Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 18/06/2025, a pag. 3, la cronaca di Costanza Cavalli dal titolo "Trump vuole intervenire: sappiamo dov’è Khamenei".
Donald Trump si trova in una posizione unica: ha la possibilità e forse anche l'intenzione di porre fine al regime iraniano, per la prima volta dal 1979. Se lo fa, passerà alla storia come il pacificatore del Medio Oriente. In Europa, l'unico che pare esserne consapevole è il cancelliere tedesco Friedrich Merz, l'unico che ha approvato esplicitamente l'azione di Israele.
Alla destra e alla sinistra di Israele ci sono da ieri i due dioscuri, il domatore di cavalli e il pugilatore. Uno era lì da sempre, Donald Trump, che non vuole un cessate il fuoco ma una «resa incondizionata»: gli Stati Uniti «sanno esattamente dove si nasconde il cosiddetto Leader Supremo», ha scritto sul suo profilo Truth, «è un bersaglio facile, ma per ora non lo elimineremo». I bombardieri però sono pronti, e anche F-16, F-22 e F-35, così come le aerocisterne per il rifornimento in volo dei caccia e le portaerei. Pure l’altro dioscuro era sempre stato lì, ma ancora nicchiava: Friedrich Merz, il cancelliere tedesco, il leader, visto il ruolo che il destino gli ha dato mandato di ricoprire, della nazione più potente d’Europa. Washington sta valutando il suo coinvolgimento diretto negli attacchi contro l’Iran e lo stesso sta facendo Berlino.
Due persone ieri, nel caso in cui Trump non l’avesse capito da solo, hanno sottolineato la portata del momento storico in cui si trova ad agire. Gli hanno detto la stessa cosa, ma di segno diverso. La prima voce è di Thomas Friedman, editorialista del New York Times, tre volte premio Pulitzer, più liberal che centrista. «Se sarà all’altezza», ha scritto, «Trump può creare la migliore opportunità di stabilizzazione del Medio Oriente da decenni». Come? Secondo il giornalista «se Trump vuol fare un buon accordo, equipaggi l’aeronautica israeliana con i bombardieri B-2 e le bombe anti-bunker che darebbero a Israele la capacità di distruggere gli impianti nucleari sotterranei dell’Iran, a meno che l’Iran non consenta alle squadre dell’Agenzia Internazionale per l’energia atomica di smantellare questi impianti e di avere accesso a ogni sito nucleare per recuperare tutto il materiale fissile che Teheran ha generato. Solo se l’Iran rispetterà queste condizioni», conclude, «dovrebbe essere autorizzato ad avere un programma nucleare civile sotto stretto controllo dell’Aiea. Ma l’Iran accetterà solo davanti a una minaccia di forza credibile». La seconda voce è di Mike Huckabee, ambasciatore americano in Israele: «Dio l’ha salvata a Butler, in Pennsylvania, affinché potesse essere il presidente più influente degli ultimi cento anni, forse di sempre. Nessun presidente nella mia vita è stato in una posizione come la sua. Non dai tempi di Truman nel 1945». Che fare quindi? Huckabee, che è un pastore battista e che ritiene l’esistenza dello Stato ebraico una questione di diritto divino, non dà consigli, ribadisce qual è il suo posto: «Lei, presidente, mi ha mandato in Israele per garantire che la nostra bandiera sventoli sulla nostra ambasciata. Il mio ruolo è quello di essere l’ultimo ad andarmene».
Ma una partecipazione alla campagna militare di Netanyahu per assestare un colpo decisivo al programma nucleare iraniano «non è ancora stata decisa», ha detto Merz, «dipende molto da quando il regime dei mullah sarà disposto a tornare al tavolo delle trattative». Il cancelliere, in questa accelerazione della storia che impone una presa di posizione, sa da che parte stare: Israele ha «il coraggio di fare il lavoro sporco al posto nostro» attaccando l’Iran, il cui governo «ha portato morte e distruzione nel mondo», ha dichiarato un’intervista rilasciata alla Zdf a margine del G7 (dal quale è infatti uscita una bozza delle conclusioni, firmata da Trump, poco equivocabile: «Israele ha il diritto di difendersi», si legge, «l’Iran non deve ottenere un’arma nucleare»). Senza i raid israeliani, ha proseguito Merz, «avremmo potuto continuare a soffrire per mesi e anni a causa del terrorismo di questo regime, che avrebbe persino finito per acquisire armi nucleari. Se l’Iran non fa marcia indietro, la distruzione completa del programma nucleare iraniano è all’ordine del giorno, cosa che Israele non può ottenere da solo». La decisione del presidente americano cambierà le sorti del mondo e sarà per lui un enorme rischio politico. Trump il pacificatore potrebbe violare l’impegno contro la guerra preso in campagna elettorale con la sua base Maga. Ma il coinvolgimento militare americano potrebbe essere foriero della nuova età dell’oro che nutre la dottrina Trump, con la minaccia nucleare della Repubblica Islamica finalmente estinta.
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