Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Trump si prende due settimane Cronaca di Amedeo Ardenza
Testata: Libero Data: 20 giugno 2025 Pagina: 4 Autore: Amedeo Ardenza Titolo: «L’Europa prova a salvare il regime degli ayatollah. L’Iran spara agli ospedali»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 20/06/2025, a pag. 4, con il titolo "L’Europa prova a salvare il regime degli ayatollah. L’Iran spara agli ospedali", la cronaca di Amedeo Ardenza.
Donald Trump si prende due settimane di tempo (come fa sempre con la Russia) per decidere che fare sull'Iran. Intanto l'Ue riesce a fare anche peggio, cercando di salvare il regime degli ayatollah.
Uno dei più importanti ospedali del paese e il palazzo della Borsa. Sono questi due degli obiettivi colpiti dalle penultime salve di missili balistici esplosi dall’Iran contro Israele. Il Soroka University Medical Center di Be’er Sheva, alle porte del deserto del Negev, è il più grande nosocomio del sud d’Israele.
Non lontano da Gaza, è qua che sono stati trasportati i sopravvissuti delle violenze del 7 ottobre scatenate da Hamas proprio contro i kibbutz più meridionali dello stato ebraico. La struttura ha subito danni ingenti, con la distruzione di un blocco chirurgico, e 65 persone sono rimaste ferite nell’impatto del missile. E tuttavia gli israeliani hanno celebrato il “miracolo” dell’evacuazione dello stesso blocco decisa il giorno prima perché non dotato di sufficienti “mamad”, le stanze rinforzate previste dalla legge in tutti i nuovi edifici in Israele. Ore dopo l’attacco, il primo ministro Benjamin (Bibi) Netanyahu si è recato al Soroka per verificare i danni e lanciare un messaggio al mondo: «Noi colpiamo obiettivi nucleari e missilistici, loro colpiscono un ospedale, dove le persone non possono nemmeno alzarsi e correre». Il capo del governo, criticato perché davanti all’ospedale semidistrutto ha accennato ai sacrifici che sta facendo il paese – «incluso mio figlio che ha dovuto spostare il suo matrimonio» –, ha anche accennato alla possibilità di eliminare la Guida Suprema dell’Iran, Ali Khamenei, «ma meglio non parlarne con i media» quindi ha ricordato che «2.500 anni fa, (l’imperatore persiano) Ciro liberò il popolo ebraico; ora il popolo ebraico sta aiutando il popolo persiano a liberarsi».
Giovedì mattina sono state colpite anche Ramat Gan e Holon, due sobborghi di Tel Aviv tutti palazzi residenziali e uffici e dove ha sede la Borsa. Massicci anche qua i danni con torri moderne semidistrutte e i vetri di ogni auto o edificio andati in frantumi tutto intorno al luogo dell’impatto. Il bilancio finale della salva di 30 missili che ha investito il centro e il sud di Israele è di 89 feriti fra i quali 3 in condizioni gravi.
Nel tardo pomeriggio l’Iran ha battuto un ulteriore colpo di resipiscenza militare lanciando altri nove missili contro lo stato ebraico. Il Comando del Fronte Interno ha confermato in serata che uno dei missili trasportava munizione a grappolo, ciascuna con 2,5 kg di esplosivo: il missile si è diviso in due a 7 km dal suolo e le munizioni si sono disperse in un raggio di 8 km a sud-est di Tel Aviv.
Israele da parte sua continua la sua campagna per azzerare le ambizioni atomiche degli ayatollah. Tra più importanti obiettivi colpiti nelle stesse ore in Iran c’è il reattore nucleare ad acqua pesante IR-40 della città di Arak, 250 km a sudovest di Teheran. Ore prima, il portavoce in farsi delle Israeli Defense Forces ha diffuso una mappa dell'area intorno al reattore chiedendo che fosse evacuata. Sul fronte interno il governo è anche impegnato a riportare a casa i tanti israeliani impossibilitati a rientrare a casa da quando, con lo scoppio della guerra, tutti i voli da e per Tel Aviv sono stati bloccati. La ministra dei Trasporti Miri Regev sta organizzando passaggi nave da Cipro e voli speciali da Atene alcuni di questi anche di sabato con tanto di dispensa rabbinica ad hoc.
Ma giovedì è stata una giornata importante anche sul piano diplomatico. Da un lato Francia, Regno Unito e Germania, scrive il Guardian, avrebbero confermato la propria disponibilità a incontrare oggi a Ginevra il ministro degli Esteri iraniano Abbas Aragchi nel tentativo di avviare una de-escalation nella regione. Aragchi non ha reso noto se si presenterà nella città svizzera ma nel frattempo ha affermato che l’ospedale Soroka non era l’obiettivo dell’attacco missilistico ma che il nosocomio ha subito danni a causa dell’onda d’urto causata dall’impatto del proiettile su una vicina base militare. E comunque, ha scritto il capo della diplomazia di Teheran su X, «quell’ospedale è utilizzato soprattutto per curare i soldati israeliani impegnati nel genocidio a Gaza a 25 miglia di distanza».
Mentre l’Europa fa le sue avances a un Iran sempre più rabbioso, ieri tre diplomatici non meglio identificato hanno rivelato a Reuters che già durante la prima settimana di guerra, Steve Witkoff, inviato speciale del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, avrebbe avuto contatti telefonici con lo stesso Aragchi. Uno solo il messaggio consegnato dall’iraniano all’americano: Teheran non tornerà al tavolo negoziale con gli Usa sul proprio programma nucleare se Israele non interromperà prima i suoi attacchi. Al momento Trump, sempre fra l’imprevedibile e l’indecifrabile, non pare intenzionato a chiedere agli israeliani di fermarsi. Quanto al possibile ingresso degli Stati Uniti in guerra, il commander in chief non ha fretta e si è dato ancora due settimane di tempo.
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