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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Foglio Rassegna Stampa
16.06.2025 La solitudine di Israele contro un nemico che è anche il nostro nemico
Commento di Giuliano Ferrara

Testata: Il Foglio
Data: 16 giugno 2025
Pagina: 1
Autore: Giuliano Ferrara
Titolo: «La solitudine di Israele contro un nemico che è anche il nostro nemico»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 16/06/2025, a pag. 1/4, con il titolo "La solitudine di Israele contro un nemico che è anche il nostro nemico" il commento di Giuliano Ferrara.

Giuliano Ferrara
Giuliano Ferrara
La solitudine di Israele contro un nemico che è anche il nostro nemico | Il  Foglio
Aiutare subito Israele nella lotta contro l’Iran e impedire che gli ayatollah ottengano l’arma atomica significa garantire un mondo più sicuro. Dovremmo sostenere e affiancare gli israeliani, invece siamo impudenti, lenti, esitanti, pacifisti accomodati nel nostro benessere. Ma se continuiamo così, quel benessere non durerà per sempre

Quindi Israele deve fare tutto da solo. Il governo, i riservisti, l’opposizione, i cittadini, gli allarmi, l’intelligen ce, gli aviatori: europei e americani per adesso stanno a guardare, magari danno una mano nella difesa, vorreivedere, ma non si spingono oltre. Vedi mai che unacoalizione di willing riesca ad abbattere i mullah di Teheran, a distruggere definitivamente la minaccia nucleare che al di là di Israele ci riguarda tutti. Meglio preoccuparsidel prezzo del petrolio in rialzo, dell’inflazione, meglio predicare la necessità della via diplomatica, ma quale? meglio che la parata, la grande parata, si faccia nella porta delle economie abbondanti. A colpire il regime del terrore ci pensino gli israeliani. Noi conviviamo da quasi mezzo secolo con gli autocrati che arrestano, bastonano, torturano e impiccano quelli del loro popolo che hanno deciso, donne sopra tutto, ma anche giovani e gente del bazar, di resistergli.

Noi mettiamo le sanzioni che aggiriamo, facciamo accordi eleganti, harvardiani, destinati da Obama in poi a essere disattesi, come ha certificato perfino una agenzia delle oscene Nazioni Unite. Per il resto deleghiamo eroismo e sovranità a un piccolo paese di pochi milioni di ebrei che ci riserviamo di qualificare come genocida e terrorista, a seconda della volubile sensibilità della folla che freme per le vittime civili di una guerra di difesa nazionale provocata dai mullah e dai loro proxy, ma guai a mollare la linea del cessate il fuoco, anche prima che gli ostaggi siano rilasciati dai loro aguzzini.

Che infinito sentimento di vergogna dovremmo provare, noi svergognati spettatori dell’offensiva contro l’atomica iraniana e per il regime change a Teheran. Invece siamo impudenti, lenti, esitanti, accucciati nel benessere e in una presunta lontananza dallo scenario di guerra, siamo pacifisti e siamo gente di buona coscienza umanitaria, informiamo blandamente le opinioni pubbliche, ma sarebbe incendiario prendersela davvero con quelli che arricchiscono o arricchivano l’uranio per costruire la bomba da sganciaresu Israele e per riequilibrare a vantaggio del fanatismoislamista, e contro le democrazie occidentali, la bilancia del terrore. La solitudine di Israele è il rivolto del suo isolamento, ma è un atto di autoaccusa dei pigri, degli ignavi, dei lestofanti, noi, noi tutti, che cercano di dipingere uno statoguarnigione coraggioso e un popolo che non ha altra prospettiva che l’annegamento in mare, spinto dal trionfo auspicato della causa palestinese in veste Hamas, o il gas nucleare e la contaminazione procurata dai maestri del terrore, al di fuori di una eroica autodifesa. Sono quelli che bombardano, che spiano, che si infiltrano, che rischiano, che fanno la guerra alla guerra, e dovrebbero essere riconosciuti come i portabandiera delle libertà in Medio Oriente mentre vengono spacciati per genocidi e mentre la linea divisoria, morale e storica, della Shoah viene ogni giorno cancellata da diplomazie e opinioni pubbliche che meriterebbero una cura nucleare iraniana diretta, incisiva. Se questa cura non ci sarà, sarà dovuto agli israeliani, all’unico paese minacciato di genocidio, che ne ha già subito uno nell’indifferenza dei molti, e ora dice mai più. Dovremmo aiutarli, armarli più di quanto non facciamo, affiancarli e distruggere quel loro nemico che è anche il nostro nemico. E se non ora, quando?

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