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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Riformista Rassegna Stampa
17.06.2025 La sporca rete di finanziamenti iraniani ai terroristi e alle mafie
Intervista di Aldo Torchiaro ad Emanuele Ottolenghi

Testata: Il Riformista
Data: 17 giugno 2025
Pagina: 3
Autore: Aldo Torchiaro
Titolo: «Ottolenghi: «Così l’Iran paga i terroristi (e le narcomafie, anche in Italia)»»

Riprendiamo dal RIFORMISTA di oggi, 17/06/2025, l'intervista di Aldo Torchiaro a Emanuele Ottolenghi: «Così l’Iran paga i terroristi (e le narcomafie, anche in Italia)».

File:Aldo Torchiaro.png - Wikipedia
Aldo Torchiaro

Emanuele Ottolenghi

Incontriamo Emanuele Ottolenghi, uno dei maggiori esperti di finanza, terrorismo e reti criminali internazionali. Autore di La Bomba Iraniana (Lindau) e I Pasdaran (FDD) è Senior Advisor di 240 Analytics, impresa di elaborazione dati sul rischio terrorismo e il suo finanziamento.

Professor Ottolenghi, partiamo dal cuore del suo lavoro: in che modo l’Iran finanzia i suoi principali proxy nella regione – Hamas, Hezbollah e i ribelli Houthi – e quali sono i principali canali di trasferimento del denaro?
«Principalmente con trasferimenti di denaro contante, utilizzo del sistema bancario locale, e piattaforme di pagamento elettroniche al di fuori del sistema bancario tradizionale. Poi ci sono aiuti diretti - fornitura di armi e altri mezzi materiali - che comunque costituiscono un trasferimento di valore. Inoltre ci sono mezzi di finanziamento aggiuntivi, provenienti dall’estero, che avvengono tramite ONG, imprese controllate da gregari nella diaspora. Infine c’è il finanziamento che deriva dal riciclaggio del denaro sporco derivante da traffici illeciti, sempre attraverso canali formali e informali assortiti.
Per i grandi volumi, il riciclaggio si appoggia a imprese di facciata che trasferiscono valore attraverso commercio di beni di consumo.
Le transazioni finanziarie di appoggio passano da più canali - inclusi i circuiti bancari internazionali oltre che i sistemi di pagamento elettronici, le reti di Hawala tradizionali, e le criptovalute».

Nelle sue ricerche lei mette in luce l’utilizzo sempre più diffuso di strumenti non convenzionali per eludere i controlli.
Le criptovalute, in particolare, giocano un ruolo crescente nei finanziamenti alle organizzazioni terroristiche?

«Esatto. Ci sono già state azioni sanzionatorie da parte delle autorità americane contro reti vincolate al regime iraniano e ai suoi gregari di Hezbollah che utilizzavano criptovalute. Sono strumenti non regolamentati e non particolarmente monitorati. E’ facile coprire le tracce dei loro movimenti. Quindi sono uno strumento attraente per attività finanziarie illecite. Esiste un rischio - la forte fluttuazione dei loro valori - ma con l’aumentare del peso delle criptovalute nella finanza mondiale diventerà uno strumento sempre più frequente anche per chi non rispetta la legge».

Può darmi una stima attendibile delle armi che l’Iran ha fornito a Hamas, Hezbollah e agli Houthi nell’ultimo decennio?
«L’arsenale missilistico e di droni di Hezbollah e degli Houthi non esisterebbe senza l’aiuto iraniano. Dall’Iran arriva l’intelligence per identificare e colpire le navi che transitano all’imbocco del Mar Rosso. A Hamas, Houthi, e Hezbollah l’Iran ha fornito addestramento oltre che il know how per costruire tunnel e sviluppare una strategia di combattimento asimmetrico. Gli armamenti seguivano rotte diverse - attraverso Iraq e Siria via terra o cielo per Hezbollah, per esempio - o con navi mercantili che deviavano il loro corso, passato il canale di Suez, per consegnare armamenti via porti siriani.
La caduta del regime di Assad in Siria ha stravolto queste rotte lasciando i gregari mediterranei di Teheran in seria difficoltà».

Dalle sue indagini emergono connessioni sorprendenti tra gruppi terroristici e organizzazioni criminali tradizionali. C’è un coinvolgimento documentato della criminalità organizzata italiana, come ‘Ndrangheta o Camorra, nel riciclaggio di denaro o nel traffico di armi legati all’Iran e ai suoi proxy?
«Certamente. Hezbollah deriva parte del suo finanziamento dai servizi intermediari che offre alla criminalità organizzata per riciclare il loro denaro sporco. Fonte principale di questi proventi è il traffico di cocaina dall’America Latina e fino a poco tempo fa anche quello del Captagon proveniente dalla Siria. Tra gli assidui clienti di queste mercanzie si incontra tutta la criminalità organizzata europea, compresa la nostra. Non c’è dubbio che Hezbollah giochi un ruolo in questi traffici e ci sono inchieste giudiziarie documentate degli ultimi vent’anni a dimostrarlo».

Che tipo di relazione strategica lega l’Iran alla Russia sul fronte energetico e militare? In particolare, quali legami ha Teheran con gli oligarchi del gas e del petrolio russi, e come questi rapporti si traducono in vantaggi per le rispettive reti di influenza globale?
«Si tratta di un’alleanza strategica che in primo luogo permette ai due paesi di aiutarsi a vicenda nell’evadere sanzioni internazionali.
I russi dipendono da forniture militari iraniane - compresi i droni usati per terrorizzare la popolazione civile in Ucraina - e gli iraniani dipendono dai russi - per esempio per i loro sistemi antiaerei.
Ma la cosa più importante dal punto di vista strategico è che sono due paesi con ambizioni egemoniche e imperiali nei confronti dei loro vicini e che ambiscono a diminuire l’influenza occidentale e sconvolgere l’ordine internazionale a loro beneficio.
Da qui sorge un allineamento strategico che va ben oltre il commercio e la cooperazione in ambito militare ed energetico».

La Cina continua ad acquistare enormi quantità di petrolio iraniano. In che modo questo flusso commerciale permette all’Iran di finanziare indirettamente i gruppi armati affiliati?
«Senza la vendita del petrolio l’Iran farebbe molta fatica a continuare a sostenere le sue avventure imperiali nella regione, comprese le ingenti spese per sostenere e approvvigionare i suoi gregari.
Ciò lo rende molto vulnerabile in questo momento: se Israele colpisse alcuni nodi strategici dell’industria petrolifera iraniana come il terminale dell’isola di Khartoum potrebbe metterne in ginocchio l’intera economia».

Guardando alle prospettive future: quali rischi corre l’Europa se non riesce a contrastare con efficacia i canali finanziari e logistici che tengono in piedi la rete iraniana del terrore?
«Intanto c’è il rischio terrorismo sul suolo europeo. Non sarebbe la prima volta e il nostro atteggiamento arrendevole, che gli iraniani hanno sempre saputo manipolare, per esempio con il rapimento di nostri connazionali poi cinicamente usato come pedina di scambio.
Poi ci sono i canali di finanziamento che non solo finanziano il terrorismo ma arricchiscono i criminali e alimentano i fenomeni di degrado e rischio legati alla criminalità organizzata. Il problema principale per noi europei è che continuiamo a trattare il problema della criminalità organizzata e del finanziamento al terrorismo come due fenomeni separati. Questo lo si vede anche dal punto di vista degli strumenti investigativi: spesso gli inquirenti non perseguono la pista terrorismo nelle inchieste di mafia perché non hanno gli strumenti di analisi per vedere e capire quel legame».

Quali strumenti – investigativi, normativi, diplomatici – sarebbero oggi più urgenti da attivare?
«Occorre una maggior integrazione di dati e analisi tra forze dell’ordine e intelligence. Occorre anche fare maggior uso di strumenti come le sanzioni che gli americani usano da anni con discreto successo. Il settore privato, principalmente quello finanziario, deve potenziare i suoi strumenti di autotutela contro fenomeni di finanza illecita. Il pericolo qui è che il nostro settore finanziario, commerciale, e immobiliare diventi sempre più preda di schemi illeciti. E naturalmente non va dimenticato che questi flussi finanziari vanno poi ad alimentare conflitti destabilizzanti che nuocciono ai nostri interessi».


redazione@ilriformista.it

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