Riprendiamo l'articolo di Giulio Meotti, dalla sua newsletter, dal titolo: "Un religioso con la bomba atomica? No grazie".

Giulio Meotti

Eccoci arrivati.
In una serie di impressionanti attacchi di precisione, Israele nella notte ha preso di mira figure chiave del regime islamico, sistemi balistici e l'impianto nucleare di Natanz. Le difese aeree e missilistiche iraniane sono state devastate da una combinazione di attacchi aerei e terrestri del Mossad, che ha introdotto clandestinamente personale e armi per mesi.
Teheran aveva prodotto abbastanza uranio arricchito per costruire 15 bombe nucleari e si stava avvicinando al "punto di non ritorno".
Per gli iraniani, come per i pakistani, non è soltanto una bomba atomica, come quelle di India, Russia, Cina o Corea del Nord: la chiamano “bomba islamica”.
Questo è il Medio Oriente: un solo segno di debolezza e vi ballano sulla tomba. O pensiamo di chiamare Greta Thunberg e farla entrare a Teheran a dorso di cammello?
Un programma nucleare iraniano funzionante è una minaccia per la sicurezza globale e per l’Occidente che loro odiano e, nonostante l'inevitabile condanna pubblica di Israele da parte dei leader mondiali, la maggior parte sa che questo è vero.
Secondo la valutazione dei responsabili della sicurezza israeliana (e ora anche dell’inutile Onu), il programma di armi nucleari iraniano era avanzato fino al punto di rappresentare una minaccia esistenziale, da parte di un regime che cercava apertamente la distruzione di Israele, anche a costo della propria.
Un Iran dotato di armi nucleari sarebbe il capo supremo dell'Asia occidentale; Teheran sarebbe in grado di infliggere perdite considerevoli a cittadini e risorse occidentali nella regione e oltre, oltre a interrompere le operazioni militari, di intelligence e commerciali. Sarebbe in grado di tenere l'Occidente in ostaggio per ottenere vantaggi politici, diplomatici, ideologici e finanziari.
L’Islam radicale otterrebbe una vittoria epocale. L’Iran, infatti, continua a fornire un miliardo di dollari ogni anno ai terroristi.
Soltanto un imbecille europeo potrebbe pensare che un Iran nuclearizzato sarebbe soltanto un altro stato con l’atomica con cui passare dal contenimento al dialogo.
Israele deve aspettarsi la reazione indignata dalla comunità internazionale, dell’Onu, dei giornali e di parte del mondo musulmano. Ma può dormire tranquillo nella consapevolezza di aver agito non solo nel proprio interesse, ma anche in quello strategico, di sicurezza e culturale delle nazioni occidentali sempre pronte a condannarlo.
È così che funziona quando si è una delle poche democrazie rimaste che crede di distruggere i propri nemici prima che possano farlo loro. Altre nazioni potrebbero pensare che sia opportuno aspettare l'Onu che vuole trasformarci in un “sanatorio di lusso da smembrare”, l'UE e il corpo docente di diritto di Harvard e della Sapienza, ma Israele non è tra queste.
Perché ricorda bene cosa ha detto il presidente iraniano Hashemi Rafsanjani:
“L’uso anche di una sola bomba atomica contro Israele distruggerebbe completamente il paese, mentre se Israele usasse l’atomica riuscirebbe soltanto a ferire il mondo islamico”.
Ecco perché Elie Wiesel prima di morire disse: “L’Iran non deve diventare una potenza nucleare”. Lo scrittore scampato alle camere a gas di Auschwitz lo sapeva meglio di tutti i nostri scrittorini molesti: "Il XX secolo è stato segnato da due ideologie totalitarie: il fanatismo politico a Mosca e il fanatismo razzista a Berlino. Ora ci troviamo di fronte a un terzo fanatismo, il fanatismo religioso".
Come ben sa Israele, l'Iran dispone di missili in grado di raggiungere qualsiasi punto del paese, oltre che a tutta l’Europa.
Nella valutazione dell'apparato di sicurezza israeliano, la cifra delle "nove bombe" potrebbe essere una sottostima e il processo di arricchimento potrebbe essere persino più avanzato di quello annunciato dall’Onu.
“Non possiamo lasciare queste minacce alla prossima generazione", ha dichiarato Netanyahu, "perché se non agiamo ora, non ci sarà un'altra generazione".
“L’irrazionalità nichilista guida le scelte dei regimi teocratici e sorprende le nostre previsioni occidentali di stanchi edonisti” scriveva Domenico Quirico su La Stampa nell’unico articolo che era riuscito a centrare culturalmente il lancio di 500 missili da Teheran verso Israele nell’autunno scorso.
Guai a non prendere sul serio un fanatico islamico. Doppi guai a non prendere sul serio un fanatico islamico con le armi nucleari. In questo caso, “la dittatura islamica con le babbucce”.
Dopo aver passato dieci giorni in Iraq e in Siria con lo Stato Islamico, Jürgen Todenhöfer, un giornalista tedesco, ha fornito una sintesi della ideologia che li animava. “Un giorno conquisteremo l'Europa, la questione non è se lo faremo, ma quando, per noi, è ovvio” gli disse un jihadista tedesco che parlava a nome del comando dell'Isis. “La nostra espansione sarà perpetua e gli europei devono sapere che quando verremo, non sarà bello, lo sarà con le nostre armi, e quelli che non si convertiranno all'Islam o che non pagheranno la tassa islamica saranno uccisi”, ha detto il combattente. E se si rifiutano di convertirsi, domande Todenhöfer? “150 milioni, 200 milioni o 500 milioni, non importa. Li uccideremo tutti”, risponde il jihadista, che poi giustifica la schiavitù dei non musulmani. “Si stanno preparando per la più grande pulizia religiosa della storia”, conclude il giornalista tedesco.
Non abbiamo preso sul serio l’Isis e abbiamo visto come è finita.
E pensiamo alla Corea del Nord: uno staterello comunista fuori dalla storia retto da un pagliaccio erede della dittatura, ma che grazie alla bomba atomica gode di immunità.

Sunnita o sciita, l’apocalisse islamica è una cosa seria e come tale andrebbe presa. Invece noi occidentali pensiamo di vivere in un mondo rosa confetto.
Solo grazie a Israele la Francia ha sventato un complotto terroristico iraniano che aveva come obiettivo un evento del Consiglio nazionale della resistenza iraniana nei pressi di Parigi, a cui avevano partecipato centinaia di personalità provenienti da Europa, America e da tutto il mondo.
A marzo, le autorità inglesi hanno arrestato otto agenti iraniani a Londra e in altre città pronti a compiere un attentato.
Alla rivista satirica francese Charlie Hebdo, tutto cambiò quando Said e Sharif Kouachi assassinarono 11 fra vignettisti e giornalisti nella loro sede parigina. Tra i testi recuperati sul portatile dei fratelli Kouachi c'era la fatwa iraniana contro lo scrittore Salman Rushdie. E l’Iran ha mandato uno dei suoi a provare a uccidere Rushdie a New York.
La dissidente iraniana Masih Alinejad aveva appena finito di raccogliere pomodori e cetrioli dal giardino sul retro della sua casa di Brooklyn quando ha visto un uomo. Sembrava “un ragazzo normale”, ha detto in tribunale questa settimana la dissidente iranianoamericana. “Stava camminando e aveva un telefono in mano”. Alinejad lo ha visto parlare e ha detto “cosa?”, pensando che stesse cercando di parlare con lei. Quando Alinejad si è resa conto che stava parlando al telefono si è preoccupata. “Mi sono fatta prendere dal panico e sono corsa alla porta d’ingresso”, ha detto Alinejad. Poi lo ha visto in giardino. Come poi si è scoperto, quell’uomo era il suo aspirante assassino di nome Khalid Mehdiyev, aveva un Ak-47 e Alinejad era il bersaglio di uno straordinario complotto per ucciderla e mettere a tacere una potente voce di opposizione al regime di Teheran.Anche l’ex ministro della Giustizia canadese, Irwin Cotler, è stato al centro di un piano simile. Avrebbe dovuto partecipare al sessantesimo anniversario del suo corso di legge alla McGill a Montreal, quando gli è stato comunicato di un imminente tentativo di assassinio entro le successive 48 ore. Nella lista iraniana c’è anche l’ex segretario di Stato, Mike Pompeo, per il quale l’Iran ha messo una taglia di due milione di dollari.
Il 5 Agosto 1980, Ali Khamenei tenne uno dei suoi più famosi sermoni. “La nazione iraniana è l’avanguardia della lotta per la liberazione della Palestina… La rivoluzione iraniana ha raggiunto la vittoria entro i confini, ma fino a quando una piaga contagiosa, un tumore sporco chiamato stato di Israele usurpa le terre arabe e islamiche, non possiamo sentire la vittoria e non possiamo tollerare la presenza del nemico nelle terre usurpate e occupate”. Khamenei aggiunse che “se ogni membro della grande comunità islamica di un miliardo di fedeli getta un secchio d’acqua contro Israele, Israele sarà annegato dal diluvio e sarà sepolto”.
Disintegrazione del mito dell'Olocausto. Fu questo il titolo del libro dell’allora presidente dell'Iran, Mahmoud Ahmadinejad, che dal 2005 parla della Shoah come di un “mito”, una menzogna. Nel dicembre 2006, l’Iran organizzò a Teheran una conferenza internazionale revisionista sulla Shoah.
Nel 2015 Khamenei ha ordinato alle Guardie della Rivoluzione di diffondere un video in cui si vedono soldati musulmani che guardano Gerusalemme e si preparano a conquistarla. La sequenza si apre con dei primi piani di quattro soldati dal volto coperto mentre si allacciano gli stivali e preparano le armi. Sulle divise sono visibili gli stemmi delle Guardie iraniane, di Hamas e di Hezbollah. L’inquadratura si allarga e mostra il gruppo di combattenti su una collina mentre scrutano Gerusalemme e la Moschea di al Aqsa in attesa dell’attacco. La clip porta il titolo “Preparazione alla completa distruzione di Israele da parte delle Guardie rivoluzionarie islamiche”.

Nel 2017 ci fu l’inaugurazione di un orologio digitale in una piazza di Teheran, opportunamente ribattezzata “Piazza Palestina”. Non indica l’ora. Conta, invece, i giorni che mancano alla distruzione di Israele.

Nel 2020 Khamenei ha condiviso sul suo sito web un poster: mostra persone in festa nel complesso del Monte del Tempio a Gerusalemme dopo averlo catturato da Israele e una bandiera palestinese che si alza sulla moschea di al Aqsa. “Soluzione finale”, dice il testo. Endlösung der Judenfrage. La “soluzione finale della questione ebraica” è l’espressione usata dai nazisti alla Conferenza di Wannsee che pianificò lo sterminio di undici milioni di ebrei (i nazisti sarebbero riusciti a incenerirne sei).
La Guida Suprema dell’Iran ha pubblicato un libro intitolato “Palestine” nel quale spiega la distruzione del “regime sionista”. Khamenei descrive la tattica di indurre la comunità internazionale a “non poterne più di Israele” sino al punto in cui l’Occidente si renderà conto che sostenere il “progetto sionista” è troppo oneroso e abbandonerà Israele.
Almeno su questo ci aveva visto giusto.
Basta leggere un saggio poderoso dello studioso tedesco Mathias Küntzel pubblicato da New Republic per capire chi sono i sacerdoti islamici:
“Durante la guerra fra Iran e Iraq, l’ayatollah Khomeini importò 500.000 chiavette di plastica da Taiwan. Questi gingilli avrebbero dovuto fornire qualche ispirazione. Le forze armate iraniane non erano in grado di reggere il confronto con l’esercito di Saddam Hussein. Per far fronte a questo svantaggio, Khomeini inviò al fronte alcuni bambini iraniani, che in alcuni casi non avevano nemmeno dodici anni. Marciavano attraverso i campi minati in direzione del nemico, aprendo un varco con i loro corpi. Prima di ogni missione, a ciascun bambino era consegnata una chiavetta taiwanese da appendere al collo: sarebbe servita a spalancargli le porte del paradiso”.
E sbaglieremmo a pensare che riguarda soltanto Israele: gli ayatollah iraniani ripetono di voler “distruggere la civiltà occidentale”.
Mohammad Reza Pahlavi, Scià dell'Iran, lo disse nel 1979, quando fu tradito dagli occidentali e messo su un aereo:
“Se me ne vado, l’Iran cadrà in rovina; se l’Iran cade, il Medio Oriente lo seguirà e se il Medio Oriente sarà in rovina, un grande terrore regnerà nel mondo...”.
Eppure, noi figli d’Occidente siamo educati a una condizione privilegiata e protetta, popoli immaturi e ottimisti, infantili e spavaldi, che di fronte all’integralismo islamico si ritrovano vulnerabili come un cucciolo. Ormai pensiamo che il mondo sia tutto come il nostro bravo vicino di casa. Come se la fortuna e il benessere avessero prodotto una civiltà incapace di vedere il mondo per ciò che è.
Alireza Nader di "New Iran", con sede a Washington, ha detto: "La UE sembra interessarsi solo all'accordo nucleare e ai rapporti commerciali. Finge che il regime sia legittimo e che gli iraniani non abbiano alternative alla tirannia".
E per una sorta di malattia auto immune, identifichiamo il nemico nei pochi tra di noi che hanno conservato la capacità di fiutare il pericolo e di lanciare l’allerta, in questo caso Israele.
Siamo le anime belle che la fortuna dal 1945 ha privato dell’istinto di sopravvivenza.
Ora abbiamo due scelte.
Possiamo issiamo bandiera bianca su ciò che resta della cultura giudaico-cristiana e le nostre libertà nate da Roma-Atene-Gerusalemme, ci si affida al relativismo woke che sventola tutte le bandiere delle canaglie, al ventre molle multiculturale e alle “cure” dell’Onu, si sale a bordo della nave di Greta Thunberg, si abbandona Israele, andiamo a farci i selfie a Teheran con Federica Mogherini, si fronteggia una reazione massiccia fatta di attentati e di ricatti, ci si prepara all’atomica iraniana e poi a quella degli altri.
Sarà la grande festa da ballo degli sconfitti. Oppure si tiene duro, sapendo che, per quanto sfamiamo il coccodrillo, questo alla fine mangerà anche noi.
Intanto riapriamo un vecchio libro in cui Saul Bellow si domandava se per noi europei “civiltà non è che un altro prodotto di esportazione come il vino e il formaggio, i profumi e gli armamenti”: “In quest'ora inquieta, il mondo civile sembra stanco della propria civiltà. Non vuole più sentire parlare di sopravvivenza. Nella loro preoccupazione per la decadenza della civiltà e nel loro orgoglio, gli israeliani hanno qualcosa da insegnare al mondo”.
Israele ha bisogno della nostra solidarietà. Arriverà il giorno in cui avremo bisogno della loro.
La newsletter di Giulio Meotti è uno spazio vivo curato ogni giorno da un giornalista che, in solitaria, prova a raccontarci cosa sia diventato e dove stia andando il nostro Occidente. Uno spazio unico dove tenere in allenamento lo spirito critico e garantire diritto di cittadinanza a informazioni “vietate” ai lettori italiani (per codardia e paura editoriale).
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