Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
La grande bufala del bimbo di Gaza che muore di fame Analisi di Tommaso Montesano
Testata: Libero Data: 27 luglio 2025 Pagina: 1/2 Autore: Tommaso Montesano Titolo: «La grande bufala del bimbo di Gaza che muore di fame»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 27/07/2025, a pag. 1/2, con il titolo "La grande bufala del bimbo di Gaza che muore di fame", la cronaca di Tommaso Montesano.
Tommaso Montesano
Osama al Raqab, diventato l'icona del "genocidio per fame" a Gaza, non si trova a Gaza. Adesso è in Italia ed è curato per la sua malattia, la fibrosi cistica, responsabile principale del suo aspetto scheletrico. Sbattuto in prima pagina dal Fatto e da altri quotidiani, la sua immagine interessa ai giornalisti (sciacalli) solo per istigare odio contro Israele.
L’ultima arma della propaganda anti-israeliana è il cibo. Funzionale a lanciare l’accusa, allo Stato ebraico, di voler piegare quel che resta di Hamas e Gaza con una «carestia di massa». Secondo alcune stime elaborate dalle organizzazioni non governative e rilanciate dai media ostili a Gerusalemme, dall’inizio del conflitto nella Striscia sarebbero morte di fame «almeno 101 persone», di cui «80 bambini». Sul Fatto quotidiano, giovedì scorso, la solita Francesca Albanese, il relatore speciale delle Nazioni Unite sullo stato dei «diritti umani nei territori palestinesi occupati dal 1967», ha accusato il governo di Benjamin Netanyahu di ricorrere appositamente alla strategia della fame: «È un crimine calcolato scientificamente dal governo israeliano». Accuse respinte da Israele, che attraverso un post pubblicato sugli account ufficiali dello Stato ha accusato l’Onu di bloccare «gli aiuti essenziali» umanitari- «in attesa al confine» - destinati alla popolazione di Gaza. Israeli Defense Force ha bollato come «fake news» le notizie sui decessi per fame: «È una falsa campagna promossa da Hamas». E comunque «la responsabilità della distribuzione del cibo è delle Nazioni Unite e delle organizzazioni umanitarie».
L’ATTIVISTA SALVATA
Fatto sta che il 24 luglio sulla prima pagina del quotidiano capeggiava la foto di un bimbo dal corpo scheletrico, con lo sguardo triste e le ossa sporgenti. Titolo: «Se questo è un bambino». Catenaccio: «Le prime foto. I bimbi denutriti sui social e la stampa mondiale».
Il bambino si chiama Osama al-Raqab ed ha cinque anni. Il giorno successivo, edizione del 25 luglio, in un colonnino a pagina 2, Il Fatto ha aggiunto alcuni particolari sulle sue condizioni di salute: Osama è «gravemente malnutrito. Il piccolo, da due mesi», si trova ricoverato presso l’«ospedale Nasser di Khan Younis» ed è affetto da «fibrosi cistica e oltre al cibo mancano i farmaci».
Nell’articolo che occupa le pagine 2 e 3, sono riportate le parole della madre Mona: «Lo sto vedendo morire lentamente (....). Vivo all’ospedale Nasser da due mesi. Lui sta solo peggiorando. Chiedo solo una cosa: evacuatelo per curarlo».
A firmare il pezzo è Aya Ashour, collaboratrice del quotidiano lei stessa evacuata- anzi, “esfiltrata” - da Gaza grazie all’opera della nostra diplomazia e ora ricercatrice presso l’università per stranieri di Siena, l’ateneo diretto da Tomaso Montanari, anche lui firma del quotidiano di Marco Travaglio e ben felice di accogliere l’avvocato palestinese qualche settimana fa: «Darà voce alla causa palestinese».
Detto, fatto: ecco l’articolo del 25 luglio nel quale il caso di Osama è utilizzato per avvalorare la “narrazione” secondo cui il governo Netanyahu starebbe affamando volontariamente i gazawi (bimbi inclusi).
Peccato che il piccolo Osama, come riscontrabile attraverso fonti aperte sul web e confermato dalla Farnesina, dal 10 giugno non si trovi più all’ospedale di Khan Younis. Ma, presumibilmente dal giorno successivo, in Italia, dove è in cura presso una nostra struttura sanitaria dalla quale sta ricevendo, oltre a cibo e medicine, soprattutto le cure adeguate per la sua patologia. La magrezza di Osama, infatti, era dovuta in gran parte alla fibrosi cistica di cui il piccolo soffre da prima dell’inizio della guerra tra Hamas e Israele, dopo le stragi islamiche del 7 Ottobre. In un articolo uscito su aljazeera.com lo scorso 3 maggio, era pubblicata una foto del bambino scattata due giorni prima a corredo della quale la madre spiegava come le condizioni del figlio fossero «peggiorate» dopo l’inizio delle ostilità a causa della «mancanza di carne, pesce e compresse enzimatiche» che dovrebbero aiutarlo a digerire il cibo. Un chiaro riferimento alla patologia sofferta dal bimbo. Dal giorno del suo arrivo in Italia - circostanza che il Fatto ha ammesso, smentendo i suoi articoli precedenti, solo ieri («siamo felici che poi a giugno il piccolo Osama sia stato evacuato in Italia») in un box a pagina 2 - le condizioni del bambino sono fortunatamente migliorate. E la testimonianza è arrivata, pochi giorni fa, da fonti palestinesi.
LE FONTI PALESTINESI
Il 23 luglio Muneer Alboursh, direttore generale del ministero della Salute di Gaza, su X ha pubblicato una foto in cui il piccolo Osama appare in miglioramento dopo le cure in Italia: «Ha recuperato la salute e ora gode di buone condizioni generali». Il giorno dopo Translating Falasteen, uno degli account più attivi nel perorare la causa palestinese, sempre su X ha postato una nuova foto di Osama, stavolta in piedi e con qualche chilo in più, con indosso un camice verde. Ecco un passaggio del tweet: «In meno di due mesi, Osama ha fatto una guarigione incredibile. La foto a sinistra è stata scattata il 23 luglio 2025 in Italia, dove ora riceve cibo, medicine e cure adeguate».
Già l’Italia, il cui governo di Giorgia Meloni è accusato- nelle manifestazioni dei “pro Pal” che da quasi due anni si svolgono nelle città della Penisola- di essere «complice del genocidio a Gaza».
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