidoun e con i manifestanti di piazza. Dovremmo guardare a Israele, non solo come un alleato, ma come un esempio da seguire. Israele sta combattendo la jihad islamica più di qualsiasi altro paese. Dovremmo rendercene conto e sostenerli. Dopo che avranno preso Gerusalemme, il prossimo obiettivo sarà Roma”.

In una casa di Gaza i soldati israeliani hanno intanto trovato questa mappa dell'Italia: “Conquisteremo Roma come abbiamo conquistato Costantinopoli”. Ci piaccia o no, che ci crediamo o meno, non è una guerra territoriale, ma di civiltà. E se continua così, per dirla con Geert Wilders, presto l’Europa sarà “strade medievali piene di burqa”.

E dovremmo pensare, come scrive questa settimana Michel Onfray, che “Israele è l’ammiraglia dell’Occidente”. Vogliono affondarla, pensando anche a noi di farci fare la stessa fine.

“Per chi suonano le campane?”, ha chiesto l’ambasciatore israeliano Zvi Mazel del Jerusalem Center for Security and Foreign Affairs. Qualche giorno fa è uscita la notizia che l’Inghilterra ha chiuso 3.500 chiese in appena dieci anni e che molte sono diventate moschee.

Questa sarà l’Europa nel 2030 immaginata dall’intelligenza artificiale.

A Versailles nel 1788 e a Costantinopoli nel 1452 le campane della storia suonavano, ma nessuno ascoltava. Troppo presi da brioche e sesso degli angeli.

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