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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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La Stampa Rassegna Stampa
27.07.2025 Nathalie Tocci, su La Stampa, accusa Israele di 'genocidio'
Commento (vergognoso) del quotidiano torinese

Testata: La Stampa
Data: 27 luglio 2025
Pagina: 25
Autore: Nathalie Tocci
Titolo: «Gaza e Ucraina, i due pesi e le due misure dell’Occidente»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 27/07/2025, a pag. 25, con il titolo "Gaza e Ucraina, i due pesi e le due misure dell’Occidente", il commento di Nathalie Tocci.

Nathalie Tocci – Belgrade Security Forum
Nathalie Tocci

Nathalie Tocci, solitamente brava nelle sue analisi sull'invasione russa dell'Ucraina, appena parla di Israele perde completamente il senso della realtà. In questo articolo di commento su La Stampa, accusa Israele di genocidio, ritiene che sia "dimostrabile facilmente" e pretende che la comunità internazionale si mobiliti per fermarlo. Nel farlo, lancia tutte le accuse confezionate nei decenni dalla propaganda antisionista, contro "la vittima del più grande genocidio di tutti i tempi, ossia l’Olocausto, si sia trasformata in carnefice, possibilmente colpevole dello stesso crimine". Pazzesco. Ma purtroppo diffuso. Non è solo Nathalie Tocci il problema, ma la cultura di sinistra. Tutta. Perché queste accuse infamanti contro "Israele genocida", che vengono ripetute ad ogni guerra, almeno dal 1967, sono confezionate a Mosca e diffuse attraverso i partiti di sinistra. Questo Nathalie Tocci dovrebbe saperlo, visto che si è occupata tante volte del regime del Cremlino. Questo articolo dimostra invece che ha evidenti difficoltà a capire cosa succede nel mondo. E soprattutto cosa sia un "genocidio".

È tardi, troppo tardi, per parlare di «catastrofe umanitaria», di «indicibile e indifendibile sofferenza e carestia», di «scene grottesche di bambini presi di mira» e dell’«inaccettabilità» dei «troppi morti civili» a Gaza.

Sono giuste le critiche dell’Alto rappresentante dell’Ue Kaja Kallas e del primo ministro britannico Keir Starmer, giusto il «disgusto» del ministro degli Esteri britannico David Lammy, condivisibile l’appello del presidente francese Emmanuel Macron affinché la guerra cessi immediatamente e i civili vengano salvati. O meglio, le loro parole sarebbero state giuste se pronunciate un anno e mezzo fa. Oggi non più.

Il tempo delle critiche è passato. Ed è passato il tempo di azioni giuste, ma meramente simboliche, come il riconoscimento dello Stato palestinese. È passato il tempo degli aggettivi, anche i più forti, delle descrizioni ambigue riguardo ciò che sta accadendo. Ci sono parole chiare, con definizioni e implicazioni giuridiche nette, per dare un nome a ciò che Israele sta commettendo nella Striscia di Gaza. Si chiamano crimini di guerra e crimini contro l’umanità.

La Corte internazionale di giustizia, già nel dicembre 2023, aveva affermato che esisteva il rischio plausibile di genocidio a Gaza. Non è facile dimostrare un genocidio. Non “bastano” le morti, anche se molte. Serve dimostrare l’intento dietro quelle uccisioni, ossia quello di distruggere, in tutto o in parte, una nazione, un’etnia o gruppo razziale o religioso.

Purtroppo nel caso della guerra a Gaza, l’intento di Israele non è difficile da dimostrare. Sin dall’indomani dell’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, esponenti del governo israeliano, tuttora in carica, non hanno lesinato dichiarazioni e nascosto documenti che sottolineano l’intento. È per questo che la Corte ha reputato plausibile il crimine di genocidio.

Plausibile sì; non certo. Perché quell’intento non solo deve essere dimostrato ma deve anche essere dimostrabilmente eseguito. E questo può richiedere del tempo. Con ogni giorno che passa quel tempo scorre, e col suo scorrere, la plausibilità di quell’accusa diventa più concreta. Ed è per questo che, come spiega uno dei più grandi studiosi di genocidio, l’israeliano Omer Bartov, esiste un consenso crescente tra gli esperti della materia che ciò che sta accadendo a Gaza è proprio un genocidio. Ripeto, spetterà alla Corte, e solo alla Corte, pronunciarsi in modo definitivo sulla questione. Ma è finito il tempo in cui si può far finta di niente.

Questo pone due domande, tragiche ed esistenziali.

Anzitutto, com’è possibile che la vittima del più grande genocidio di tutti i tempi, ossia l’Olocausto, si sia trasformata in carnefice, possibilmente colpevole dello stesso crimine? Possiamo accusare il governo israeliano, ridurre tutto alle colpe del primo ministro Benjamin Netanyahu e dei ministri estremisti del suo governo. Ma non sarebbe onesto.

L’autorevole sondaggista israeliana Dahlia Scheindlin spiega bene come la società israeliana, che di certo non vive sotto una dittatura come quella russa, cinese o nordcoreana, ha piena libertà di vedere e sentire ciò che tutti noi vediamo e sentiamo su Gaza. Per quanto la stampa internazionale non possa accedere liberamente alla Striscia, video, immagini e storie dei gazawi uccisi, mutilati, affamati e denutriti sono ampiamente disponibili sui nostri schermi. Come lo sono sugli schermi degli israeliani. Che scelgono di non vedere, di non sentire, di non credere.

Come è possibile che tutto ciò stia avvenendo? Di risposte possibili, di orientamento diverso, ce ne sono. C’è chi parla del trauma alla radice dello Stato di Israele – l’Olocausto e l’antisemitismo –, che ne anima l’esistenza e la legittimazione. Quel trauma riportato a galla dal 7 ottobre, come se non esistesse né un prima né un dopo, alimentato quotidianamente dallo Stato e dai media con storie e immagini, e dalla sorte degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas, mentre tutto il resto, a partire da Gaza, scompare.

C’è chi, invece, attribuisce ciò che sta accadendo al logoramento della democrazia israeliana, causata dall’effetto tossico di un’occupazione che prosegue dal 1967. Le spiegazioni logiche esistono, tuttavia appaiono inadeguate o insufficienti a racchiudere l’enormità di ciò che sta avvenendo.

C’è poi la seconda domanda, che riguarda noi, italiani, europei, occidentali e membri della comunità internazionale. Perché due pesi e due misure nelle guerre in Ucraina e a Gaza? Perché solo ora le critiche che lentamente diventano più forti, perché solo adesso gli appelli concertati all’accesso umanitario, come quello dei 28 Stati firmatari, Italia inclusa? E soprattutto, perché ancora oggi l’ostinato rifiuto di considerare sanzioni economiche o embarghi militari, o anche solo di procedere con la sospensione del trattamento commerciale preferenziale di Israele da parte dell’Ue? Per distrazione? Per interesse? Per razzismo? Anche qui, c’è forse un briciolo di verità in ciascuna di queste spiegazioni, eppure la nostra passività rimane sconcertante.

Mi chiedo come giudicheremo in futuro questo momento storico, come racconteremo il nostro silenzio e la nostra complicità ai nostri figli. E non ho risposta, solo vergogna.

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