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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Il Foglio Rassegna Stampa
19.07.2025 Firenze: università cancella accordi con Israele, salvi quelli con Iran
Commento di Giulio Meotti

Testata: Il Foglio
Data: 19 luglio 2025
Pagina: 1
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «Moralina accademica»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 19/07/2025, a pagina 1, il commento di Giulio Meotti dal titolo: "Moralina accademica".

Informazione Corretta
Giulio Meotti
Moralina accademica. L'Università di Firenze cancella gli accordi con  Israele | Il Foglio
L'Università di Firenze china il capo davanti agli antisemiti e sposa la linea secondo cui agli studenti israeliani va negato il diritto allo studio in quanto tali. Un fatto gravissimo, l’ennesimo sintomo di un’accademia che sprofonda nel baratro. Con l'Iran invece, tutto bene. Pazzesco!

Roma. Cinque dipartimenti dell’Università di Firenze hanno interrotto i rapporti con le università israeliane. L’azione di boicottaggio accademico è portata avanti da cinque realtà accademiche fiorentine. Il dipartimento di Matematica e Informatica ha rotto con l’Università Ben Gurion nel Negev, nel cui consiglio di amministrazione siede il premio Nobel per la Chimica Dan Shechtman. A esso si sono aggiunti il dipartimento di Ingegneria e quello di Scienze e tecnologie agrarie, che hanno sospeso la partecipazione allo stesso accordo. Il dipartimento di Architettura ha interrotto la collaborazione con la Ariel University, mentre quello di Scienze politiche e sociali ha bloccato la cooperazione con il Blavatnik Center per la cybersecurity dell’Università di Tel Aviv. Salvi, invece, gli accordi fiorentini con le università iraniane.

Fino al 2028, il dipartimento di Neuroscienze di Firenze ha un accordo con l’Università iraniana di Shahid Beheshti. Il dipartimento di Chimica di Firenze ha un accordo fino al 2027 con l’Università di Isfahan, siglato nel 2020. Sempre fino al 2027, il dipartimento di Architettura di Firenze ha un accordo con l’Università of Art in Iran, che nel 2023 ha impedito a quaranta studentesse di frequentare le lezioni per la loro “mancata osservanza” del codice di abbigliamento islamico, il chador di stato. Le studentesse protestavano dopo l’uccisione di Mahsa Amini, avvenuta mentre la ragazza iraniana era sotto custodia della “polizia morale” per una violazione del velo. E scade nell’agosto 2026 l’accordo fra il dipartimento di Matematica e informatica, che boicotta Israele, con l’Università iraniana 

di Amirkabir. “L’Iran utilizza gruppi politicizzati di sinistra all’interno delle università per destabilizzare le democrazie europee”, scrive Emmanuel Razavi, un importante reporter franco-iraniano autore del libro “La face cachée des mollahs”, uscito per le Éditions du Cerf. Uno “scenario houellebecquiano” è evocato dall’ex premier francese Manuel Valls quando si parla di boicottaggio e mobilitazione antisraeliana nelle nostre università.

Anche l’Afghanistan dei talebani vanta due accordi con l’Università di Firenze, preoccupata per lo “scolasticidio a Gaza”: il dipartimento di Scienze agrarie ne ha due fino al 2027 con le Università di Herat e Nangarhar. Lo scorso autunno, i talebani hanno imposto ai professori di Herat anche la lunghezza della barba da rispettare. Va da sé che le donne siano messe al bando.

Non risultano simili prese di posizione da Firenze sul femminicidio talebano e iraniano: “Finché l’Afghanistan non farà studiare le donne e l’Iran le obbligherà al velo, le università italiane si rifiuteranno di collaborare con loro”. Ma forse sarebbe chiedere troppo ai nostri baroni.

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